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porto gioia tauro 768x384di Piero Innocenti
Alcuni giorni fa, in occasione della presentazione del rapporto annuale da parte della Scuola Normale di Pisa sulla presenza delle mafie in Toscana, è emerso come il porto di Livorno rappresenti un terminale centrale “…soprattutto nel traffico internazionale di stupefacenti in ingresso in Europa, in particolare quello di cocaina, diretto da organizzazioni in gran parte riconducibili alla ‘ndrangheta…”. Il punto merita qualche approfondimento partendo dalla considerazione di carattere generale che, da anni, la mafia calabrese gestisce su tutto il territorio nazionale e in molti altri paesi (europei ed extraeuropei) l’importazione di consistenti carichi di cocaina provenienti dai paesi del Centro sud America.

Le “preoccupazioni” sul porto di Livorno sono, a ben vedere, abbastanza recenti perché in passato sono stati piuttosto contenuti i sequestri di cocaina (dati Direzione Centrale per i Servizi Antidroga-DCSA) effettuati dalle forze di polizia in tutta la provincia di Livorno, se si pensa ai circa 15kg dell’intero 2009 e ai circa 2kg del 2014. Il campanello d’allarme è suonato una prima volta nel 2015 con il sequestro di 75kg di polvere bianca avvenuto in agosto (sul totale di circa 184kg di stupefacenti intercettati in tutta la provincia); mentre nel 2016 il sequestro, in tre distinte operazioni nei mesi di maggio, settembre e ottobre, di ben396 kg di cocaina - di cui 262kg nel porto - sul totale di 463kg di stupefacenti, hanno creato una comprensibile preoccupazione negli apparati della sicurezza. Quest’anno, poi, alla data del primo novembre, su circa 181kg di stupefacenti bloccati in tutta la provincia livornese ben 165kg sono stati di cocaina nel contesto di una sola operazione antidroga del mese di maggio. In effetti le aree della frontiera marittima sono quelle in cui si registrano i più consistenti sequestri di cocaina, e cioè l’83,50%, in rapporto al totale frontaliero. Aspetto questo che gli analisti della DCSA - nella relazione 2016 - ricollegano “…ai cambi di strategia da parte delle organizzazioni criminali che, sfruttando lo sviluppo e/o il potenziamento del sistema portuale mediterraneo, nonché possibili nuovi accordi commerciali con Paesi che notoriamente commercializzano la cocaina per conto dei Paesi produttori, hanno aumentato il volume di traffico di questa sostanza sulle rotte marittime (…) privilegiando, talvolta, l’introduzione dello stupefacente direttamente sul territorio nazionale…”.

I carichi di cocaina sequestrati nei porti italiani (nel 2016 interessato anche quello di Vado Ligure con il sequestro di 113kg) provengono per lo più dal Brasile, dalla Repubblica Dominicana, dal Cile, dall’Ecuador e dalla Bolivia. Il porto di Gioia Tauro, strettamente vigilato dalla ‘ndrangheta, si conferma sempre come il principale ingresso in Italia di tale stupefacente, se si pensa ai 1.649kg sequestrati nel corso del 2016 (ossia l’81,6% del totale dei sequestri in ambito frontaliero marittimo) e ai circa 1.800kg del 2017, alla data del primo novembre scorso. Per il traffico di hashish sono i porti del versante occidentale della penisola ad essere particolarmente interessati. Infatti, oltre all’ingente quantitativo (3.326kg) intercettato nelle acque antistanti il porto di Civitavecchia nel 2016, la frontiera marittima ha annotato sequestri apprezzabili nel porto di Cagliari (500kg) e in quello di Genova (108kg) e quantitativi inferiori a Porto Torres (23kg) e a Pozzallo (19kg). La criminalità organizzata pugliese, in combutta con quella albanese (che ha una diffusa rete di spacciatori in gran parte del nostro paese), è da molti anni la “padrona” incontrastata nel traffico di marijuana proveniente tra le due sponde del canale d’Otranto (soprattutto dall’Albania ma anche dalla Grecia). Anche la mafia del Gargano è coinvolta nel traffico. Peraltro, se aumentano i controlli e i sequestri lungo le coste pugliesi (nel 2016 a Lecce, Bari, Brindisi e Foggia, sequestrate quasi 12 ton di “maria” aumentate ad oltre 24ton nel 2017 alla data del primo novembre scorso), i trafficanti non hanno grandi problemi a individuare altri punti di approdo, anche al di fuori delle zone portuali. I due ingenti sequestri, nottetempo, in due distinte operazioni antidroga dei carabinieri, di fine ottobre e di novembre scorsi, di oltre 5 tonnellate di marijuana sui litorali romagnoli di Ravenna e di Ferrara, lasciano intendere come è in mare che debba concentrarsi di più l’azione di contrasto al narcotraffico. Attività che, lo ricordiamo, consente di bloccare soltanto una percentuale ridotta, intorno al 20%, del volume globale di stupefacenti immessi sul mercato.

Tratto da: liberainformazione.org

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