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aula processo aemiliadi Sara Donatelli
Sconvolgenti le parole del Maresciallo Calì durante l’udienza di ieri del Processo Aemilia. Il Carabiniere, in una deposizione durata quasi otto ore, ha descritto lucidamente tutti i rapporti che la sua squadra è riuscita a documentare durante le indagini, tra i membri della cosca e alcuni esponenti delle istituzioni. Questori, brigadieri, ispettori, marescialli, politici, comandanti, generali: sono queste le figure grazie alle quali, molti dei personaggi oggi sul banco degli imputati del processo Aemilia con l’accusa, tra le altre, di associazione di stampo mafioso, sarebbero riusciti ad ottenere favori ma, soprattutto, informazioni in merito a indagini o accertamenti che venivano fatti nei loro confronti. Un quadro oscuro, ed una linea grigia che si allarga sempre di più. Il Maresciallo Calì, prima di presentare alla Corte i rapporti tra la cosca e le forze dell’ordine, ha prima descritto la caratura criminale di molti imputati.

PASQUALE BRESCIA
Il primo è Pasquale Brescia, al quale gli investigatori arrivano seguendo Romolo Villirillo, il quale si recava numerose volte presso il ristorante Antichi Sapori, gestito proprio da Pasquale Brescia. Sospettando di questa figura, i Carabinieri decidono allora di attivare un servizio di intercettazione anche sui suoi telefoni, focalizzando l’attenzione sui rapporti che l’uomo intesseva non solo con i personaggi collegabili alla cosca, ma anche con la sfera politica, imprenditoriale ed istituzionale. Quando venne emessa la misura di custodia cautelare nei confronti di Pasquale Brescia, in seguito all’operazione Aemilia, i carabinieri fanno due perquisizioni sia negli uffici dell’uomo che nella sua abitazione: la prima, datata 28  gennaio 2015, la seconda, datata 2 febbraio 2015. Proprio durante quest’ultima perquisizione, gli investigatori riescono ad ottenere una grande mole di documentazione, ritenuta fondamentale per ricostruire la caratura criminale dell’uomo e i suoi legami. In particolar modo, Calì parla di sei agende in cui compaiono nomi e cognomi che mai ci si aspetterebbe, come ad esempio: Fabio Filippi e Giuseppe Pagliani (consiglieri di Forza Italia), Corrado Cisarella (ufficio immigrazione), Alessandro Lupezza (Maresciallo), Giuseppe Cianciolo (Maresciallo), Felice Caiazzo (Ispettore), Antonio Cianflone(Poliziotto in servizio a Catanzaro, condannato a 8 anni e sei mesi nel rito abbreviato del processo Aemilia), Sebastiano Lo Pilo (Maresciallo di Cavriago), Domenico Mesiano (autista del Questore di Reggio Emilia), Antonio Olivo (consigliere comunale PD di Reggio Emilia), Carmelo Romeo (autista del Questore di Parma), Francesco Strada (Ispettore). Alcuni di loro sono tra gli imputati del processo Aemilia. Alcuni sono già stati condannati durante il rito abbreviato. Altri sono in attesa di giudizio. Molti altri, invece, continuano a svolgere il proprio lavoro. Calì, descrivendo la figura di Pasquale Brescia, dice: “Si tratta di un soggetto strettamente legato a Nicolino Sarcone, Alfonso Paolini, Antonio Muto (classe 55), Giuseppe Iaquinta, Francesco Lamanna e Antonio Gualtieri. Tuttavia, si tratta di un personaggio particolare perché ha intrattenuto rapporti con uomini delle forze  dell’ordine e con esponenti delle istituzioni. Senza contare il fatto che Brescia si sia anche occupato del reperimento dei voti per l’elezione del  sindaco di Parma nel 2012”. Pasquale Brescia risulta essere un personaggio chiave, non solo perché titolare di numerose aziende, ma soprattutto in quanto possiede un maneggio ed il ristorante Antichi Sapori, quello in cui verrà consumata la famosa cena del 21 marzo 2012. Sono due i legami che riguardano Brescia su cui Calì ha più volte posto l’attenzione durante la sua deposizione: uno è quello con Domenico Mesiano, autista del Questore di Reggio Emilia Gennaro Gallo. L’altro, è quello con Alfonso Paolini, attraverso cui Brescia riesce ad ottenere informazioni su ciò che avviene all’interno del gruppo (infatti, quando il 21 luglio 2011 viene arrestato per la prima volta Romolo Villirillo, sarà proprio Alfonso Paolini a comunicarlo a Pasquale Brescia). Inoltre, durante l’estate del 2011, anche Brescia si recherà a Cutro e chiederà a Paolini di