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“Il distretto di Reggio Calabria è scoperto. Così non va”. E’ questo l’allarme lanciato negli ultimi giorni dal procuratore Federico Cafiero de Raho che tra qualche settimana vedrà cinque dei suoi pm trasferiti in altre sedi più altri due lasciare la Distrettuale antimafia.
Un problema serio in una delle Procure in prima linea contro la ‘Ndrangheta ed il Sistema criminale. “È impensabile – ha detto Cafiero de Raho – che ci possano essere tante scoperture in un distretto in cui si combatte l’organizzazione mafiosa più potente al mondo che ha infiltrato Europa, America, Nord e Centro Italia, ma che ha la testa nella provincia di Reggio. Un Distretto in cui c’è un carico di lavoro così enorme evidentemente non attira nuovi magistrati. Occorre trovare subito una soluzione che consenta di dare incentivi ai magistrati che scelgono di venire qui”.
Ma il problema non riguarda solo i magistrati ma anche la mancanza di personale amministrativo con i carichi di lavoro assurdi per chi resta e si trova a gestire una grandissima mole di inchieste e processi. “Non c’è - ha aggiunto il Procuratore capo - il personale amministrativo che dovrebbe dare aiuto e sostegno al giudice. Se quel personale ci fosse, noi non avremmo bisogno di fare convenzioni a tempo determinato con persone che non sappiamo nemmeno da dove provengono (il riferimento al caso dell’impiegata a tempo determinato, assunta per tre mesi, presso l’ufficio Gip, che avrebbe informato alcuni indagati dell’esistenza di un’inchiesta a loro carico)”. Secondo Cafiero de Raho “è tutto un meccanismo che va rivisto, soprattutto in Calabria che deve essere vista come priorità. A Reggio Calabria abbiamo un Tribunale che manca almeno del 20% di magistrati e questo significa che tutte le richieste di misure cautelari che sono presso l’ufficio Gip restano ferme. Noi spesso operiamo con i fermi perché altrimenti le nostre richieste si pongono in coda. Sarebbe invece più utile per il territorio che i 50 giudici che compongono il Tribunale di Reggio Calabria fossero tutti presenti. Oggi ne sono presenti meno di 40, e 50 è già un numero insufficiente poiché corrisponde la numero di magistrati di Pavia, quasi che Reggio Calabria possa essere posta sullo stesso piano del tribunale di Pavia. Mi pare che c’è qualcosa che non va!”.
Il rischio che “in nome di un risparmio di risorse, si sta portando la giustizia in una situazione di totale paralisi” è più che reale.
Un allarme che è stato anche manifestato al Ministero della Giustizia che, però, sosterrebbe che in Italia c’è carenza di organico. “Ma - ha replicato il magistrato - se mancano 5 magistrati a Milano non è la stessa cosa che se mancano a Reggio Calabria perché a Milano ce ne sono quasi 100 e da noi 25”.
E in ballo non ci sono solo le indagini sulle famiglie di ‘Ndrangheta ma anche quelle sulla collusione della borghesia cittadina con l’organizzazione criminale. “Il problema di Reggio Calabria - ha concluso de Raho - è che esistono le generazioni di ndrangheta che oramai sono diventate avvocati, commercialisti, professionisti. Non è area grigia, ma aria nera intrisa di crimine. Sono le famiglie che  a distanza di 60 anni ancora comandano la città, solo che ora sono laureati e a contato con la borghesia che, vedendoli in giacca e cravatta, non lesina alcun contatto con loro, anzi collude sostanzialmente e condivide gli interessi”.

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