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cutro ignazio da facebookIl dietro front del Tar: rigettato il ricorso del testimone di giustizia
di Francesca Mondin
Niente più misure di protezione speciali per il presidente dell'Associazione testimoni di giustizia Ignazio Cutrò. Il Tar nei giorni scorsi ha rigettato il ricorso presentato da Cutrò contro la decisione, risalente all'ottobre 2016, della Commissione centrale di protezione dei testimoni di giustizia di non rinnovargli le misure speciali di protezione. Inizialmente il Tar aveva dato ragione a Cutrò e a gennaio 2017 aveva accolto il suo ricorso ma ora arriva il dietro front.
Il motivo? “Il Ministero dice che non c'è revoca della tutela ma è la fine naturale del programma e allora il Tar si è allineato basandosi sulla nuova legge che specifica che il programma dura 5 anni nonostante possa essere rinnovato in seguito alle valutazioni dei casi” spiega Cutrò. Rinnovo che, secondo il Ministero dell'Interno e il prefetto di Agrigento, non spetta al testimone di giustizia che ha mandato in galera diversi boss ed ha sfidato la mafia rimanendo nella sua terra. “La loro valutazione - spiega l'ex imprenditore di Bivona - è che non rischio più per i processi e perché non ho più subìto attentati”. Difficile pensare che la mafia abbia dimenticato dal momento che pure gran parte della cittadinanza, nel suo paese, a Bivona, continua a respingere Cutrò e ciò che rappresenta, infatti “Siamo isolati, solo il sindaco mi ha chiamato per gli auguri, non viene nessuno a trovarci, la gente continua ad evitarci tanto che ho chiesto al lavoro di essere trasferito da Bivona perché era troppo provante”.
E così ora la tutela non sarebbe più nella responsabilità del Ministero dell'Interno ma sarebbe di competenza territoriale del prefetto. “Da misure speciali di protezione sono passato alle misure ordinarie - sottolinea il testimone di giustizia - il problema è che finché ero dentro il programma non mi potevano toccare nulla, invece ora valuteranno ogni sei mesi la mia situazione e temo che succeda come a Domenico Noviello (imprenditore ammazzato dalla Camorra dopo che gli fu tolta la tutela, ndr), che pian piano mi tolgano qualsiasi protezione”.
Al momento “il prefetto ha confermato il grado di tutela che avevo fino a ieri - dichiara Cutrò - allora non capisco perché nella valutazione scrivono che non rischio più se poi mantengono lo stesso livello di protezione. “Se fino ad ora non ho ricevuto attentati non è perché la mafia si è dimenticata di me, ma proprio perché ho avuto una buona protezione grazie all'arma dei carabinieri che ha fatto un gran bel lavoro”.
Secondo Ignazio Cutrò questo è l'ennesimo colpo basso da parte di alcune istituzioni per il suo attivismo in difesa dei diritti dei testimoni di giustizia. Impegno che si è declinato in manifestazioni e proteste, senza risparmiare nomi e responsabilità politiche, quando questi diritti non venivano rispettati e in ringraziamenti quando invece venivano riconosciuti.
“Nella sentenza del Tar scrivono anche che io ho protestato arbitrariamente, ma che significa? In tutte le proteste e manifestazioni che ho organizzato ho sempre comunicato in anticipo i miei spostamenti. Infatti non ho mai ricevuto un richiamo dal Ministero - dice Cutrò - forse con le mie proteste ho creato problemi alla politica ed ho fatto uscire i disagi dei testimoni di giustizia.
Nel corso degli anni infatti l'associazione capitanata da Cutrò ha portato avanti grandi battaglie anche a livello politico ottenendo l'approvazione di ben tre legge a sostegno e favore di chi denuncia le criminalità organizzate. Ultima la legge sulla riforma del programma di protezione sui testimoni di giustizia approvata in extremis il 21 dicembre 2017.
Fortunatamente, proprio grazie a questa nuova legge, la fuoriuscita dal programma di protezione non toglie il riconoscimento dello status di testimone di giustizia come invece sarebbe potuto accadere senza la riforma voluta e promossa a denti stretti dai testimoni di giustizia.
Noi ci auguriamo che proprio in virtù di questo status e dell'impegno dimostrato da Cutrò in questi anni, ora non venga lasciato solo e gli venga garantita a lui ed alla sua famiglia la tutela necessaria affinché possono continuare a vivere sereni e non smetter di credere in una Sicilia libera. “Sono ben consapevole di quello che ho fatto e sono pronto a prendermi la responsabilità e i rischi - conclude il testimone di giustizia - Se mai mi dovesse succedere qualcosa chiedo però che chi mi ha condannato a morte non venga a piangere nella mia bara o fare la passerella perché non si scherza con la vita”. “Falcone e Borsellino dicevano che la mafia si distruggerà quando la società civile si ribellerà - aggiunge - io continuerò a difendere la mia terra perché qualunque cosa succeda io non me ne andrò da Bivona, sono i mafiosi a doversene andare. Io sono fiero di essere siciliano e non voglio scappare”.

Foto tratta da Facebook

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