fissare un appuntamento con Francesco Lamanna, incontro che si verificherà il 26 agosto. Due giorni dopo Paolini, prima di far ritorno a Reggio Emilia, si recherà a casa di Nicolino Grande Aracri, dicendo a Brescia che, una volta tornato al nord, gliene parlerà (anche Brescia comunque farà visita a Grande Araci, nonostante il boss fosse agli arresti domiciliari). Per quanto riguarda invece il rapporto tra Pasquale Brescia e Domenico Mesiano, attraverso le indagini, gli investigatori comprendono che è proprio tramite Mesiano che Brescia e altri riescono ad entrare in Questura e ad ottenere tutta una serie di favori, come quello relativo al rilascio del passaporto di Nicolino Sarcone. Come detto prima, Pasquale Brescia, oltre a possedere varie ditte ed il ristorante Antichi Sapori, gestisce anche un maneggio che sarà più volte luogo di incontro, grigliate e pranzi vari tra gli esponenti del gruppo e alcuni Carabinieri. Un incontro avviene, ad esempio il 10 marzo 2012, a cui parteciperanno Alfonso Paolini, Pasquale Brescia, Antonio Valerio, Gaetano Blasco, Sarcone Nicolino, Giuseppe Iaquinta e due Carabinieri: uno è l’Appuntato Scelto Domenico Salpietro e l’altro è Giuseppe Cianciolo, Comandante del NORM. Emblematica è una conversazione intercettata dai Carabinieri, in cui l’agente Salpietro chiede a Gaetano Blasco: “Una cortesia, ho il  Comandante che vuole comprare una casetta in legno, riesci a aiutarlo?”. In quell’occasione gli investigatori hanno  notato anche la presenza di un guardiano,  un cittadino indiano, che ritroveremo come oggetto di alcune telefonate tra Pasquale Brescia e Domenico Mesiano, che si interessa per il rinnovo del permesso di soggiorno dell’uomo. Il maneggio verrà, in seguito all'ordinanza di  custodia cautelare, sequestrato in quanto abusivo. Come raccontato in precedenza, durante le perquisizioni, i Carabinieri rintracciano sei agende, ma non è l’unica cosa che viene rinvenuta. C’è infatti tantissimo materiale riconducibile sia alla vita privata di Pasquale Brescia che ai suoi affari. Vengono sequestrate, ad esempio, tre fotografie. Nella prima compaiono Pasquale Brescia e Antonio Silipo (anche lui imputato al processo per associazione di stampo mafioso). Nella seconda, Andiloro Brescia e Francesco Silipo (papà rispettivamente di Pasquale e Antonio). Nella terza, viene invece ritratto Pasquale Brescia in compagnia di Salvatore Arabia, assassinato a Cutro negli anni delle faide tra clan. Ma non sono le uniche foto scovate dagli investigatori, che trovano addirittura una busta della Questura di Reggio contenenti delle fotografie in cui compaiono Pasquale Brescia, Domenico Mesiano, Alfonso Paolini e Iaquinta Giuseppe (tutti imputati al processo) in compagnia dell’allora Questore di Reggio Emilia, Gennaro Gallo. Si tratta di foto scattate all’interno dei locali della Questura durante un piccolo banchetto. Negli uffici ispezionati vengono anche rinvenuti alcuni articoli di giornale in cui su parla del sequestro di 5 milioni di euro effettuato nei confronti dei fratelli Sarcone nel 2014, ed anche alcune fatture inerenti ai lavori svolti dalle ditte di Pasquale Brescia. Sette di queste fatture, fanno riferimento anche alla Questura di Reggio, luogo in cui le ditte di Pasquale Brescia hanno effettuato alcuni lavori di ristrutturazione. La documentazione sequestrata dai Carabinieri riguarda inoltre il famoso “affare Sorbolo”: un progetto finalizzato alla costruzione di 28 unità abitative in cui era coinvolta la Pilotta SRL di Francesco Falbo, nato a Cutro ma residente a Sorbolo, il cui numero telefonico viene anch’esso ritrovato tra i documenti di Pasquale Brescia; la Marmi Nu.Sa, società riconducibile a Grande Aracri Francesco e ai figli Salvatore e Paolo; e documentazione relativa all’AIER (associazione degli imprenditori edili reggiani, voluta e costituita dalla cosca). Ma non può mancare, in tutta questa vicenda, anche l’aspetto folkloristico. Il Maresciallo Calì, raccontando di questa perquisizione, afferma in aula: “In quasi tutte le case dei personaggi coinvolti, abbiamo trovato foto e statue di San Michele Arcangelo. Ad esempio nei locali di  Pasquale Brescia, Alfonso Paolini e Antonio Muto”. San Michele Arcangelo è riconosciuto culturalmente come il santo protettore degli ‘ndranghetisti.

