Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

bidognetti-francesco-2di Emiliano Federico Caruso - 22 luglio 2015
In seguito a un provvedimento del tribunale di Santa Maria Capua Vetere gli agenti della Dia di Napoli e i carabinieri di Caserta hanno appena sequestrato beni per 8 mln di euro all’avvocato Michele Santonastaso, sotto forma di autorimesse, ville, automobili, quote societarie, terreni, uno studio a Napoli, un credito di 300 mila euro nei confronti della società immobiliare Azzurra (della quale Santonastaso deteneva anche quote societarie) e 26 rapporti finanziari del valore di 184mila euro, intestati ai figli Irene, Claudio, Daniele Alberto, Giuseppe e alla moglie Teresa Arena.

Ma Santonastaso ha un curriculum di reati ben più imponente, legato a doppio filo ai clan dei Casalesi. Perché Santonastaso non è un avvocato qualsiasi, di quelli che la legge la fanno rispettare, è l’ex legale di Francesco Bidognetti, uno dei nomi più famosi e pericolosi tra i clan di Casal di Principe, uno dei primi boss a capire che il futuro della Camorra era negli appalti truccati, nelle estorsioni, nelle bische e nello smaltimento illegale dei rifiuti, prelevati da zone del centro e nord Italia e poi fatti sparire nella campagne di Caserta e Napoli. Un clan talmente potente da arrivare fino al nord Italia e in grado di influenzare abilmente le amministrazioni comunali, in un sodalizio necessario soprattutto per gli appalti edilizi e per la gestione dei rifiuti, spesso collegati: il cemento, infatti, veniva di frequente mischiato ai rifiuti da smaltire, oppure questi venivano direttamente scaricati nelle cave dalle quali era stato prelevato il materiale da costruzione.

Lo stesso Bidognetti, che nel poco tempo libero che gli concedeva l’attività criminale era anche il braccio destro di Francesco «Sandokan» Schiavone, vanta un curriculum criminale dei peggiori. Arrestato il 18 dicembre 1993 e recluso con il 41bis (regime di carcere duro) Bidognetti, detto Cicciotto ‘e mezzanotte, riesce comunque a ordinare l’omicidio del medico Gennaro Falco, colpevole, a detta del Cicciotto, di non aver diagnosticato una malattia alla prima moglie Teresa Tamburrino. Omicidio per il quale verrà arrestato uno dei figli di Bidognetti, Raffaele. Passano alcuni anni, e nel 2007 viene arrestata la compagna di Bidognetti, Anna Carrino, che decide poco dopo di iniziare a collaborare: fa nomi e cognomi, spiega collegamenti e meccanismi, fornisce dati in quantità tale da permettere un grosso passo in avanti alle inchieste che circondano Cicciotto ‘e mezzanotte. Appena un anno dopo, in seguito alle dichiarazioni della Carrino, vengono emesse 52 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di affiliati al clan dei Casalesi (tra i quali Raffaele Bidognetti). Ordinanze che si inseriscono nel famoso Processo Spartacus, durante il quale, nel 2008, Francesco Bidognetti e Antonio «o’ Ninno» Iovine, altro boss di Casal di Principe,  faranno leggere in aula dal loro avvocato una lettera di minacce nei confronti dello scrittore Roberto Saviano, della giornalista Rosaria Capacchione e dei magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho. In seguito al processo Antonio Iovine viene condannato all’ergastolo, ma in contumacia, perché nel frattempo si è reso latitante già da un paio d’anni. Verrà arrestato il 17 novembre 2010. Ergastolo confermato, tra gli altri, anche per Francesco Bidognetti, mentre nel 2014, per l’episodio delle minacce, viene condannato a un anno Michele Santonastaso, pena poi sospesa. Perché fu proprio lui, avvocato di Bidognetti e Iovine, a leggere in aula nel 2008 la famosa lettera dei due boss, e verrà anche condannato a risarcire i danni all’Ordine dei giornalisti della Campania, costituitosi parte civile, a Rosaria Capacchione e a Roberto Saviano.

Già accusato di essere l’intermediario tra i boss in carcere e i casalesi sul territorio, l’intraprendente avvocato vanta anch’esso un pesante curriculum criminale: arrestato nel 2010 per corruzione, falsa perizia e falsa testimonianza, viene raggiunto da una seconda misura cautelare l’anno successivo per corruzione in atti giudiziari, associazione a delinquere di tipo camorristico e induzione a non rilasciare dichiarazioni ai magistrati. Il tutto aggravato  dal fatto di aver con ciò agevolato il clan Cimmino di Vomero, il clan La Torre di Mondragone, e la fazione Bidognetti del clan dei Casalesi. Fino al 2014 quando, oltre alla condanna di un anno per la famosa lettera (fu l’unico condannato per l’episodio), si prese anche 11 anni per associazione camorristica e favoreggiamento, venendo però assolto dalle accuse di falsa perizia e corruzione in atti giudiziari. Fino al sequestro recente degli 8 mln di euro in beni e alla conseguente condanna a una misura preventiva di sorveglianza speciale, con obbligo di dimora della durata di 4 anni.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos