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di Aaron Pettinari

Così la mafia di Monreale era pronta ad uccidere
Le regole di Cosa nostra sono "sacre" e quando non si rispettano ecco che si può andare incontro alla morte. Lo sa bene Giovan Battista Ciulla che, in fretta e furia, con un pullman alle sei del mattino, è dovuto partire per il Friuli Venezia Giulia, in un paese della provincia di Udine, per sfuggire al piano di morte che le “famiglie vincenti” di Monreale volevano attuare nei suoi confronti.
E, secondo quanto emerso nell’indagine che oggi ha portato all’arresto di sedici persone, di regole ne avrebbe infrante tre a cominciare dalla relazione extraconiugale con la moglie di un detenuto. “No, gliene frega! - diceva all’amante - Eh, tu di chi sei moglie? (… ) di un ex carcerato!(…) Non si toccano, non si guardano!”. Inoltre al capomafia “perdente” veniva rimproverato di aver trattenuto delle somme di denaro che sarebbero dovute confluire nella cassa del mandamento di San Giuseppe Jato e di non essersi presentato nonostante la chiamata ad alcuni appuntamenti fissati per discutere proprio la sua gestione della famiglia mafiosa di Monreale. Tutte cose che, a suo dire, non sarebbero vere. Ciò non toglie che, per aver salva la vita, si è immediatamente allontanato dalla città. Molto tempo dopo è tornato a Monreale, accettando la  gestione di un nuovo capomafia.



I nemici da eliminare
Il nuovo vertice della famiglia di Monreale, che vedeva in Francesco Balsano il “reggente”, aveva deciso di muoversi pesantemente contro gli altri sodali, Onofrio Buzzetta e Benedetto Isidoro Buongusto. Per compiere certe azioni, però, era necessario il consenso del capomandamento di San Giuseppe Jato. E a quanto pare il consenso era anche stato dato. Basta leggere l’intercettazione dei carabinieri compiuta il 27 febbraio 2015 quando Salvatore Lupo dialoga con un altro soggetto: “Lui (riferito a Balsano) se ne voleva andare là perché voleva essere autorizzato per Nofri, Giovanni e Nino (Nino è il nome con cui si sarebbero riferiti a Buongusto)”. Quindi sarebbe arrivato il via libera: “Già pronto era lui per... asciugarseli... dice: '… però io... voglio essere portato da qualche parte che mi autorizzano' dice... 'perché non è che sono a casa mia che prendo e faccio una cosa di questa'". E poi ancora: “... è stato intelligente in questa cosa, loro per questo l'hanno apprezzato. Ora esce suo zio... a questo Nino Serio pure”.
Nel frattempo i carabinieri registravano tutto. Buongusto, il più restio ad interrompere le proprie attività criminose, in un primo momento è stato “avvisato” con una testa di capretto, su cui era stata conficcata una pallottola da caccia, di fronte alla propria abitazione. E lì accanto anche un biglietto che non ha bisogno di interpretazioni: “Da questo momento non uscire più di dentro perché non sei autorizzato a niente".
Dopo quell’avviso Buongusto è persino andato dai carabinieri a denunciare l’intimidazione subita. Tuttavia, poco tempo dopo, viene anche picchiato pesantemente tra le strade di Monreale. Ha rischiato grosso anche Onofrio Buzzetta, braccio destro di Ciulla, a cui fu messa persino una pistola in bocca da Balsano, mentre si trovava in macchina. "Sono autorizzato ad ammazzarti pure ora...  - dice Balsano - perché tu hai fatto le cose insieme a lui. Mi banno detto a me recupera gli scarrabili, prenditi i bagagli e vattene, perché dice ti danno tre giorni di tempo a partire ...”. E mentre parlava "gli ho puntato la pistola in bocca a Nofrio". Rispetto agli altri, però, Buzzetta si è mosso trovando agganci con il capomandamento di Corleone, Rosario Lo Bue. Ma pur di aver “salva la pelle” sarebbe stato anche pronto ad andare più in alto e contattare persino il superlatitante Matteo Messina Denaro. Il nome del boss di Castelvetrano, infatti, emerge nelle intercettazioni dei carabinieri. Alla fine però basta la “buona parola” di Lo Bue.
Nel frattempo, dopo questa escalation di violenza, tra i perdenti vi era chi, come Buongusto stava già pensando di vendicarsi e di scalzare il rinnovato vertice della famiglia monrealese. Grazie ai ripetuti arresti ed ai sequestri di armi avvenuti nei mesi precedenti, è stata evitata una nuova stagione di sangue.

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