ALFONSO PAOLINI
La figura di Alfonso Paolini è subentrato più volte nel racconto del Maresciallo Calì, il quale ha parlato anche di una licenza per una sala giochi all’interno del centro commerciale Le Vele di San Prospero (Parma). Calì racconta infatti che sono state fatte pressioni affinché la licenza, anziché essere assegnata a due uomini che stavano già svolgendo tutto l’iter burocratico, dovesse essere invece rilasciata a Nicolino Sarcone e Alfonso Diletto. Alfonso Paolini dunque viene descritto come un vero e proprio anello di congiunzione in una catena fatta di favori e favoritismi. In questo quadro, è emblematica una telefonata che viene citata in aula. Si tratta di una conversazione tra Alfonso Paolini (che faceva da “guardiania” per la cosca al centro commerciale Le Vele) e il Questore di Reggio Emilia, Gennaro Gallo. Il 13 marzo 2012 Paolini chiamerà infatti Gallo chiedendogli un incontro: il Questore si recherà da lui dopo pochi minuti.

ANTONIO MUTO (CLASSE 55)
“Antonio Muto - dice Calì - era molto legato a Alfonso Paolini e Domenico Mesiano. Muto conosce  Villirillo Romolo,  e partecipa anche ad una cena importante insieme a Nicolino Sarcone, Alfonso Diletto, Pasquale Brescia e Gaetano Blasco”. Anche qui ritorna la figura di Alfonso Paolini e il suo ruolo di intermediario: Calì afferma infatti che ogni volta che Sarcone vuole parlare con Antonio Muto, chiama sempre prima Paolini.

DOMENICO MESIANO
“Domenico Mesiano  è un appartenente alla Polizia di Stato di Reggio Emilia che svolge il servizio di autista del Questore della stessa città ed è altresì addetto all’ufficio stampa, nel senso che si occupa di trasmettere alle varie testate giornalistiche i comunicati stampa della Questura”, si legge nelle carte dell’inchiesta Aemilia. Di lui ha parlato molto durante la sua deposizione di ieri il Maresciallo Calì, spiegando come era proprio grazie a Mesiano che personaggi come Paolini, Brescia e altri riuscivano ad entrare all’interno della Questura, ottenendo anche numerosi favori. Mesiano è dunque il punto di riferimento per gli uomini della cosca, che si rivolgono a lui per qualsiasi cosa. Calì racconta, ad esempio, di un episodio in cui Nicolino Sarcone, accortosi di essere seguito da una macchina della polizia, prova a chiamare Mesiano per sapere se in quell’auto ci fosse Pierluigi Lamanna (poliziotto).

I RAPPORTI CON LE FORZE DELL’ORDINE

“Alfonso Paolini chiamerà il Questore di Reggio Emilia, Gennaro Gallo,
per arrivare al Commissario Straordinario del Comune di Parma,
il Prefetto Mario Ciclosi:  
“Tu come sei messo con quello che sostituisce il sindaco?”.

Maresciallo Camillo Calì, durante la deposizione al Processo Aemilia


“Sin dall’inizio ci siamo accorti, tramite le intercettazioni, che questi  personaggi si relazionavano con esponenti della forza di polizia di  Stato, carabinieri e anche alcuni impiegati degli uffici. Abbiamo  depositato una informativa dove abbiamo elencato tutti gli episodi che  vengono citati nel corso delle intercettazioni e abbiamo fatto i dovuti riscontri”. Inizia così il capitolo riguardante i rapporti tra la cosca e le forze dell’ordine. Il Maresciallo Calì fa nomi e cognomi dei personaggi coinvolti, spiegando il metodo del “do ut des”: favori in cambio di altri favori.

