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dia campaniadi Francesca Mondin

Una Camorra “multiforme e complessa, difficile da inquadrare in una definizione unitaria” dove giovanissimi e donne continuano ad acquisire potere. Una mafia che gode anche all'esterno della regione di una forte capacità d'infiltrazione nel sistema imprenditoriale e politico. La Relazione del 1°semestre 2016 della Direzione Investigativa Antimafia conferma la mancanza di unità emersa lo scorso anno. Da una parte assistiamo a violenze quasi quotidiane e sparatoie cruente tra gruppi che “sembrano aver assunto una struttura 'pulviscolare' che ne accentua le conflittualità”. Sodalizi “la cui 'sopravvivenza' è spesso molto breve” capitanati da giovanissimi “che iniziano a delinquere dalla prima adolescenza, concludendo spesso la loro parabola criminale poco più che maggiorenni, a seguito di azioni sanguinarie”. Un fenomeno che interessa principlamente il capoluogo campano, la “zona del centro, nell’area settentrionale ed orientale e in alcuni comuni a ridosso della città di Napoli” dove “si continuano, infatti, a registrare un elevato numero di omicidi, ferimenti ed atti intimidatori, sintomatici della persistenza di molteplici focolai di tensione e di uno scenario criminale disomogeneo, con dinamiche significativamente diverse rispetto a quelle delle altre province”.
Dall'altra parte, assistiamo ad un'altra espressione della Camorra “rappresentata da clan più strutturati che, limitando il ricorso ad azioni violente lascerebbero la gestione delle attività esecutive a gruppi satellite, per dedicarsi ad attività criminali di più alto profilo, quali il riciclaggio e il reimpiego di denaro di provenienza illecita”.
Infiltrandosi ed inquinando così i settori imprenditoriali e commerciali fin ad arrivare “alle truffe ai danni dello Stato” godendo della “collaborazione, anche fuori Regione, di soggetti collusi inseriti in ambienti istituzionali ed imprenditoriali”. 
Diversamente da quanto registrato nel napoletano, il vuoto di potere lasciato dalla decapitazione dei vertici dei sodalizi “in territorio casertano non avrebbe tuttavia posto le premesse per caotiche dinamiche conflittuali”.  

La rete di collusione con Imprenditoria e istituzioni
Il radicamento e la capacità di “rigenerarsi” della criminalità organizzata è agevolata, scrive la Dia, “da un contesto territoriale depresso, dagli ingenti patrimoni a disposizione” ma anche  “dalla rete di relazioni intessute nel tempo con esponenti collusi della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria locale”.
Ed a testimonianza di queste collusioni la Dia riporta una serie di investigazioni riguardanti in particolare la provincia di Caserta che vedono il coinvolgimento di “amministratori e funzionari, tutti espressione di una parte della classe dirigente accomunata da obiettivi di arricchimento personale e disponibile, per questo, ad intrecciare rapporti con la criminalità organizzata”.
Questo rapporto si realizzerebbe quindi nell “ ’illecita concessione di autorizzazioni, licenze e varianti urbanistiche; con l’omissione dei controlli e con l’imposizione di assunzioni, di affidamenti di incarichi di progettazione, di lavori e manutenzioni, fino all’aggiudicazione della gara all’impresa camorrista” dove “la linea di tendenza è quella di attuare il cosiddetto “metodo del tavolino”, che consiste nel programmare una rotazione illecita degli appalti pubblici” .
Dalle dichiarazioni di un pentito emerge anche “una sorta di 'pacchetto' di assistenza” offerto agli imprenditori dal camorrista di turno. In pratica il pacchetto “comprende la difesa da richieste estorsive da parte di altre famiglie camorriste e l’intervento nei confronti di funzionari ed amministratori comunali nel caso dovessero tentare di rallentare, anche a seguito di controlli legittimi, l’esecuzione dei lavori”. E così “il sodalizio diventa una sorta di 'associato in partecipazione occulta' dell’impresa, nella quale conferisce, al posto del denaro, la forza di intimidazione”.

Oltre i confini campani
Se i gruppi di giovanissimi rispecchiano delle aggregazioni “prive di consistente identità criminale” i clan invece più strutturati sono riusciti a “proiettandosi fuori Regione e all’estero” riuscendo anche ad affermarsi “nei grandi traffici di stupefacenti, nel riciclaggio e nel reimpiego di capitali illeciti attraverso sofisticati meccanismi societari e finanziari”.
Per quanto interessa il territorio nazionale oltre a confermare la presenza ormai radicata in Liguria, Lazio, Basilicata e Toscana, la relazione Dia rileva un'interesse non indifferente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto. Una presenza però silenziona, ben diversa dal contesto campano: “nell’operare fuori la Campania – spiega infatti la Dia - i clan privilegiano un modus operandi che li vede protagonisti di intese affaristico-mafiose”.
Spagna e Germania sono i due paesi europei dove si registrano le più importanti presenze di affiliati a clan campani ma anche l'Europa dell’est (Romania e Paesi dell’area balcanica) è un terreno d'interesse per contrabbando e reinvestimento di capitali illeciti.
Per quanto riguarda il traffico di stupefacenti invece “oltre alla Spagna ed all’Olanda, tra i Paesi interessati figurano la Turchia, l’Ecuador, la Colombia e il Venezuela”. La Dia conferma “un forte dinamismo della camorra” in questo settore “con l’inserimento nei grandi flussi della droga di provenienza sudamericana e nordafricana”. Business che rientra “tra le principali fonti di finanziamento”. Su questo come su altri fronti si registra un intensificarsi “di forme di cooperazione criminale tra clan camorristici ed articolazioni della ‘ndrangheta e di consolidate relazioni affaristiche con narcotrafficanti stranieri, facilitate dal trasferimento all’estero di pregiudicati campani”.

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