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quirinale-colle-bigE il Colle rassicura: Si sta muovendo il Presidente
di Monica Centofante - 20 giugno 2012
Le intercettazioni della Dia parlano chiaro: nei mesi scorsi Nicola Mancino aveva premuto sul Colle per ottenere un’avocazione dell’inchiesta sulla trattativa ai magistrati palermitani Antonio Ingroia, Antonino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene. Poi, non essendo percorribile quella via aveva chiesto che fossero unificate le indagini perché, secondo lui, i magistrati di Palermo, Caltanissetta e Firenze non si coordinano “e arrivano a conclusioni contraddittorie fra di loro”.
Era nervoso Mancino, per quello che i magistrati stavano scoprendo sul patto stretto tra lo Stato e la mafia negli anni bui delle stragi e voleva depotenziare l’inchiesta, strapparla dalle loro mani. Per questo aveva attivato i suoi canali, in particolare Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del capo dello Stato e le sue richieste non erano cadute nel vuoto. Anzi, il Presidente Napolitano in persona, per come emerge dalle stesse conversazioni intercettate, aveva preso a cuore la sua causa.

Lo dimostra oggi un verbale della Procura generale della Cassazione datato 19 aprile 2012: tre pagine che riportano i contenuti di una riunione organizzata proprio con l’intento di mettere sotto tutela i magistrati palermitani, tentativo andato a monte solo per l’opposizione del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Nel documento sono riportati i nomi dei partecipanti alla riunione: oltre a Grasso, i segretari generali Antonio Mura e Carmelo Sgroi e il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani, il superiore del Pna. L’uomo con cui D’Ambrosio, così come assicura a Mancino al telefono, aveva parlato per chiedere che facesse pressioni sull’ufficio diretto da Grasso. Sia lui che il sostituto procuratore Ciccolo, dice il consigliere, “hanno voluto una lettera così fatta per sentirsi più forti…”.
Ma a quelle richieste il Procuratore nazionale antimafia, che si era riunito con le tre procure il 28 aprile 2011, risponde picche. Grasso, si legge nel verbale “evidenzia la diversità dei vari filoni d’indagine e la loro complessità (accentuata anche dalla contemporanea pendenza di processi in fase dibattimentale)”. E “precisa di non avere registrato violazioni del protocollo del 28 aprile 2011, tali da poter fondare un intervento di avocazione a norma dell’art. 371bis ccp”.
E così le inchieste rimangono nelle mani dei rispettivi pm, a conferma che non erano per nulla infondate le preoccupazioni espresse da D’Ambrosio nelle tante conversazioni che avevano preceduto quel summit. Iniziate il 25 novembre del 2011 e proseguite fino al 5 aprile scorso.

Quella del 12 marzo, tra D’Ambrosio (D) e Mancino (M), comincia alle 18.49:
D: eccomi presidente... io ho parlato con il presidente e ho parlato anche con Grasso
M: si
D: Ma noi non vediamo molti spazi purtroppo, perché no... ma adesso probabilmente il presidente parlerà con Grasso nuovamente... eh... vediamo un attimo anche di vedere con Esposito... qualche cosa... ma non.... la vediamo difficile insomma la cosa ecco
M: oh... ma visto che Grasso coordina Caltanissetta, non può coordinare tutte e due le procure?
D: ma io gliel'ho detto pure oggi a Grasso. Grasso mi ha risposto va bene. Ma io in realtà, il consiglio superiore mi ha fatto una normativa, però non mi serve niente. Questa è il... in realtà è lui che non vuole fare...
M: eh... ho capito
D: è chiaro?
M: e io non lo so dove vogliono andare a finire... 20 anni, 25 anni, 3... non lo so insomma
D: per adesso, dunque, mi ha detto il presidente di parlare con Grasso di vederlo eh... e vediamo un po'
M: eh, perché io vedo che per Macaluso (Emanuele, direttore del Riformista, ndr.) batte sulla tesi dell'unicità dell'indagine
D: si, si, ma questo gliel'ho detto al Presidente... l'ho visto
M: eh, perché non è che anche sul 41 bis indaga Caltanissetta, che fa? Caltanissetta va in una direzione e quelli possono andare in un'altra direzione? Ma non lo so se c'è serietà... poi da questo punto di vista, ecco...
D: ma, io riesco, guardi, io adesso ripeto, dopo aver parlato col presidente riparlo anche con Grasso e vediamo un po'... lo vedrò nei prossimi giorni, vediamo un po'. Però, lui... lui proprio oggi dopo parlandogli, mi ha detto: ma sai lo so non posso intervenire... capito, quindi mi sembra orientato a non intervenire. Tant'è che il presidente parlava di... come la procura nazionale sta dentro la procura generale, di vedere un secondo con Esposito (procuratore generale della Cassazione uscente Ndr).
D: Certo. Ma io comunque riparlerò con Grasso perché il presidente mi ha detto di risentirlo. Però io non lo so... francamente... lui è ancora orientato a non fare niente questa è la verità