L’ISPETTORE FRANCESCO STRADA
Si parla, ad esempio, dell’Ispettore Francesco Strada e di una telefonata tra lui e Alfonso Paolini in occasione del matrimonio di Elisabetta Grande Aracri, figlia del boss Nicolino. Paolini, infatti, non riesce a partecipare al matrimonio, ma si tiene in contatto telefonicamente con chi invece riesce ad andare. Proprio tra le numerose telefonate registrate, ne viene intercettata una in cui l’interlocutore di Paolini è proprio l’Ispettore Strada al quale Paolini dice che al matrimonio sono presenti Antonio Muto, Giuseppe Iaquinta e Giuseppe Villirillo (papà di Romolo) e chiede all’Ispettore di far loro delle foto per “farli spaventare”. I membri della cosca sono dunque a conoscenza del servizio di osservazione operato dagli investigatori. Sempre in relazione alla figura dell’Ispettore Strasa, Calì cita un altro dato: Antonio Muto è a conoscenza del fatto che Nicolino Sarcone e Alfonso Paolini si stanno interessando all’acquisto di due autovetture in Germania. Una di queste, una Mercedes, è proprio per l’Ispettore Strada che, in un’altra occasione, dimostra ancora una volta di avere un buon legame con Alfonso Paolini, tanto da affidare il proprio camper al cognato di Paolini, Salvatore Ciampà (sorvegliato speciale). L’intervento dell’Ispettore Strada verrà richiesto inoltre anche da Paolini e Villirillo in merito al rilascio di una licenza di porto d’armi per uso caccia. Oltre all’Ispettore Strada, che all’epoca era Responsabile della  Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Crotone, entrano in scena altri due agenti: l’Ispettore Antonio Ciotta (arrestato nel maggio 2012 per favoreggiamento, sfruttamento della prostituzione e altri reati) e il Sovrintendente Carmelo Romeo. Villirillo chiama Paolini e chiede il suo interessamento affinché venga rilasciata la licenza per un fucile uso caccia a  Francesco Lepera. Intercorrono poi numerose telefonate tra Paolini e il Sovrintendente Romeo, telefonate che il Maresciallo Calì durante la deposizione definisce “pressanti” in quanto era sorto il problema che Lepera avesse qualche precedente penale. Nonostante questo, però, Paolini riuscirà ad ottenere il porto d’armi per Francesco Lepera (nei confronti del quale verrà successivamente emesso un provvedimento di  diniego di detenzione delle armi in seguito ad una denuncia per truffa e simulazione di reato insieme ad Antonio De Ceglie). Calì termina il capitolo riguardante l’Ispettore Strada, dicendo che quando verrà emesso nei confronti di Alfonso Paolini il divieto di detenzione di armi, Paolini le venderà proprio all’Ispettore Francesco Strada.

L’APPUNTATO SCELTO DOMENICO SALPIETRO
La figura di Domenico Salpietro emerge già durante un servizio di osservazione dei Carabinieri presso il maneggio di Pasquale Brescia, in occasione di un incontro tra alcuni esponenti del clan a cui partecipò lo stesso Appuntato. Il suo nome emerge numerose volte durante la deposizione del Maresciallo Calì che racconta ad esempio di come Salpietro si sia interessato al rilascio del passaporto di Antonio Gualtieri, operando all’interno della Questura di Reggio Emilia, assicurando allo stesso Gualtieri il suo interessamento alla causa. Un'altra occasione di scambio di favori tra Gualtieri e Salpietro avviene sia in merito alla ricerca su un’utenza telefonica, sia in merito ad altri due fatti. Il primo riguarda la richiesta che Gualtieri fa all’Appuntato al fine di verificare se ci fossero multe a carico della sua macchina, una Maserati. Il secondo fatto è anch’esso legato all’autovettura di Gualtieri che chiederà a Salpietro di recarsi a Modena (da Reggio Emilia) per fare il tagliando, nonostante la macchina non sia però coperta da alcuna assicurazione. Calì racconta inoltre di come l’Appuntato Scelto Salpietro possedesse addirittura le chiavi della sontuosa villa di Gualtieri e di come si fosse incaricato personalmente, durante il proprio orario di servizio, di “fare dei giri di controllo” nell’abitazione nei periodi in cui Gualtieri era fuori città.

