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ardita seb pp c giorgio barbagalloIl magistrato critica il giro di vite sul trojan: non si potrà usare per i colletti bianchi
di AMDuemila
La riforma penale approvata da Camera e Senato “rende più difficile il funzionamento della giustizia fino a mettere in ginocchio le procure, se si guarda all’obbligo di definire le richieste di rinvio a giudizio o archiviazione entro i 3 mesi dalla fine di un’indagine, pena l’avocazione alle procure generali che hanno molti meno magistrati”. A criticarla è Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Messina e in passato membro della commissione Gratteri che stese alcune proposte tecniche per migliorare la macchina della giustizia. Nessuna di queste norme, però, ha precisato il magistrato al Fatto Quotidiano, “è stata recepita dal disegno di legge” mentre invece il termine dei 3 mesi, in commissione “scartato perché ritenuto dannoso”, è stato poi “ritrovato nella riforma”.
Uno degli aspetti più contestati dal magistrato è il giro di vite proposto in merito al trojan, intrusore informatico che consente di attivare il microfono di un computer. “La Cassazione ha delimitato l’uso per la criminalità organizzata mafiosa, terroristica e semplice, invece, nel ddl penale, l’uso del trojan si prevede esclusivamente per mafia e terrorismo, salvo che si stia compiendo un reato”. Ciò vuol dire, ha spiegato il procuratore aggiunto, che non ci si potrà avvalere del trojanper tutti i reati commessi dai colletti bianchi in forma associata: corruzioni, peculato, truffe”, che sono numerosissimi. Mentre invece questo strumento sarebbe quanto mai utile dato che “a differenza dei reati di mafia e terrorismo, dove spesso ci si avvale di collaboratori di giustizia e di altre fonti, in Italia i reati di corruzione e più in generale dei colletti bianchi, sono reati per i quali non esistono né denunce né testimonianze”, senza contare che “in Italia contro la corruzione non si possono fare operazioni sotto copertura e non c’è, per questo tipo di reati, un regime premiale adeguato nei confronti di chi volesse collaborare”.
Inoltre, ha proseguito Ardita, se la riforma diventasse legge il captatore informatico non si potrebbe più usare “se, per esempio, durante un’indagine per mafia, mi imbatto in un altro reato”. Secondo il magistrato di Messina l’effetto sarebbe “quello di rendere la giustizia impraticabile e i cittadini che la vedranno funzionare ancora peggio se la prenderanno, probabilmente, con i magistrati, sbagliando obiettivo perché i magistrati devono applicare le leggi approvate dal Parlamento”.

Foto ©  Giorgio Barbagallo

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