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20180315 sequestro 100 milioni impreditore legato casalesi c ansadi Emiliano Federico Caruso
Tra i beni confiscati ad Alfonso Letizia, re del calcestruzzo già arrestato nel 2011, figurano numerosi appartamenti, automobili, aziende e quote societarie
La DIA (Direzione Investigativa Antimafia) di Napoli, dietro emissione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha eseguito questa mattina una confisca di beni nei confronti di Alfonso Letizia, un imprenditore di 73 anni che, grazie a collaudati legami con i clan dei Casalesi, aveva ormai ottenuto il monopolio degli appalti edilizi locali.
In particolare Letizia era considerato un punto di riferimento per la famiglia Schiavone, gruppo principale dei clan Casalesi nato alla fine degli anni '70 grazie al suo storico boss Francesco "Sandokan" Schiavone, per i quali l'imprenditore teneva a disposizione le proprie quote societarie, i beni e gli impianti di produzione del calcestruzzo, ottenendo in cambio il monopolio della distribuzione dei materiali di edilizia nel casertano e dintorni. Materiali piazzati a un prezzo molto superiore al reale valore di mercato, grazie al potere di intimidazione esercitato dai clan.
Ma quello tra l'imprenditore e i Casalesi non era un legame fondato solo su edilizia e favori reciproci: Carmine Schiavone, cugino del famoso "Sandokan", raccontò dei profondi legami tra Alfonso Letizia e Antonio Bardellino, fondatore dell'omonima cosca (collegata a doppio filo con Cosa Nostra) dalla quale derivò il più esteso clan dei Casalesi.
Già incaricato da Totò Riina di uccidere Tommaso Buscetta, Bardellino venne poi coinvolto il 10 luglio del 1984 nell'attacco alla masseria del clan Nuvoletta a Poggio Vallesana, nel Marano di Napoli, dove rimase ucciso Ciro Nuvoletta, fratello dei boss Angelo e Lorenzo.
In seguito a quell'omicidio, Bardellino trovò ospitalità e rifugio sicuro proprio in uno degli appartamenti messi a disposizione dall'imprenditore Alfonso Letizia. Per la cronaca, l'ospitalità di Letizia non sarà sufficiente a nascondere Bardellino, che sarà così costretto a fuggire in Brasile, dove verrà ucciso il 26 maggio del 1988. Omicidio avvenuto in circostanze mai chiarite, dal momento che il cadavere di Bardellino non venne mai trovato e il presunto assassino Mario Iovine, che secondo le testimonianze di alcuni pentiti avrebbe ucciso Bardellino a martellate su richiesta di Riina, morirà tre anni dopo in Portogallo.
Molti altri affiliati e boss, in seguito, parleranno dei legami tra Alfonso Letizia e i vertici camorristici: Luigi Diana, quando divenne collaboratore di giustizia nell'aprile 2005 (e per questo suo zio Stanislao Castelli verrà ucciso in un agguato tre anni dopo), tra i vari nomi, cognomi e fatti che raccontò agli investigatori, confermò di aver conosciuto l'imprenditore Letizia nientemeno che a casa del boss Francesco "Cicciotto 'e mezzanotte" Bidognetti.
Anche Augusto La Torre, vertice dell'omonimo clan che, già negli anni '90, estese il proprio dominio dalla nativa Mondragone fino ad arrivare al basso Lazio, spiegò che le società di Alfonso Letizia avevano aderito al "Covin", una sorta di consorzio edilizio di estrattori di sabbia governato dalla Camorra e in grado di garantire il monopolio delle forniture di calcestruzzo.
In particolare l'azienda "Calcestruzzi Messicana", anch'essa dell'imprenditore Letizia, riforniva i cantieri di Monteruscello di calcestruzzo dichiarando nei documenti contabili un 8% di materiale in più. Una quota che, oltre a inquinare il mercato edilizio legale, costituiva di fatto una vera tangente a vantaggio del clan Bardellino.
Letizia verrà poi arrestato il 6 dicembre del 2011 nel corso dell'operazione "Il principe e la ballerina", insieme ad altre 55 persone che vantavano un lungo curriculum criminale fatto di estorsione, associazione a delinquere di tipo mafioso, corruzione, riciclaggio, falso in atto pubblico, turbativa di voto e truffa ai danni dello Stato, il tutto aggravato dal fatto di aver agito per venire incontro alle esigenze del clan dei Casalesi.
Appena 24 ore dopo ci fu anche l'arresto dello storico boss Michele Zagaria, individuato in un bunker di Casapesenna al quale la polizia aveva interrotto la corrente elettrica, costringendo "Capastorta" a una mite resa.
Il 4 luglio dello scorso anno l'imprenditore Alfonso Letizia è stato poi condannato a tre anni al termine del processo dell'operazione "Il principe e la ballerina" insieme ad altri nomi illustri e colletti bianchi collegati ai clan dei casalesi, tra cui Nicola Cosentino, ex sottosegretario dell'economia del Pdl (tornato in libertà all'inizio di febbraio di quest'anno) coinvolto, all'epoca, con il progetto del centro commerciale "Il Principe", voluto dai clan Casalesi ma mai realizzato.
La confisca di questa mattina nei confronti di Alfonso Letizia, che conclude un sequestro già avvenuto nel 2014, riguarda beni per 100 milioni di euro così divisi:
.6 aziende
.La "Beton Ducale S.r.l.", con sede in Mondragone
.La "Estrazioni cave Letizia S.a.s. di LETIZIA Alfonso” anche questa con sede in Mondragone
.La "Siciliano Costruzioni S.r.l.", Mondragone
.La "Lavin S.r.l.", Mondragone
.La "Coina S.r.l.", Mondragone
.Una quota di 50.000 euro della "Rolefin Immobiliare S.r.l." di Mondragone
.28 automobili
.Numerosi rapporti finanziari
.70 immobili, tra cui terreni e fabbricati sparsi tra una trentina a Mondragone (CE), 22 in Falciano del Massico (CE), 7 in Carinola (CE), 8 in Grazzanise (CE), 1 in Santa Maria Capua Vetere (CE) e 2 in Cavezzo (MO)

Foto © Ansa