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IMG 2329di Aaron Pettinari - Foto
Balsamo, Pagliari, Sarti, Gullo e Laudani alla Facoltà di Giurisprudenza

Da quando è stato approvato lo scorso 27 settembre il nuovo Codice antimafia ha fatto discutere tanti addetti ai lavori accendendo il dibattito politico nazionale. Da una parte chi ritiene che sia stata persa un'occasione per compiere un salto di qualità nel contrasto alle mafie ed alla corruzione, dall'altra chi vede comunque un importante passo avanti in questa lotta. Per capire meglio i due punti di vista ieri pomeriggio si è tenuto il dibattito ''Codice Antimafia: luci e ombre'', organizzato dalle associazioni “Memoria e Futuro” e “ContrariaMente” con il contributo della rivista Segno e delle associazioni Libertà e Giustizia e Fuori dal Coro. Rispondendo alle domande del moderatore Giorgio Mannino, i relatori hanno cercato di offrire una chiave di lettura ai tanti studenti presenti.
Crediamo sia importante affrontare certe tematiche - ha detto l’on. Adriana Laudani, presidente di Memoria e Futuro - perché riteniamo essenziale l'impegno per perseguire verità e giustizia. Troppi sono i misteri ed i segreti che ancora accompagnano passaggi cruciali della storia del nostro Paese, della vita politica, della nostra storia punteggiata da queli che sono definiti 'delitti eccellenti', uccisioni tragiche drammatiche e cruente di uomini e di donne importanti per la vita dello Stato e della democrazia. E per arrivare a verità e giustizia in una democrazia si passa anche dal nuovo Codice antimafia che comunque trae le sue origini da una figura come quela di Pio La Torre”. “Lui - ha proseguito - ripeteva continuamente che la mafia non era costituita solo da chi spaccia e spara ma era un network criminale che mette insieme la criminalità e pezzi della politica, dell'imprenditoria ed anche delle strutture dello Stato. Eppure solo dopo la sua morte e quella del generale Carlo Alberto dalla Chiesa sono arrivate risposte importanti in materia di contrasto alle mafie. Questa normativa secondo me non tradisce nel suo complesso quelle vite e quelle morti. Poteva essere fatto un passo più grande? Probabilmente sì. Ma per la prima volta in materia di sequestro di beni entrano gli indiziati di reati contro pubblica amministrazione a condizione che siano parte di un'organizzazione e struttura associativa”.


