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saguto silvanaSotto inchiesta anche il marito e l'avvocato Seminara
di Aaron Pettinari
Corruzione, induzione e abuso d'ufficio. Sono queste le accuse nei confronti del giudice di Palermo Silvana Saguto finita al centro della nuova bufera giudiziaria che investe un fronte tanto delicato come quello della gestione dei beni confiscati alla mafia. L'indagine condotta dalla procura di Caltanissetta è davvero senza precedenti. Il procuratore Sergio Lari ipotizza che il giudice, presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, abbia assegnato incarichi milionari all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, titolare di uno studio a cui è affidata la gestione di diverse aziende confiscate. Quest'ultimo, per restituire il favore, avrebbe offerto maxi consulenze al marito della Saguto, l’ingegnere Lorenzo Caramma, pure lui indagato. L’indagine sostiene che nel corso degli anni il professionista avrebbe ricevuto quasi 750 mila euro da Cappellano.
Gli avvisi di garanzia sono scattati ieri mattina così come le perquisizioni che la procura di Caltanissetta ha affidato al nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo. Gli investigatori hanno cercato a casa del giudice e dell’avvocato, ma anche nei loro uffici.
Nel corso dell'operazione sono stati acquisiti diversi documenti riguardanti le nomine ricevute da Cappellano Seminara. Ma nel decreto di perquisizione si fa riferimento anche ad intercettazioni disposte nel maggio scorso dai magistrati che conducono l’inchiesta, il procuratore aggiunto Lia Sava e il sostituto Gabriele Paci, anche loro ieri a Palermo per seguire le perquisizioni.

L'inchiesta scaturisce da denunce pubbliche, neanche recenti, su un giro di affidamenti dei beni a pochi professionisti che ne avrebbero ricavato "parcelle d'oro". Questo aveva denunciato nel gennaio 2014 il prefetto Giuseppe Caruso, a quel tempo direttore dell'Agenzia dei beni confiscati, che gestisce un patrimonio di circa 30 miliardi di euro con beni distribuiti in tutta Italia: solo il 43 per cento di questo immenso patrimonio si trova in Sicilia in gran parte concentrato in provincia di Palermo. Disse Caruso di fronte alla Commissione antimafia: “Non è normale che i tre quarti del patrimoni confiscati alla criminalità organizzata siano nelle mani di poche persone”.
Per questo, aveva spiegato ai parlamentari della commissione, aveva deciso una rotazione di amministratori. Cappellano Seminara aveva replicato ricordando che si occupava di confische da 28 anni con uno studio di 35 professionisti. E quanto ai compensi una cosa, aveva detto, è gestire l'amministrazione dinamica di un'impresa, altra cosa è liquidarla secondo le nuove direttive dell'Agenzia”.
Anche Silvana Saguto era stata ascoltata dalla Commissione davanti alla quale aveva assicurato che la gestione dei beni confiscati a Palermo era improntata alla massima correttezza. E la presidente Rosy Bindi alla fine aveva detto che non c'erano elementi tali da “inficiare condotte delle singole persone”.
Se per la Commissione il capitolo sui beni confiscati era stato chiuso così non è stato per la Procura nissena. Gli inquirenti si erano occupati della gestione dei beni confiscati a Palermo già in precedenza, grazie alle denunce del giornalista di Telejato, Pino Maniaci che lo scorso maggio, intervistato dalle Iene, aveva parlato proprio della spartizione di pochi amministratori giudiziari che si spartiscono la gestione dei beni sequestrati a Cosa nostra. Maniaci ha anche presentato un esposto alla procura di Caltanissetta ed è autore di parecchie interviste in cui attacca frontalmente lo stesso avvocato Cappellano Seminara, che per tutta risposta nei mesi scorsi lo ha denunciato per stalking.
Nei mesi scorsi il fascicolo d'indagine sull'argomento dei beni confiscati era rimasto sempre contro ignoti. Poi, grazie alle intercettazioni ambientali, sarebbe arrivata la svolta.
A dare notizia dell’inchiesta è la stessa procura nissena, con una nota diffusa “allo scopo di evitare il diffondersi di notizie inesatte“. “Su disposizione della procura della Repubblica di Caltanissetta – si legge nella nota – i militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di Finanza di Palermo, in alcuni casi con la diretta partecipazione dei magistrati titolari del relativo procedimento penale, hanno eseguito ordini di esibizione nonché decreti di perquisizione e sequestro in data 9 settembre 2015″. “Questi atti istruttori – prosegue la nota – sono stati compiuti per acquisire elementi di riscontro in ordine a fatti di corruzione, induzione, abuso d’ufficio, nonché delitti a questi strumentalmente o finalisticamente connessi, compiuti dalla Presidente della sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo nell’applicazione delle norme relative alla gestione dei patrimoni sottoposti a sequestro di prevenzione, con il concorso di amministratori giudiziari e di propri familiari”.
Da parte sua il giudice Saguto, a cui nei mesi scorsi era stata potenziata la scorta dopo la nota dei servizi di sicurezza che aveva fatto filtrare un allarme dove si indicava il magistrato come obbiettivo do un piano di morte di Cosa Nostra, raggiunta dal sito livesicilia.it, si difende: “Non ho dubbi sul mio operato e chiederò subito di essere interrogata. Incarichi a mio marito? Ne ha avuto uno solo a Palermo, e oggi chiuso, che risale agli anni in cui non ero alla sezione misure di prevenzione”.

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