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de raho federico cafiero 2In manette anche un figlio di un boss storico della 'Ndrangheta
di AMDuemila
"Una discesa agli inferi". Con queste parole il gip di Reggio Calabria, Barba Bennato, ha descritto l'orrore vissuto per due anni, dal 2013 al 2015, da una ragazzina, all'inizio dei fatti appena 13enne, vittima di violenza sessuale di gruppo a Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria. Oggi nove misure cautelari sono scattate nei confronti di altrettanti ragazzi, fra cui Giovanni Iamonte, figlio del boss della 'Ndrangheta Remigio Iamonte. I giovani sono accusati di violenza sessuale di gruppo aggravata nei confronti di una ragazzina di 13 anni, oltre che di lesioni, atti sessuali con minorenne, favoreggiamento. 

Una vicenda drammatica e al tempo stesso inquietante. La giovane, i cui genitori si erano separati, credeva di aver trovato l'affetto di un fidanzato, un ventenne del posto, il quale l'ha presentata al gruppo di amici, tra i quali Giovanni Iamonte, figlio del boss Remingo, capo dell'omonimo clan della 'ndrangheta. Per la giovane ragazza è così iniziato un vero e proprio calvario. Veniva infatti prelevata fuori da scuola anche due volte alla settimana per essere portata via e abusata sessualmente. Tutto ciò è avvenuto in maniera abbastanza regolare fin quando una segnalazione è giunta ai Carabinieri, grazie al disagio che traspariva tra le righe di un tema di italiano scritto dalla ragazzina a scuola. I Carabinieri hanno avviato indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica e da quella presso il Tribunale dei minorenni, che oggi sono sfociate nell'esecuzione di nove misure cautelari emesse dal gip, per i reati di violenza sessuale di gruppo aggravata, atti sessuali con minorenne, detenzione di materiale pedopornografico, violenza privata, atti persecutori, lesioni personali aggravate e di favoreggiamento personale. La giovane, hanno spiegato il procuratore capo Federico Cafiero De Raho e il procuratore aggiunto Gaetano Paci, nel corso della conferenza stampa tenuta al Comando provinciale dei Carabinieri, non riusciva da sola a trovare la forza per uscire i dall'incubo in cui si trovava, in un clima generale di omertà e di passiva accettazione della logica del più forte.
Non sono mancati anche altri tipi di violenze. Nel 2014, quando la ragazza era riuscita a staccarsi dal fidanzato, e si era legata sentimentalmente a un altro giovane, quest'ultimo è stato avvicinato dal gruppo, pestato a sangue, e costretto a non vedersi più con la ragazza. "Tutto questo - ha commentato il procuratore Cafiero De Raho - avviene nel più assoluto silenzio, senza che alcuno pensi che questi fatti vadano denunciati e puniti, senza che alcuno ritenga di dovere intervenire". Solo nell'estate del 2015 i genitori si sono presentati ai Carabinieri, i quali avevano già raccolto la segnalazione, rappresentando in modo molto generico quanto accadeva. Sette maggiorenni sono stati arrestati e condotti in carcere, un diciottenne, all'epoca minorenne, è stato destinatario della misura cautelare della custodia cautelare in una comunità; mentre un altro ragazzo di 24 anni risponde solo di favoreggiamento personale ed è destinatario dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Fonte: AGI

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