Nicola Gullo, docente di diritto amministrativo, ha evidenziato quelle che sono le principali novità in seno alla nuova normativa: “In questi anni sono state compiuti diversi passi in materia di prevenzione. Penso all'introduzione dela documentazione antimafia, regolata dal codice, per impedire che soggetti di vario tipo, collegati all'organizzazione criminale possano contrattare con la pubblica amministrazione od avviare rapporti con la stessa. Ma anche in materia di gestione dei beni sequestrati e confiscati. Nel codice sono inserite disposizioni ed ordini amministrativi per regolare l'attività di gestione del bene quando acquisito nel patirmonio dello stato. Con la riforma del 2017 troviamo un bivio importante che riguarda il sistema amministrativo della gestione dei beni confiscati.
Ci sono aspetti positivi per l'assetto organizzativo dell'agenzia nazionale come l'ampliamento della dotazione organica e del personale che forma l'agenzia che dovrebbe portare ad un utilizzo più tempestivo dei beni. Quindi l'introduzione di una serie di organismi che dovrebbero favorire il confronto con l'agenzia nazionale. E' stato creato un Comitato di indirizzo consultivo, un organo collegiale con rappresentanti, diverse organizzazioni statali, amminsitraizoni territoriali, ministeri per dare una valutazione congiunta sulla destinazione dei beni ampliando il coinvolgimento e la partecipazione.
Però c'è anche un arretramento di ordine territoriale con un nuovo assetto che prevede le sole sedi di Roma e quella di Reggio Calabria con altre indicazioni che tendono a delegare parte delle funzioni gestionali ed amministrative ad altri soggetti diversi dall'agenzia avvalendosi degli uffici delle Prefetture o tramite convenzioni con l'Agenzia del Demanio. Così si rischia il ridimensionamento e l'indebolimento della capacità di gestione su temi del territorio. Così facendo, fino a che punto si accelerano i procedimenti di assegnazione? Possono crearsi dei cortocircuiti?
Secondo il senatore Pd, Giorgio Pagliari (relatore in commissione Giustizia), il nuovo codice rappresenta un giusto compromesso: “In Senato questa legge è passata con 129 voti a favore 56 voti contrari e trenta astensioni. Le astensioni valgono in Senato come voto contrario e questo fornisce l'idea del clima che era presente in Parlamento. Sul tema dell'estensione del sequestro dei beni alle associazioni di tipo corruttivo e reati contro pubblica amministrazione e truffa ai danni dello Stato credo si sia fatto un importante passo avanti. Già oggi, prima dell'approvazione del codice si applicava a reati di corruzione in base all'articolo 1. Così facendo combattiamo i fenomeni mafiosi anche nella loro evoluzione ed è questa la risposta a coloro che dicono che questa misura è incostituzionale perché panpenalistica, liberticida. E non credo che sia una complicazione l'inserimento del vincolo associativo proprio per l'esistenza dell'articolo 1 del codice antimafia che applica la misura di prevenzione anche a chi commette il reato di corruzione in forma singola”.
Di parere contrario Giulia Sarti, deputato del Movimento Cinque Stelle e membro della Commissione parlamentare antimafia: “In questi anni le mafie sono mutate. L'intimidazione c'è ancora ma esercita il proprio potere anche utilizzando il metodo corruttivo. Un cambiamento tanto forte che in due relazioni della Dia ci viene chiesto un cambiamento della normativa. Io credo che il nuovo codice sia un'occasione mancata. Io non capisco perché per le misure di prevenzione, se la volontà era quella del cambiamento, dobbiamo legare il vincolo associativo ai soggetti a cui applicarle. E' vero che esiste l'articolo 1 ma si va in contraddizione con l'articolo 4 se poi tipizzo il reato dando dei requisiti specifici. Si contano sulle dita di una mano i casi del genere. Inoltre non si capisce perché all'interno del nuovo codice per la misura di prevenzione siano stati inseriti anche reati che non hanno nulla a che fare come lo Stalking. Reato sicuramente grave ma che può prevedere una normativa nel senso delle misure personali non patrimoniali. C'è poi la questione delle modalità di scelta per gli amministratori giudiziari. E' vero che sono stati inseriti maggiori criteri di incompatibilità ma a nostro avviso andavano previste anche delle sanzioni qualora questi venissero violati. Invece ci è stato risposto che era già tanto prevedere un criterio di incompatibilità. Esiste un albo degli amministratori che a nostro avviso va ampliato”.
Infine è intervenuto Antonio Balsamo, sostituto procuratore generale presso la Cassazione: “La mafia è cambiata profondamente e non dobbiamo più cercare quelli con la coppola storta e la lupara. La mafia si è fortemente evoluta con una deterritorializzazione del potere. Il potere è al di fuori dei connotati territoriali con la nascita di uno Stato moderno e la mafia tende ad essere un agente economico capace di fronteggiare le sfide della globalizzazione. La Corte Europea dei Diritti dell’ uomo ha riconosciuto la legittimità delle misure di prevenzione al fenomeno corruttivo. Da oggi è assodata l’ associazione a delinquere del fenomeno corruttivo anche se non tiene conto dell’abitualità. In realtà sono soddisfatto di questo Codice che ha fatto dei passi avanti in determinate materie. Tra queste il terrorismo, prima si applicavano al fenomeno le misure di prevenzione soltanto quando gli autori compivano solo atti preparatori ora non è più così. Anche per  lo stalking ritengo ci sia stato un buon lavoro e occore che l’estensione delle misure personali sia fondamentale e sia ad ampio raggio in ogni momento dell’attività persecutoria".
Quindi ha concluso: "In generale il nuovo codice rappresenta un passo avanti ma restano problemi enormi per quanto riguarda il trattamento di un'impresa inserita nel circuito corruttivo. Ci sono imprese che si avvalgono dell'organizzazione criminale non solo come canale di riciclaggio ma con un'incidenza della criminalità organizzata e della corruzione su principi della libera concorrenza.
C'è poi il problema della limitazione delle competenze territoriali dei tirbunali che viene ridotta in base alla riforma solo su base circondariale. Penso a zone come Trapani e Santa Maria Capua Vetere che in questi anni si sono occupate anche di zone oltre la loro giurisdizione. Riducendo i loro spazi si rinuncia ad una competenza che è stata acquisita".

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