Mancino, come si evince dal prosieguo della conversazione, teme che i magistrati di Palermo possano chiedere un confronto in aula tra lui e l’ex Ministro Martelli. In seguito ad una deposizione dello stesso Mancino, ad un’udienza del processo contro il generale dei Carabinieri Mario Mori, accusato della mancata cattura del boss Bernardo Provenzano, il pm Nino di Matteo aveva infatti evidenziato l’esistenza di “evidenti contraddizioni tra diversi esponenti delle istituzioni”. Indice che qualcuno aveva mentito. E la paura di Mancino era evidentemente quella di essere incriminato per la trattativa Stato-mafia: “Non so dove vogliono arrivare questi, che vogliono fare”. D’Ambrosio cerca di tranquillizzarlo: “Ma è chiaro che… che non si capisce, ma non si capisce neanche più la trattativa se devo essere sincero. Io l’oggetto della trattativa mica l’ho capito, no… mi sfugge proprio completamente”.

M: No perché poi la mia preoccupazione e che... ritenere che dal confronto con Martelli... Martelli ha ragione e io ho torto e mi carico implicazione sul piano, diciamo, sul piano processuale
D: ecco, io insomma, noi, ecco, parlando col presidente se Grasso non fa qualcosa, la vediamo proprio difficile qualunque cosa. Adesso lo possiamo, lo possiamo rivedere magari lo vede il presidente un giorno di questi, più di questo non... (….  D: qui il problema che si pone è il contrasto di posizione oggi ribadito pure da Martelli... e non so se mi sono spiegato, per cui diventa tutto cioè... la posizione di Martelli.... tant'è che il presidente ha detto: ma lei ha parlato con Martelli... eh... indipendentemente dal processo diciamo, così...
M: ma io non è che posso parlare io con Martelli... che fa
D: no no... dico no... io ho detto guardi non credo...ho detto signor Presidente, comunque non lo so. A me aveva detto che aveva parlato con Amato (presidente del consiglio all’epoca dei fatti ndr) giusto...e anche con Scalfaro... (….)

In un altro passaggio della conversazione Mancino, evidentemente irrequieto, spera in un incontro riservato con Grasso.

D: Insomma, noi, ecco, parlando col presidente se Grasso non fa qualcosa, la vediamo proprio difficile qualunque cosa. Adesso lo possiamo, lo possiamo rivedere magari lo vede il presidente un giorno di questi, più di questo non...
M: Va bene, ma anche per la storia del Paese ma... ma che razza di Paese è... se tratta con le Brigate rosse... le Br... se non tratta con Brigate rosse fa morire uno statista. Tratta con la mafia e fa morire vittime innocenti . Non so... io anche da questo punto di vista vedo che insomma... o (non leggibile ma sembra “tuteliamo”) o tuteliamo lo Stato oppure tanto se qualcuno ha fatto qualcosa poteva anche dire mai io debbo avere tutte le garanzie, anche per quanto riguarda la rilevanza statuale delle cose che sto facendo.
D: Non lo so, adesso vediamo, tento un po’ da Grasso i prossimi giorni nuovamente. Però io vedo molto, troppo confuso la situazione, anche perché questa assoluzione... questo allungamento della sentenza Dell’Utri rende ancora difficile tutto, ecco questo è.
M: Ho capito ma questa è... io sto parlando dello Stato, non lo so... Lei veda un po’ se Grasso ha intenzione anche di ascoltare me... sia pure in maniera riservatissima. Che nessun ne sappia niente.
D: Va bene, tanto io lo devo sentire Grasso e lo sento domani. Va bene?
M: Grazie scusi grazie.

Il successivo 15 marzo Mancino chiama direttamente il pg della Cassazione Vitaliano Esposito (E). Il linguaggio, tra i due, è decisamente colloquiale.

M: Sono Nicola mancino. Buongiorno
E: Buongiorno a te.
M: Ho letto sulla stampa di questa presa di posizione. Mi azzardo a telefonare, perché io personalmente.
E: ... (ride)
M: Sto nella sentenza di Firenze, in maniera che quasi quasi dire che una persona coinvolta ma che non si può coinvolgere perché ci sono ombre ma non ci sono prove, è una cosa assurda, assurda, parlare a Firenze di Mancino eventuale responsabile della trattativa Stato-mafia, mai avvenuta, mai conosciuta.
E: Presidente, io comprendo il suo stato d’animo ma ora mi leggo diciamo quest’ordinanza, mi vedo questo provvedimento e poi magari...
M: Poi alla fine
E: Se lei mi vuole vedere, mi vede. M: Ma a me chi me ne ha parlato della trattativa? Questo è il punto.
E: Ho capito. E va bene, io sono chiaramente a sua disposizione, magari adesso vedo questo provvedimento e poi ci parliamo, se vuole venirmi a trovare, può venire quando vuole.
M: Guagliò, così come vengo... vado sui giornali.
E: (ride) Ah! Ho capito.

