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pisanu-beppedi AMDuemila - 26 gennaio 2012
Roma. E’ stata approvata oggi all’unanimità la relazione sulla prima fase dei lavori della Commissione parlamentare antimafia. Il documento sintetizza l’attività d’inchiesta svolta dall’organismo bicamerale in questi anni con particolare riguardo al condizionamento delle mafie sull’economia, sulla società e sulle istituzioni del Mezzogiorno.

Per dirla con le parole del presidente dell’antimafia Peppe Pisanu: “Siamo in presenza di una metastasi affaristica che si espande dall’economia illegale a quella legale” . Ancora “lunga e difficile” è “la guerra” alle mafie considerando il fatturato annuo che, secondo le stime più prudenti, si aggira intorno ai 150 miliardi (senza calcolare i proventi della corruzione, dei giochi e delle scommesse).
Nella relazione la Commissione sottolinea che l’attività mafiosa nel nostro Mezzogiorno (ed in particolare in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia) “è causa di un mancato sviluppo equivalente al 15-20% del Pil”. Ancora: “E’ evidente una divaricazione del Pil pro capite tra alcune aree del Mezzogiorno, danneggiate dalla presenza mafiose, e altre realtà del centro e del nord d’Italia, divaricazione che in alcuni casi potrebbe raggiungere la media del 15 per cento”.
Una situazione aggravata da quella che è stata definita la “metastasi mafie-affari-politica”.
“Non si sono mai visti - scrive Pisanu - tanti interessi criminali scaricarsi pesantemente, senza neanche il velo della mediazione, sugli enti locali, sulle istituzioni regionali e sulla rappresentanza parlamentare”.
In un passaggio della relazione il presidente Pisanu sottolinea in merito al biennio stragista “Su quanto è avvenuto tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio e praticamente fino al gennaio 1994, la nostra riflessione non è chiusa. Deve anzi continuare perché l'accertamento di una plausibile verità politica non è meno necessario del completo accertamento delle responsabilità penali”. E poi ancora “La nostra indagine ha fatto notevoli passi in avanti, ed è ormai prossima alla fase conclusiva. Certo avvertiamo reticenze e silenzi che pesano ancor più dei vuoti di memoria di taluni nostri interlocutori, e sappiamo che non sarà facile colmarli. Tuttavia - rimarca la relazione - non rinunciamo all’idea di far luce, in tempi ragionevolmente brevi, sulle responsabilità politico-istituzionali e sulle loro ripercussioni nella vita democratica del nostro paese”.
La relazione si sofferma anche sullo spostamento degli interessi mafiosi al Nord con particolare riferimento ai rischi di infiltrazione per l’Expo 2015. Un grande evento, un affare colossale da 25 miliardi di euro che fa gola a tutte le mafie, ma che vede la criminalità organizzata calabrese occupare un ruolo di primissimo piano.
Il documento dell’Antimafia evidenzia come, nel corso delle audizioni, sia emerso il dato dell’elevato “riciclaggio che copre ormai gran parte delle attività produttive: si va da attività tradizionalmente controllate dalle mafie come il settore edilizio e le attività connesse (movimento terra; scavi; trasporto dei materiali di scavo) o il settore degli appalti pubblici, al settore immobiliare; al settore delle forniture di prodotti alimentari, in particolare ortofrutticoli al settore dei locali pubblici e dei locali notturni”. Un’escalation di affari delle cosche col colletto bianco che arrivano a “influenzare le quotazioni dei titoli in borsa”.

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