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di Francesco Ferrigno
Si aggiudicavano lavori da fare per conto dell’Asl, ma i lavori non venivano effettuati. I compensi, però, c’erano eccome e venivano impiegati in importanti operazioni immobiliari anche per conto della fazione di Michele Zagaria del clan di camorra dei Casalesi. Tutto era possibile grazie ad un funzionario corrotto dell’Azienda Sanitaria e al coinvolgimento di decine di aziende. L’organizzazione criminale aveva base a Lucca ed è stata smantellata ieri dalla guardia di finanza con l’operazione denominata Ghost Tender. Sono state eseguite 5 ordinanze di custodia cautelare, 50 perquisizioni e sono stati sequestrati beni per circa 6 milioni di euro, ovvero la cifra che il gruppo era riuscito a racimolare tramite la loro attività.
Il gruppo ruotava attorno agli imprenditori edili Alfredo De Rosa, Feliciano Piccolo e Leonardo Piccolo che utilizzavano società con sede in Toscana e in Campania. Si trattava di aziende “apri e chiudi” intestate a prestanome. Attraverso tali società erano riusciti ad aggiudicarsi oltre 50 commesse dell’Asl Napoli3 Sud. Lavori di somma urgenza e cottimi fiduciari appena sotto la soglia necessaria affinché venissero imbastite formali gare d’appalto. Già affidati in maniera diretta, i lavori alla fine venivano attestati come avvenuti pur non essendo stati eseguiti. Tra le strutture coinvolte gli ospedali di Torre del Greco, Castellammare di Stabia e Boscotrecase in provincia di Napoli.

ghost tender grafico

Ciò avveniva grazie a Sebastiano Donnarumma, residente a Pimonte, dirigente responsabile del Servizio tecnico area sud dell’Asl che non solo aggiudicava i lavori in violazione delle norme sulla trasparenza, la correttezza e l’imparzialità ma consentiva al gruppo criminale di ottenere il pagamento anche senza l’esecuzione dei lavori. Secondo gli inquirenti a fronte dei favori resi Donnarumma avrebbe ottenuto denaro e l’acquisto di un appartamento sottocosto. Un sistema quasi perfetto che ha consentito all’organizzazione di incamerare a costo zero appalti per oltre 6 milioni di euro. Soldi che venivano poi riciclati in attività immobiliari come l’acquisto, la ristrutturazione o la ricostruzione di edifici da parte di società del gruppo con sede a Lucca. Una parte dei profitti veniva invece trasferita e monetizzata con pagamenti per forniture fittizie ad una società con sede a Roma diretta dall’imprenditore Vincenzo Ferri.
Ad alcuni tra i soggetti arrestati è stata contestata l’aggravante di aver agevolato la cosca dei Casalesi. In particolare i Piccolo e De Rosa sarebbero considerati a disposizione del clan. Indagato, infine, un avvocato che, pur consapevole degli stratagemmi del gruppo, forniva servizi contabili ed amministrativi assicurando un’apparente regolarità delle attività imprenditoriali e della contabilità degli appalti.

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