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schiavone nicola c roberto salomone getty imagesdi Davide de Bari
Le prime dichiarazioni del super pentito della camorra
Nicola Schiavone, figlio del capo dei Casalesi Francesco, detto “Sandokan”, da circa due mesi ha deciso di collaborare con la giustizia. Così ha iniziato a raccontare ai magistrati del pool anticamorra di Napoli gli affari del clan negli appalti e come l’organizzazione si sia infiltrata nel tessuto imprenditoriale campano. Diversi gli omissis contenuti nei verbali fin qui stilati dai pm della Dda. Schiavone avrebbe fatto i nomi di quegli “imprenditori collusi con noi del clan dei Casalesi”. A utilizzare le prime dichiarazioni del pentito è stato il pm Maurizio Giordano che ha depositato il verbale dell’interrogatorio del 21 settembre scorso all’udienza preliminare dell’inchiesta “The Queen” che si sta celebrando davanti al giudice Linda Cometa. Un’inchiesta che ha fatto luce su una "sistema" di interessi tra soggetti appartenenti al mondo della politica, imprenditori, professionisti e uomini della criminalità organizzata per il condizionamento di importanti appalti.
In particolare il processo è quello che riguarda il troncone di inchiesta sui presunti tentativi di pilotaggio delle assegnazioni dei lavori pubblici che ha visto tra i tanti indagati anche il progettista Guglielmo La Regina (che ha respinto tutte le accuse) insieme ad altre figure di professionisti, politici e costruttori. Schiavone jr ha chiamato in causa tre impuntati dell’inchiesta: gli imprenditori Pasquale Garofalo (difeso dagli avvocati Paolo Trofino e Francesco Picca) Antonio Bretto (assistito dagli avvocati Angelo Ranucci e Saverio Campana) e Mario Martinelli (difeso dagli avvocati Giovanni Cantelli e Giuseppe Stellato). Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sono state riportate da quotidiani come "La Repubblica". Così è emerso che, pur dicendo di non avere mai parlato direttamente con Martinelli, questi ha dichiarato che si tratta di "un imprenditore che ha sempre vissuto accanto alla famiglia Garofalo e che è sempre stato un interlocutore privilegiato per noi del clan. Appartiene cioè a quella categoria di imprenditori di cui abbiamo parlato, cioè collusi con noi del clan dei Casalesi”.
Schiavone avrebbe poi precisato che Martinelli “parlava molto con Corrado Russo, altro uomo dei Casalesi. Mentre il pentito avrebbe detto di conoscere “bene” Pasquale Garofalo, cognato dell’imprenditore, e che secondo Schiavone era “molto legato sia a noi Schiavone che ai Russo”. “Con Corrado Russo posso affermare per mia conoscenza diretta che Pasquale Garofalo era socio su alcuni lavori” ha poi continuato il figlio di “Sandokan”, che avrebbe rivelato altri dettagli degli affari, che però sono coperti dagli omissis del pm. Inoltre, il figlio del padrino dei Casalesi avrebbe anche aggiunto di aver conosciuto la famiglia Bretto che “almeno fino al 2010” non hanno ottenuto lavori grazie a lui “personalmente”, ma che dagli anni ’90 avevano un tenore di vita “abbastanza modesto”. “Ricordo però - avrebbe dichiarato ancora Nicola Schiavone - che a partire dagli inizi degli anni 2000 cominciarono a crescere aggiudicandosi diversi lavori pubblici”. Per il pentito la “crescita” degli imprenditori derivava da chi cominciava “a versare nelle casse del clan la quota per i lavori che si aggiudicavano e le consegnavano a Rodolfo Corvino e Lello Letizia.
Oltre a questo, Schiavone avrebbe riferito ai magistrati di aver gestito gli appalti con l’aiuto di persone “direttamente designate” che dovevano curare i rapporti con gli imprenditori. Questi uomini non erano “soltanto molto affidabili e capaci, ma anche incensurati, Lello Letizia, o comunque gravitanti nel settore imprenditoriale. Questo giustificava i contatti, comunque non frequenti, fra loro e gli imprenditori” ha sostenuto il figlio di “Sandokan”, che poi ha continuato spiegando che durante la reggenza, fino al suo arresto nel giugno 2010, il clan dei Casalesi aveva il sostegno di “imprese disponibili ai nostri interessi”. Ma tutte queste imprese, non dovevano gestire gli appalti a Casal di Principe, città natale degli Schiavone: “Mai gare a Casal di Principe per evitare troppa visibilità”. Il nome di chi “chiese espressamente di non partecipare ad appalti in quel comune per non avere troppa visibilità” risulta essere coperto da omissis.
Riguardo alla dichiarazioni fatte da Schiavone, ora il pool anticamorra (composto dai pm Graziella Arlomede, Vincenzo Ranieri e Fabrizio Vanorino sotto la guida dell’aggiunto Luigi Frunzio) dovrà ricercare i riscontri per valutarne l'effettiva consistenza e l’attendibilità. Visto che il figlio del capo dei Casalesi è stato il “reggente” dell’organizzazione, dal 2005 fino all’arresto nel 2010, si è occupato di gestire soprattutto gli affari economici della famiglia e i rapporti con l’imprenditoria ma è chiaro che il figlio di Sandokan potrebbe anche far luce su diversi omicidi irrisolti ed anche estendere le rivelazioni sul mondo della politica.

Le reazioni all’interno dei Casalesi

La scelta di Nicola Schiavone nel collaborare con la giustizia ha provocato un vero e proprio “terremoto” all’interno del clan dei Casalesi. L’equilibro del clan è già gravemente in bilico, dall’arresto del suo ultimo storico capo, Michele Zagaria nel dicembre 2011, e dai continui arresti, indagini e processi istruiti negli ultimi anni. La collaborazione di Schiavone jr ha causato, senza ombra di dubbio, una profonda ferita nella famiglia di Francesco Schiavone. Il boss, dalla cella del carcere di Parma, dove è detenuto in regime di 41bis, si è detto contrario alla collaborazione e ha riferito di sentirsi ancora più “solo”. Oltre a questo, si aggiunge che la moglie di “Sandokan” ha lasciato la residenza della famiglia a Casal di Principe in via Bologna. Gesto che fa comprendere ancora di più la fine di un’epoca.

Foto © Roberto Salomone/Getty Images

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