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rsf 2017di Francesco Ferrigno - Video
“Condurre le indagini in alcuni Paesi in pace sta diventando pericoloso quanto la copertura di un conflitto”.Christophe Deloire, segretario generale di Reporter senza frontiere (Reporters sans frontières - Rsf), commenta i dati allarmanti sul rapporto annuale sugli abusi contro i giornalisti di tutto il mondo. I dati per il 2017 parlano di 65 giornalisti uccisi mentre svolgevano il proprio lavoro, 326 detenuti e 54 tenuti in ostaggio.
Il calo delle uccisioni è costante dal 2012, ma le statistiche restano allarmanti. Se è vero che Paesi come Siria, Yemen e Libia sono divenuti troppo pericolosi, è anche vero che c’è una maggiore consapevolezza sui problemi di protezione dei reporter. Numerose risoluzioni sono state votate all’Onu e le redazioni hanno implementato le misure di sicurezza.
Uno dei dati più significativi, comunque, è il caso delle giornaliste donne uccise, il cui numero è raddoppiato in un anno: dieci morti contro cinque nel 2016. Si tratta in quasi tutti i casi di giornaliste investigative esperte che, nonostante le minacce, hanno continuato ad indagare: tra loro Daphne Caruana Galizia a Malta, Gauri Lankesh in Inde e Miroslava Breach Velducea in Messico.



Un’altra tendenza del 2017 sta nel fatto che alcuni Paesi in pace sono diventati pericolosi per i giornalisti quasi quanto le zone di guerra: il 46% dei reporter uccisi si è trovato in Paesi dove non ci sono conflitti dichiarati, contro 30% nel 2016. Il Messico ora ha quasi altrettanti morti (11) come la Siria, il paese più mortale per i giornalisti (12 morti).
“Anche se la tendenza generale è al ribasso, alcuni paesi si distinguono per il numero insolito di giornalisti prigionieri. - hanno fatto sapere da Reporters sans frontières - Questo è il caso, ad esempio, di Russia e Marocco. La Cina e la Turchia sono ancora le più grandi prigioni di giornalisti nel mondo, seguite da Siria, Iran e Vietnam”.
Infine, 54 giornalisti si trovano nelle mani di gruppi armati non statali, come l’Isis o gli Houthi nello Yemen. Molti ostaggi sono giornalisti locali, che spesso lavorano in condizioni precarie e rischiose. I giornalisti stranieri sequestrati fino ad oggi sono stati tutti rapiti in Siria, e ad oggi non si sa dove si trovano.

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