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di AMDuemila
Domani la commemorazione del sindaco di Pollica, da nove anni senza giustizia e verità

Domani notte, alle ore 22.15, per la cittadina di Pollica (Salerno) sarà il nono anno senza Angelo Vassallo. Primo cittadino del paesino di 2338 anime in riva al mar Tirreno, “il sindaco pescatore” (così veniva chiamato dai suoi compaesani) ha amministrato Pollica ininterrottamente dal 1995 al 5 settembre 2010, giorno dell’agguato avvenuto nei pressi della sua abitazione. Nove anni sono trascorsi, un lasso di tempo infinito per un delitto tutt’oggi senza autore, mandante o movente. Solo mezze verità dette fra i denti, molti non ricordo, non so. Una situazione di opacità dove il lavoro di indagine degli inquirenti è stato fin dal primo momento arduo da eseguire anche per via di una parte di cittadinanza, quella interpellata dagli investigatori, rea di reticismo e di scarsa collaborazione, come sostiene la Dda della procura di Salerno in un documento riportato dall’edizione odierna de Il Fatto Quotidiano. Le indagini, si legge, “hanno sofferto del difficile ambiente in cui si è operato, della tendenza da parte dei concittadini della vittima a rappresentare le notizie sotto forma di confidenza o comunque nell’aver, spesso fantasiosamente, fornito elementi che molto verosimilmente hanno anche depistato”. Le carte riguardano la prima richiesta di archiviazione, firmata dal procuratore capo dell’epoca Franco Roberti e dal pm Rosa Volpe e accolta dal Gip, nei confronti dei tre primi indagati del delitto. Tra i quali Bruno Humberto Damiani detto “il brasiliano”, con alle spalle reati di droga, intorno al quale ha ruotato la pista investigativa della ritorsione contro un sindaco che organizzava coi vigili ispezioni contro gli spacciatori, considerata una fra le più importanti e plausibili. Angelo Vassallo, infatti, negli ultimi giorni della sua vita stava diventando fastidioso per qualcuno. Era solito recarsi al porto di Acciaroli, una delle zone più “in” di Pollica, lì dove gli uomini della malavita bazzicavano, per affrontarli di persona e cercare in qualche modo di ostacolare il giro di cocaina che circolava nei locali della movida di cui, tra l’altro, scoprì farne uso anche il fidanzato di sua figlia. Vassallo si lamentava inoltre dello scarso lavoro di contrasto delle forze dell’ordine. La sera in cui “il sindaco pescatore” venne ritrovato senza vita dal fratello Dario, Bruno Humberto Damiani (il principale indiziato) era stato ripreso da una telecamera in via Bixio, proprio nella zona di Acciaroli, mentre passeggiava con quelli che secondo un’informativa potevano essere i due soggetti che avrebbero accertato al sicario la presenza della vittima. Caso vuole che a distanza di soli due giorni Damiani lasciò l’Italia per recarsi in Brasile, “se si allontanò da Pollica subito dopo il delitto, fu perché aveva acquistato in anticipo il biglietto per tornare in Brasile” ha detto il suo avvocato Michele Sarno. Fatto sta che ci vollero mesi per stanarne la latitanza, dovuta ad indagini per altre vicende di droga e per una tentata estorsione al mercato ittico di Salerno, per la quale sta scontando una condanna definitiva a 5 anni e 4 mesi. Ma i punti interrogativi sulla figura de “il brasiliano” e su un suo possibile coinvolgimento della vicenda non finiscono qui. Un testimone, non residente nel Cilento, raccontò agli inquirenti un altro particolare inquietante. Rivelò di aver ascoltato Damiani, mentre si trovava nei pressi del porto di Agnone, che al telefono con un albergatore di Acciaroli disse: “Ma che pistola di merda mi hai dato”. La procura ha incrociato gli orari e i dati dei tabulati telefonici provando che quella telefonata ci fu veramente e ha cercato riscontri convocando persone informate dei fatti utilizzando intercettazioni telefoniche ed ambientali. Intercettazioni che si dimostrarono “davvero indispensabili” e “hanno dato conto - si legge nella richiesta di archiviazione - del particolare contesto ambientale che ha imposto costantemente di adoperare mezzi di ricerca della prova finalizzati non solo alla acquisizione di fonti probatorie non altrimenti acquisibili, ma anche capaci di verificarne la genuinità e le ragioni per cui chi era in possesso di informazioni utili, o ritenute tali, avesse cercato di mantenere una condotta pressoché omertosa”. Di certo qualcuno sa qualcosa. Ne è sicuro il fratello di Angelo Vasallo, Dario: “Almeno tre persone - dice - sanno la verità e non l’hanno ancora detta agli inquirenti, e godono di coperture istituzionali”.

Buchi neri e novità
Dal momento in cui vennero esplosi i colpi della semiautomatica baby Tanfoglio 9x21 (mai trovata) fino all’arrivo dei carabinieri e del magistrato per i rilievi, sul posto ci fu un via vai incessante di estranei che in questo modo inquinarono irrimediabilmente la scena del crimine. Più tardi sul luogo arrivò anche il colonnello dei carabinieri che fu indagato, e poi archiviato, con il sospetto di aver avuto un ruolo nell’omicidio. Per rimediare all’errore dell’Arma, a distanza di due anni, nel 2012, i pm ordinarono ai carabinieri del Ris di effettuare il test del Dna su 94 persone, da confrontare con le 66 diverse tracce genetiche rinvenute la notte del delitto intorno al sindaco assassinato. Ennesima attività di indagine finita con un nulla di fatto. Tra i 94 c’era anche Damiani. Scagionato. Peraltro risultò negativo anche al test dello stube, effettuato poco dopo l’omicidio, che ha stabilito la non presenza di residui di polvere da sparo sulle sue mani. Sempre sulle ombre che aleggiano sul caso Vassallo va sottolineata la questione dei proiettili esplosi dal sicario. Se per anni ai famigliari della vittima era stato detto che il numero dei colpi andati a segno erano 7 su 9, nella perizia autoptica pubblicata lo scorso febbraio e firmata dal professore Francesco Vinci dell’Università di Bari, è emerso che tutti e nove i colpi colpirono il primo cittadino ed uno lo avrebbe addirittura trapassato due volte. Dalla perizia inoltre si legge che il killer avrebbe sparato in piedi o “dal sellino di un motorino”, anche questa è stata una novità assoluta per i famigliari.

Foto © Ansa

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