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mancino-nicola-big0L’ex Ministro dell’Interno incastrato dalle intercettazioni.
di Monica Centofante - 16 giugno 2012
Non sospettava di essere intercettato il senatore Nicola Mancino e al telefono parlava liberamente, citando nomi e fatti dei quali dovrà ora rispondere nelle aule di Giustizia. L’ex Ministro dell’Interno, da qualche giorno ufficialmente indagato con l’accusa di falsa testimonianza nell’ambito dell’indagine sulla trattativa tra Stato e mafia negli anni delle stragi, sarà chiamato a spiegare i contenuti di una serie di conversazioni telefoniche intrattenute in seguito agli interrogatori della procura di Palermo. Che sin dall’anno scorso lo aveva sentito come persona informata sui fatti.
“Di Gava”, aveva detto il 6 dicembre del 2011 alla moglie, appena uscito dal Palazzo di Giustizia, “non ho detto niente” mentre al magistrato Loris D’Ambrosio, uno dei più stimati consiglieri del Presidente Napolitano, aveva sottolineato l’esigenza di “evitare il coinvolgimento di Scalfaro”.

Cosa ci fosse da dire sul politico democristiano Antonio Gava, scomparso nel 2008, è ora materia di indagine. In quanto a Scalfaro il sospetto dei magistrati siciliani è che l’ex Presidente della Repubblica fu in qualche modo “influenzato” da Vincenzo Parisi, allora capo della Polizia e secondo gli inquirenti tra i registi della trattativa con Cosa Nostra.
Con D’Ambrosio, si legge ora nelle carte diventate pubbliche con l’avviso di chiusura delle indagini, Mancino si era lasciato andare ad un drammatico sfogo, dicendo di essere rimasto “un uomo solo”, che in quanto tale “va protetto” affinché non chiami in causa “altre persone”. Quindi la richiesta al magistrato di parlare dell’indagine palermitana con il Presidente Napolitano spingendolo ad intervenire sulla Procura impegnata in quella stessa inchiesta. E ad evitare il confronto con Claudio Martelli, a cui i magistrati intendevano sottoporlo. Richiesta che sarebbe stata rivolta da Mancino anche al procuratore capo di Palermo Messineo, ma che non sarebbe stata esaudita.
Il confronto tra Mancino e l’ex Ministro della Giustizia Martelli, infatti, c’è stato ed è ruotato intorno alle dichiarazioni dell’ex Guardasigilli che ai pm ha spiegato di aver chiesto conto a Mancino della trattativa, non autorizzata, in corso tra il Ros e Vito Ciancimino in seguito alla morte di Giovanni Falcone. Quando il generale Mario Mori e il suo braccio destro Giuseppe De Donno, secondo la procura palermitana, erano in contatto con don Vito.
Davanti ai magistrati Mancino ha negato il contenuto dei colloqui con Martelli (“Abbiamo parlato di altro e in particolare dell’opportunità di lavorare in sintonia”). Martelli, invece, li ha confermati. Un’insanabile divergenza che ha contribuito all’iscrizione di Mancino nel registro degli indagati per falsa testimonianza.
Tra le intercettazioni raccolte dalla Procura c’è pure quella tra lo stesso Mancino e l’allora procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito, risalente al marzo scorso. In quel periodo Esposito aveva chiesto ai magistrati di Caltanissetta le carte dell’inchiesta sulla strage di Via D’Amelio, cosa che aveva fatto sospettare l’arrivo di una sanzione disciplinare per i giudici nisseni con il plauso di Nicola Mancino che si era congratulato con il procuratore generale per quella iniziativa:  un “forte segnale” l’aveva definita, “in difesa dei politici”.

Dialogare con la mafia per fermare le stragi è reato?
Secondo un’indiscrezione pubblicata dal Fatto Quotidiano se lo sarebbero chiesti gli indagati eccellenti dell’inchiesta, intercettati dai pm di Palermo. E persino il Quirinale che in una lettera inviata al Pg Esposito, su sollecitazione di Nicola Mancino, avrebbe chiesto “chiarimenti sulla configurabilità penale della condotta degli esponenti politici coinvolti nell’indagine”. Segnalando, prosegue il quotidiano, “l’opportunità di raggiungere una visione giuridicamente univoca tra le procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta”, tutte impegnate a identificare il ruolo di ex ministri e parlamentari negli anni bui delle stragi e della trattativa. Ognuna con la propria visione dei fatti.
Sarebbero quindi diverse le telefonate intercorse e intercettate tra gli indagati eccellenti, fortemente preoccupati, nei primi mesi dell’anno, per i continui sviluppi nelle indagini sulla trattativa. E impegnati a cercare ogni possibile stratagemma per contenere i danni. Qualcuno lamenta la pigrizia di Vitaliano Esposito, qualcun altro sostiene al telefono di essersi addirittura rivolto al capo della Dna Pietro Grasso, che “avrebbe minimizzato la portata dell’inchiesta”.

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