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provenzano-bernardo-big0VIDEO ALL'INTERNO!
di Anna Petrozzi - 25 maggio 2012

Quest’anno nessuno, nemmeno le più alte cariche dello Stato, e neppure le solite fiction hanno potuto celebrare la memoria di Falcone e Borsellino senza citare il convitato di pietra: i pezzi deviati delle istituzioni. Seppur con tutte le cautele del caso e con le perifrasi che la nostra splendida lingua consente, si è dovuto dire che tutta la verità sulle stragi del ’92 ma anche del ‘93, è ancora da cercare e in ogni direzioni anche quella degli “impropri o perversi rapporti tra rappresentanti dello stato ed esponenti mafiosi” per dirla con il Presidente Napolitano.

Il merito di questo passo avanti, almeno d’intenti, è sicuramente frutto dell’ostinazione con cui alcuni magistrati hanno voluto investigare oltre la dimensione militare, seguendo con grande coraggio ogni traccia, ogni pista, nel minimo dettaglio fino a dimostrare che la storia della mafia è, sin dagli albori, una storia di alleanze e di convenienze con il potere con cui tratta e ritratta continuamente gli equilibri.
La parentesi corleonese ha spezzato il tacito patto inghiottendo nella violenza uomini semplici e martiri, nemici e vecchi amici, per poi tramontare nell’umiliazione del 41bis e lasciare nuovamente il timone a chi certi accordi li sa “responsabilmente” rispettare.
Ieri sera nella puntata del giovedì di Servizio Pubblico, Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia (Servizio Pubblico - Vedo, Sento, Parlo) hanno ben spiegato attraverso quali risultanze processuali definitive è possibile arrivare a queste conclusioni e soprattutto attraverso quali pezzi mancanti è possibile inquadrare i troppi eventi delittuosi nel “gioco grande” di cui parlava Giovanni Falcone.
Per esempio lo scoop di Sandro Ruotolo che è riuscito ad intervistare un quanto meno enigmatico personaggio che sarebbe stato il messaggero inviato da Bernardo Provenzano per negoziare la sua resa entrerà senza dubbio nella lista dei misteri che continuano ad infittire l’inquietante sequela di trattative tra mafia e stato cominciata nel ’92 e probabilmente mai finita.
Ne aveva parlato per la prima volta il procuratore Grasso sentito al CSM per la vicenda che vede implicato il suo sostituto Alberto Cisterna, sotto accusa per la gestione disinvolta di un pentito.
Il magistrato ha raccontato che una volta divenuto procuratore nazionale Antimafia i suoi sostituti lo hanno messo al corrente del contatto con una sorta di confidente che sarebbe stato autorizzato da Provenzano quale intermediario con le Istituzioni per trovare un accordo finalizzato alla sua consegna. A precise condizioni: far restare nell’anonimato la sua cattura per almeno trenta giorni, durante i quali il padrino avrebbe avuto intenzione di parlare; non coinvolgere la procura di Palermo in nessun modo; ricevere un versamento di 2 milioni di euro da destinarsi ad un terzo soggetto, come prova che era stato venduto.
Le trattative erano cominciate già dal dicembre 2003 quando a capo della DNA c’era Pier Luigi Vigna che seguiva la vicenda con i consiglieri Enzo Macrì e Cisterna appunto. Vigna aveva cercato di sondare l’attendibilità del mediatore che si era presentato come un informatore della Guardia di Finanza. Dopo un paio di incontri il procuratore esigeva di conoscere l’identità del destinatario dei soldi. Era appena avvenuta la strage di Madrid e lo stato si preoccupava che il denaro (che sarebbe stato procurato dal Sismi di Nicolò Pollari) finisse nelle tasche di qualche terrorista. A questo punto il “messaggero”, vincolato al segreto, pena la morte, si sarebbe tirato indietro e non se ne fece più niente.
Almeno fino a quando non arriva Grasso che, invece, quale riscontro alle sue dichiarazioni chiede che il “messaggero” gli faccia avere una prova biologica per accertarsi che si stia trattando davvero di Provenzano dato che dalle indagini condotte a Marsiglia si era riusciti ad avere un campione del dna del boss. Anche in questo caso niente da fare. La partita si chiude.
Il mister x, rintracciato da Ruotolo, dà una versione leggermente diversa. Intanto si qualifica: “Sono un esperto di flussi finanziari sull’anti-riciclaggio. Sono stato quattro anni in Iraq, durante la guerra. Mi ha assoldato la Cia” e  poi entrando nel merito della questione, alla domanda del giornalista sul “terzo soggetto” che fece desistere Vigna, dice: “Non esiste nessun terzo uomo, è una piramide, un’istituzione… Ci faccia caso: loro hanno catturato Provenzano prima del voto, ma hanno detto in televisione che era stato catturato dopo il voto, perché è una questione squisitamente politica, tutto il resto è noia”.
“Provenzano doveva essere catturato prima, c’era un accordo che era saltato”.
Ci risiamo. Il capitolo delle mancate catture e dei mancati accordi aggiunge questa nuova pagina e sicuramente la vicenda sarà approfondita dai magistrati che già a Palermo stanno cercando di capire perché, nonostante le precise indicazioni del confidente Ilardo, Provenzano sfuggì all’arresto. Il processo ormai noto come “quello della trattativa” ha nuova carne da mettere al fuoco, a meno che i pm titolari Ingroia e Di Matteo non reputino tutta la vicenda una grossa bufala.
Vedremo. E’ comunque particolare che dopo poco il trapelare di questa notizia Provenzano ha messo in scena (secondo quello che dicono gli inquirenti) un tentativo di suicidio infilandosi la testa in una busta di carta. Certo per un padrino vendersi a quel modo sarebbe quanto meno disonorevole, per i criteri mafiosi abbastanza da togliersi la vita, ma se si è trattato solo di una messa in scena si può pensare ad un messaggio per l’esterno?
Senza perdersi in fumose dietrologie non possiamo certo scordare che l’universo mafioso si muove anche per segnali e considerata l’aria che si respira, meglio non dare nulla per scontato.
Quel che è certo a questo punto è che una buona parte della nostra storia recente è ancora intrisa di buchi neri e che ancora e molto deve essere scoperto sul patto inconfessabile tra stato e mafia.
Se insistiamo tutti, ogni componente dell’Italia civile onesta, forse è la volta buona che almeno tutto il filo conduttore venga alla luce.

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La morte-giallo del dottor Attilio Manca
(S.Ruotolo intervista Servizio Pubblico 24 maggio 2012)





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Cosa ha prodotto la trattativa tra Stato-mafia? (Giovanna Chelli)

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