Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

de mauro mauro 500Fare memoria 47 anni dopo
di Aaron Pettinari
Un omicidio senza colpevoli. E’ questa l’amara certezza del caso De Mauro a quarantasette anni dal giorno in cui scomparve davanti agli occhi della figlia, Franca De Mauro, in via delle Magnolie.
Il tempo di sentire una voce ferma dire al padre-giornalista (“Amuninni”). De Mauro, salito in macchina, si allontanò così, senza dire nulla. Erano le 21.10 del 16 settembre 1970 e da quella sera non ha fatto mai ritorno. In questi anni si sono celebrati processi (unico imputato Totò Riina, assolto in via definitiva) con la formula dubitativa di “incompletezza della prova”. Tanto basta per non dare giustizia ad una famiglia che ha atteso a lungo.  
“Ci sono verità che non scopriremo mai - commentava proprio Franca De Mauro qualche anno fa in occasione di una commemorazione - Se penso a quanto avvenuto per Ustica o per altre stragi d'Italia. Non lo sapremo perché se si andasse fino in fondo si troverebbero responsabilità di uomini appartenenti ai settori economici e dello Stato”.
I giudici della Corte di Cassazione, nelle motivazioni della sentenza, hanno scritto che la causale dell’omicidio sarebbe “individuabile nelle informazioni riservate di cui la vittima era entrata in possesso in relazione alla sua attività professionale (verosimilmente - anche se non certamente - riconducibili, secondo le risultanze del processo di merito, al coinvolgimento di esponenti mafiosi nella morte di Enrico Mattei)”.
Gli ermellini hanno poi evidenziato come “gli elementi di prova raccolti sia di natura storico-dichiarativa che di natura logico-indiziaria, che sono stati puntualmente e congruamente analizzati e valutati, nella loro valenza singola e complessiva, da entrambe le sentenze di merito (anche in primo grado, nel 2011, Riina era stato assolto da tale accusa, ndr), all'esito di una disamina scrupolosa che costituisce il risultato congiunto delle ampie argomentazioni spese dalle Corti territoriali di primo e di secondo grado, non hanno tuttavia permesso di accertare un ruolo diretto o indiretto dell'imputato nel delitto”, e la conseguente conclusione assolutoria (per non aver commesso il fatto) “risulta coerente a una corretta lettura delle emergenze processuali ed è perciò incensurabile in sede di legittimità”.
In particolare i giudici di primo grado si erano soffermati nella ricostruzione degli ultimi giorni di vita del giornalista concentrandosi soprattutto sull’inchiesta che lo stesso portava avanti rispetto alla morte del presidente dell’Eni, vittima in un incidente aereo nell’ottobre del 1962. Del resto De Mauro aveva accettato un’incarico dal regista Rosi che gli aveva chiesto un aiuto per scrivere una sceneggiatura proprio sulla storia di Mattei. Così De Mauro si era mosso sul campo, a Gela ed a Gagliano Castelferrato, dove anni prima si era recato Mattei, intervistando e contattando i vari personaggi incontrati dal presidente dell’Eni in Sicilia.
Aveva anche scritto degli appunti, inseriti in una busta gialla, che in molti ricordano di avere notato tra le mani di De Mauro fino al giorno stesso della scomparsa.
Ed è in quella busta gialla, scomparsa, che sarebbe contenuta la verità sull’omicidio Mattei. Scrivono i giudici di primo grado: “La causa scatenante della decisione di procedere senza indugio al sequestro e all’uccisione di Mauro De Mauro fu costituita dal pericolo incombente che egli stesse per divulgare quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell’incidente aereo di Bascapè". E poi ancora: “Nella sceneggiatura approntata dovevano essere contenuti gli elementi salienti che riteneva di avere scoperto a conforto dell’ipotesi dell’attentato. Bisognava agire dunque al più presto, prima che quegli elementi venissero portati a conoscenza di Rosi e divenissero di pubblico dominio”.
Secondo i giudici di Palermo la rivelazione di un attentato a Mattei, progettato con la complicità di apparati italiani (e forse con il supporto della Cia), avrebbe avuto “effetti devastanti per i precari equilibri politici generali, in un paese attanagliato da fermenti eversivi e tentato da svolte autoritarie”. Tuttavia con la sentenza della Cassazione del giugno 2015 si sanciva definitivamente quanto scritto dai giudici d'appello, ovvero che: "con riguardo ai rilievi concernenti la ricostruzione degli ultimi giorni di vita del De Mauro e l’urgenza di eliminare il predetto giornalista, può condividersi l’assunto del pm appellante. (…) Tuttavia, la fondatezza di tali rilievi non pare che possa comunque giovare alla tesi accusatoria, solo rafforzando il convincimento che - soprattutto in considerazione del lunghissimo lasso di tempo trascorso dai fatti, del relativo atteggiamento di riserbo tenuto dal De Mauro sulla natura della scoperta fatta, degli svariati campi di indagine che il suo lavoro in quegli ultimi tempi poteva avere riguardato; dell’opera di sistematico depistaggio compiuta da soggetti interessati a dissolvere nel nulla ogni elemento utile a ricostruire la vicenda -, risulti particolarmente difficile se non impossibile distinguere con certezza i fatti come realmente accaduti”. Ciò significa che a differenza di quanto scritto dai giudici in primo grado sull’eventuale coinvolgimento di Graziano Verzotto, ex dirigente dell’Eni e all’epoca segretario regionale della Dc, morto il 12 giugno 2010, nelle vicende De Mauro e Mattei, non è affatto da ritenersi certo o “centrale”. Tant’è che il Verzotto non è mai stato imputato in un processo per tali fatti di cronaca.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos