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free fuel operazionedi Francesco Ferrigno
Ben 16 milioni di litri di carburante “fiscalmente inquinato”, operazioni illecite per 65 milioni di euro e l’ipotesi che dietro il sistema messo in piedi ci sia la Camorra Vesuviana. Nelle scorse ore è scattata l’operazione “Free Fuel”: i militari della guardia di finanza di Brescia e di Desenzano del Garda, supportati da altri reparti territoriali, hanno eseguito 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 2 misure interdittive in Lombardia, Veneto, Umbria e Campania. In totale sono indagate per frode 14 persone.
Nel dettaglio ad essere colpiti sono stati 2 brokers residenti in Lombardia, 4 campani e 1 umbro, tutti soggetti operanti nella commercializzazione dei prodotti petroliferi. Il gip ha anche ordinato il sequestro preventivo di beni per oltre 5,2 milioni di euro. L’inchiesta si è avvalsa della direzione della Procura della Repubblica di Brescia e del coordinamento della Procura Nazionale Antimafia.
Le autorità al momento stanno mantenendo uno stretto riserbo sui dettagli dell’indagine in quanto sono aperti altri filoni che potrebbero giungere a conclusione a breve con nuovi arresti. Per 1 dei 14 indagati è scattata l’aggravante mafiosa, ovvero l’accusa di aver posto in essere la frode per agevolare un clan di camorra della provincia a sud di Napoli. Inoltre tra i clienti che acquistavano il carburante sono state individuate società i cui rappresentanti sono considerati legati alla criminalità organizzata. Con ogni probabilità la seconda tranche dell’inchiesta Free Fuel potrebbe riguardare proprio la fase di vendita del carburante.

schema free fuel

Come già accennato, l’imponente frode fiscale ha interessato 16 milioni di litri di carburante provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia. L’obiettivo dei malviventi era quello di abbassare artificiosamente il prezzo finale del prodotto alla pompa, attraverso la creazione di società “filtro” che sistematicamente omettevano il versamento dell’Iva dovuta all’Erario. In sostanza, come spiegato dalla guardia di finanza, la merce effettuava due differenti viaggi: un viaggio fisico, dall’estero, a mezzo di autobotti, raggiungendo depositi fiscali ubicati a Roma, Genova e Vigevano, per poi essere velocemente inviata presso i distributori stradali; un viaggio cartolare, molto più tortuoso di quello fisico, ma fiscalmente (indebitamente) vantaggioso. Il carburante veniva formalmente ceduto, dapprima, a due società cartiere ubicate in Bulgaria e Romania, ma gestite dall’organizzazione criminale. In un secondo momento, veniva poi fatturato a due cartiere italiane, le quali non versavano le imposte. Infine, il carburante veniva venduto a imprese che gestiscono distributori stradali, 3 delle quali sono risultate consapevoli del sistema di frode posto in essere.
Le società fittiziamente interposte avevano sede effettiva ed occulta in un bunker nella provincia sud di Napoli. Le fiamme gialle bresciane hanno scovato il nascondiglio, individuando un vero e proprio sistema di sicurezza. L’ufficio era dotato di telecamere di sorveglianza interne ed esterne e di un ingresso blindato di piccole dimensioni.

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