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dia 0di Francesca Mondin
La relazione Dia mette in evidenza una criminalità campana a due facce

Tanti piccoli eserciti di ragazzi sbandati” dalla pallottola facile “senza una vera e propria identità criminale” e storici clan strutturati che continuano la loro “profonda infiltrazione nel tessuto economico” scegliendo “la logica dell'inabissamento”. La Direzione investigativa Antimafia, nella relazione riguardante il primo semestre 2017, delinea una Camorra “mutevole ed eterogenea” caratterizzata da queste due dinamiche contrapposte.
Uno spaccato che conferma “una disomogeneità strutturale” nella zona del centro storico di Napoli e periferia data anche “dall'assenza al vertice di leader autorevoli, molti dei quali sottoposti al 41bis, altri passati alla collaborazione con la giustizia”. Questo ha permesso a “figure di scarso rilievo criminale di accedere a ruoli di comando” generando “la scissione o la nascita di nuove aggregazioni di giovanissimi” anche adolescenti pronti a “commettere atti di inaudita ferocia”.
Diversamente, nello stesso capoluogo partenopeo, “alcuni storici clan rifiutano nettamente esibizioni violente in un' evidente strategia di mimetizzazione, mantengono inalterata la capacità di affiliazione di adepti, forza d'intimidazione e capacità di gestione di grandi affari”. Tra tutti spiccano le famiglie dei Mallardo di Giuliano Campani, i Polverino e i Nuvoletta di Marano di Napoli e i Moccia nel territorio di Afragola. Questi si confermano essere sodalizi con la “consolidata capacità economica e imprenditoriale di altissimo livello nonostante il regime detentivo cui sono sottoposti alcuni reggenti storici”.

Corruzione e affari
La forza di questi gruppi criminali più strutturati è senza dubbio “l'infiltrazione negli apparati pubblici” che permettono il “condizionamento di settori nevralgici dell'economia”. Uno dei settori di interesse per la Camorra è senza dubbio la Sanità campana, come dimostra un'indagine di giugno che “ha portato all'arresto di 5 amministratori di diversi centri di diagnostica convenzionati”. La Dia inoltre evidenzia come “non sono mancati casi di funzionari disposti ad accettare collusioni con le organizzazioni criminali”.
Rifiuti, droghe, contrabbando, estorsione ed usura restano certamente le tradizionali attività che gonfiano le casse della Camorra, ma non di meno sono ovviamente le speculazioni edilizie, l'infiltrazione negli appalti pubblici, il riciclaggio e reimpiego dei capitali e la gestione di giochi e scommesse.
Un'attenzione particolare va data alla comercializzazione delle merci contraffate, per le quali la Camorra “utilizza venditori ambulanti sia italiani che extracomunitari, ai quali viene inoltre imposto il pagamento di tangenti”.

Droga e riciclaggio oltre regione
E' oramai appurato da tempo come anche la Camorra si sia ben radicalizzata e diffusa nel resto d'Italia trovando spesso l'appoggio di alcuni imprenditori. In particolare la troviamo in Lombardia con “la presenza di soggetti legati alla camorra” residenti al nord “per attività di riciclaggio”. Discorso simile è per la Toscana ed Emilia Romagna, dove c'è una “distribuzione eterogenea” con “imprenditori contigui ai clan”, scrive la Dia.
Il Lazio poi sembra essere “il territorio ideale per il riciclaggio di denaro” a cui si aggiunge il traffico di droga, perlomeno per l'operatività di moltissimi clan campani “Di Lauro, Giuliano, Licciardi, Contini, Mariano, Senese, Moccia, Mallardo, Gallo, Gionta, Anastasio, Zaza; Pagnozzi, Schiavone, Noviello, Zagaria, Belforte, Bardellino”. Con lo spaccio di stupefacienti la Camorra è presente anche nelle Marche in cui operano “varie organizzazioni, facenti capo a pregiudicati campani” e in Liguria, dove oltre allo spaccio è un business fiorente per la Camorra “il contrabbando, la contraffazione di merci” e l'abusivismo del gioco d'azzardo.
Se da una parte in Molise “non si registra una sostanziale presenza di sodalizi camorristici nonostante la contiguità con la Campania”, dall'altra in Abruzzo proprio questa continuità geografica è invece “tra i principali fattori che hanno favorito l'infiltrazione dei clan”. Tanto da arrivare a voler mettere le mani anche sulla ricostruzione post terremoto attraverso la complicità di imprenditori, interessati ad acquisire i finanziamenti statali.

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