Il  27 marzo 2012, Mancino si sente ancora con D’Ambrosio al quale comunicala sua intenzione di scrivere una lettera  “però la faccio vedere prima a lei, al signor presidente, ma io non voglio provocare eventuali avocazioni”. I due parlano poi di Vitaliano Esposito: “L’11 aprile – dice D’Ambrosio - se ne va, ma io non escludo che... sono certo che la finalità di Esposito fosse proprio questa, perché me l’ha detta, cioè non era quella del disciplinare a Caltanissetta, ma la finalità è quella di dire: fatemi capire l’unitarietà”.
M: No ma io gliel’ho detto. Ho parlato con Esposito. Lui mi ha detto: se vuoi puoi venire a parlarmene, ma io non vado a parlare per sentirmi dire da un giornalista presente: ma lei perché è andato dal procuratore generale? Eh, ma uno ne esce male.

E’ il 3 aprile che D’Ambrosio e Mancino si aggiornano sull’andamento del processo Mori, vero incubo per l’ex Ministro dell’Interno. L’interrogatorio di Giuliano Amato, dice l’ex vicepresidente del Csm, “è molto buono” e D’Ambrosio, in riferimento alla sua lettera, conferma che “il Presidente è orientato a fare qualcosa”.

M: Lei ha saputo come è andato più l’interrogatorio di Amato?
D: No, no.
M: Eh, molto buono, ma comunque, a mio avviso, c’è un abuso grande quanto una montagna, da parte del sostituto d’aula Di Matteo , chiede il confronto con Martelli, il confronto con Scotti, chiede la testimonianza della vedova Borsellino, chiede addirittura la testimonianza del pentito Gaspare Mutolo.
D: Eh, adesso noi comunque sulla sua lettera stiamo ragionando, va bene? Io le posso dire.
M: E veda un poco, perché la cosa è terribile.

Due giorni più tardi, il 5 aprile Mancino chiama D’Ambrosio dopo aver ricevuto copia delle lettera inviata il giorno prima dal Quirinale al pg della Cassazione Esposito, nella quale erano richieste informazioni “sul coordinamento delle inchieste fra le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze sulla trattativa”. Mancino si augura che quella lettera possa rimanere segreta.

M: … ho appena ricevuto questa lettera, ma siamo sicuri che non si diffonde la notizia con nessun risultato, cioè il pg, ma non lo so, poi al termine del suo mandato non lo so che farà.
D: Ma no, che vuol dire, il pg ha la sua continuità, e cioè...
M: Questo l’ho capito.
D: Ho parlato pure, abbiamo parlato pure con Ciani.
M: Uhm.
D: Ma c’era una situazione che il presidente aveva già detto all’Adunanza ha rilevato e percepisce questa mancanza di coordinamento e ti dice: esercita questi tuoi poteri anche nei confronti di Grasso. Perché qui il problema vero... Grasso si copre, questa è la verità, perché con la storia dell’avocazione, no? Perché è una gran cretinata l’avocazione, perché lui la cosa a cui deve pensare è il coordinamento.
D: Questo è il problema vero, quindi quello per cui deve badare... come si chiama? Grasso... E se non ci bada lui il pg è il coordinamento minimo, non so se mi sono spiegato? Perché quello minimo, perché uno... Insomma io devo capire se Spatuzza in Dell’Utri non conta, e qui è fonte di una revisione, non so se.
M: E come no! E come no!
D: Eh, perché noi quello che temiamo è adesso scusi, ma per quale motivo io non dovrei usare la sentenza Dell’Utri per dire che non occorre fare la revisione, scusi, eh? Me lo deve spiegare.
D: Però adesso lei lo sa, quando uscirà quello che noi, quello che il presidente auspica, tra l’altro il presidente l’ha letta prima di mandarla, eh non è una cosa solo di Marra. Lei può dire che ha saputo della lettera che le è stata mandata, è stato informato che la lettera è stata mandata al pg. Poi ha saputo che era ai fini di un coordinamento investigativo, lei lo può dire parlando informalmente con il Presidente, perché no?
M: E va bene
D: Non c’è niente, lui sa tutto. E che, non lo sa. L’ha detto lui, io voglio che la lettera venga inviata, ma anche con la mia condivisione.

Nonostante le “altissime” rassicurazioni Mancino si sente un uomo solo. E lo dice chiaramente il 5 marzo al suo interlocutore D’Ambrosio. “Io vorrei evitare che venisse accolta l'istanza di un ulteriore confronto con Martelli”. Poi si lamentava: “Una persona che ha fatto il suo dovere... ma perché devo essere messo in angolo...”. Il sospetto è che qualcuno volesse prendersi la rivincita su di lui per il caso de Magistris “Ora facciamo pagare a Mancino… ma Mancino può essere anche emarginato, ma non è giusto (…) Guardi io non sono più il Nicola Mancino di tra anni fa, quattro anni fa… Nicola Mancino è stato distrutto (…) Io sono tenuto emarginato da tutti, perfino nel partito democratico… nessuno mi parla…”.
 

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