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cutolo raffaele sbarre 610di AMDuemila
Raffaele Cutolo (in foto) “da quasi quarant’anni non conosce altro che il carcere duro”. Sono le parole di Immacolata Iacone, moglie dell’ex boss della Nuova Camorra Organizzata, dell’intervista di stylo24.it. “Forse Raffaele sta peggio di Riina. Attualmente assume 14 pillole al giorno, ha problemi di diabete, la sua vista è seriamente minata, è affetto da una seria prostatite e l’artrite non gli dà quasi più la possibilità di muovere le mani. Eppure noi non avanziamo alcuna richiesta nei confronti dello Stato”. A parte un breve periodo di latitanza, Cutolo è in carcere da 54 anni: “Credo fermamente che oltre a Cirillo, - dice la Iacono, parlando ancora del marito - abbia provato a liberare anche l’onorevole Moro e credo ancora più fermamente che la politica sia più sporca della camorra. O come diceva Raffaele un tempo: tutte le camorre portano a Roma”. La moglie del boss ha rilasciato queste dichiarazioni poche ore dopo la scomparsa di Ciro Cirillo, ex assessore e presidente regionale della Democrazia Cristiana che, nell’aprile dell’81, fu sequestrato dalle Brigate Rosse e rilasciato dopo 89 giorni grazie all’intervento dello stesso Cutolo. “A me - continua la Iacono - che sia morto Cirillo dispiace, umanamente parlando, dico, ma credo che la sua scomparsa non possa avere alcuna conseguenza circa l’accoglimento della grazia per mio marito. Io non credo venga mai accolta. Come credo che non ci sia bisogno di svelare un segreto depositato da un notaio per una verità ormai chiara a tutti da anni”.
Quanto a una trattativa che sarebbe avvenuta tra Stato e Nuova Camorra Organizzata, prima ancora di quella tra Stato e mafia, la Iacono aggiunge che della sua esistenza “non lo dico io, per quanto riguarda Cirillo lo dicono gli atti processuali. Ho seguito i processi, ho letto e riletto tutti gli incartamenti. E’ alquanto palese. Non avrei mai potuto avere invece accesso ai famosi documenti né tantomeno a Raffaele sarebbe venuto in mente di coinvolgermi in cose che esulassero dal nostro rapporto d’amore. L’unica cosa che mi ha legato e mi lega a lui. Riguardo invece a Moro, so quello che la maggior parte degli italiani conosce sulla tragica sorte del presidente della Dc. A quei tempi Raffaele era uno dei pochi, se non l’unico che avrebbe potuto agire per la liberazione di Moro e do per scontato che sia stato contattato da esponenti dello Stato, dei servizi o di come vogliamo chiamarli, ma alla fine il male ha avuto la meglio”.
A proposito del rapporto tra il marito e la figlia, la Iacono afferma che quest’ultima “per Raffaele resta l’unica speranza. Come resta l’unica speranza per me. Una volta dicevo di vivere solo per Raffaele, adesso prima di Raffaele c’è lei e va difesa. Soltanto io e lei possiamo andare a fargli visita e per pochi minuti due volte al mese”. “Io e il padre - prosegue - vogliamo per lei una vita distante anni luce da quella maturata per le scelte di Raffaele. Una vita diversa, ma è sempre più difficile perché il mondo è sporco, veloce e temo che presto possa apprendere il passato del suo papà. Dove si trovi realmente e il perché. Io ho provato a spiegarle, con le parole semplici e ingenue che una madre dice alla figlia per rendere concetti complicati, che il padre si trova lontano perché ha litigato con una persona. Le racconto un aneddoto che può aiutare a fare chiarezza anche circa la fragilità e la natura estremamente sensibile della bimba. In occasione di un colloquio a Parma, dove Raffaele è attualmente recluso, la bimba ha chiesto al padre: perché non chiedi scusa alla persona con cui hai litigato, così torni a casa? Lui ha risposto: non posso, quella persona è morta. Per due giorni, dopo il colloquio, mia figlia non ha proferito parola”.

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