IL POLIZIOTTO DOMENICO MESIANO
Come già detto, Domenico Mesiano, autista dell’allora Questore di Reggio Emilia, Gennaro Gullo, era il ponte, per il clan, attraverso cui accedere ad un sistema di favori. Tra l’altro, Mesiano interrogherà più volte la banca dati della polizia, lo SDI, per effettuare ricerche sui nomi del clan, per scoprire se ci fossero in corso delle indagini a loro carico. Mesiano, inoltre, si attiverà per risolvere un problema relativo al rilascio del passaporto per Nicolino Sarcone. Problema scaturito dal mancato pagamento di una cartella di Equitalia. Mesiano contatterà il tribunale di Crotone, un dipendente di  Equitalia, i suoi colleghi di Crotone ed anche l’avvocato di Sarcone. E dopo una lunga serie di telefonate ed incontri, Mesiano otterrà il rilascio del passaporto di Nicolino Sarcone.

IL POLIZIOTTO AGATINO CATALANO
Il nome di Agatino Catalano, responsabile del gabinetto della polizia scientifica della Questura di Reggio Emilia, viene citato in aula dal Maresciallo Calì in relazione ad una vicenda che coinvolge anche Alfonso Paolini. Catalano è infatti titolare, insieme alla moglie, di una ditta di autonoleggio e di un’altra ditta che effettuerà dei lavori all’interno del già citato centro commerciale Le Vele di San Prospero. Calì parla di una serie di telefonate da dove si evincerebbe che anche Catalano sia a conoscenza dell’attività  di “guardiania” svolta da Paolini presso il centro commerciale. Sono inoltre state registrate alcune telefonate tra Paolini e Catalano in merito ai lavori al centro  commerciale e alla famosa sala giochi di cui abbiamo già parlato.  Un altro momento in cui Catalano entra in contatto con Paolini è quando quest’ultimo lo chiama, il 28 febbraio 2012, dicendogli di dover  portare un suo amico in Questura per “prendere le impronte digitali perché deve fare il passaporto”. In quel caso Catalano si adopererà in prima persona affinché si attivi l’ufficio incaricato del rilascio dei passaporti della Questura.

IL MARESCIALLO ALESSANDRO LUPEZZA
Il Maresciallo Calì parlerà anche della figura di Alessandro Lupezza e di come l’uomo abbia più volte eseguito una serie di controlli in banca dati in relazione a Nicolino Sarcone, Pasquale Brescia, Michele Colacino, Giovanni Abramo, Nicolino Grande Aracri ed Ernesto Grande Aracri. Inoltre, Pasquale Brescia arriverà addirittura a chiedere al Maresciallo Lupezza di effettuare un controllo su un’autovettura, ringraziandolo successivamente per la preziosa informazione ricevuta.

IL BRIGADIERE VINCENZO INGUÌ
Il Brigadiere Vincenzo Inguì viene chiamato da Alfonso Paolini per risolvere una situazione alquanto bizzarra. Paolini e Giuseppe Iaquinta verranno infatti fermati ad un posto di blocco e verranno loro chiesti i documenti. Proprio durante gli accertamenti Paolini chiama il Brigadiere Inguì, spiegandogli l’accaduto: “che cazzo vuole questo qua? Rompe i coglioni”. Inguì, in quell’occasione, promette a Paolini di mettersi subito in contatto con chi stava effettuando quel controllo. In seguito a quella telefonata, non verrà fatta nessuna contravvenzione né a Iaquinta né a Paolini. Il nome del Brigadiere Inguì compare anche in un altro aneddoto raccontato in aula dal Maresciallo Calì, ovvero quello che vede protagonista ancora una volta Alfonso Paolini, che lo contatta telefonicamente. Inguì sarà, da lì a poco, chiamato a deporre al Processo Edilpiovra contro Nicolino Sarcone. Paolini lo chiama, raccomandandosi con lui. La cosa inquietante e da sottolineare, è che quando Paolini chiama il Brigadiere Inguì non era ancora stata comunicata al carabiniere alcuna citazione ufficiale.

La deposizione del Maresciallo Calì proseguirà durante l’udienza di domani, 10 giugno, ore 9.30 presso il Tribunale di Reggio Emilia.

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