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schiavone-carmine-skytg24di AMDuemila - 22 febbraio 2015
E' morto questa notte in un ospedale nel Vitebese Carmine Schiavone, ex boss dei Casalesi, a lungo collaboratore di giustizia. L’ex boss – che aveva iniziato a collaborare con la Dda di Napoli nel 1993 e ritenuto attendibile dalla Direzione nazionale antimafia almeno fino al 2010 – era ricoverato da alcuni giorni per le conseguenze di una caduta nella sua residenza per la quale si era resa necessaria un'operazione.

La causa della morte non è ancora stata chiarita, forse un infarto. Quando iniziò la sua collaborazione le sue deposizioni furono determinanti per il maxiblitz che portò a 136 arresti di affiliati al clan, operazione da cui derivò il processo «Spartacus». Anche qui le dichiarazioni di Schiavone furono al centro delle accuse. Al termine del processo furono condannati il cugino Francesco Schiavone detto Sandokan, Michele Zagaria e Francesco Bidognetti, ritenuti la cupola del clan. Con loro furono condannate altre 30 persone.
Nel 2013 Schiavone aveva rilasciato alcune interviste in cui per la prima volta pubblicamente, ricostruiva gli accordi tra clan dei Casalesi e pezzi della politica e dell’imprenditoria per lo sversamento illegale di rifiuti pericolosi in Campania. Notizie che aveva in buona parte già fornito all'autorità giudiziaria tra il 1993 ed il 1997. 
Depose anche davanti alla Commissione parlamentare sulle ecomafie, presieduta da Massimo Scalia, nell’ottobre del 1997.
“All'epoca – si legge nel verbale – tenevo ancora il relativo registro (la cassa del clan, ndr) in cui figurava che per l'immondizia entravano 100 milioni al mese, mentre poi mi sono reso conto che in realtà il profitto era di almeno 600/700 milioni al mese”. E in quelle discariche arrivava di tutto. “Dalla Germania arrivavano camion che trasportavano fanghi nuclerari – aggiunge Schiavone - Vi erano fusti che contenevano tuolene, ovvero rifiuti provenienti da fabbriche della zona di Arezzo: si trattava di residui di pitture”. Ma i camion venivano anche dall'Italia, “da Massa Carrara, da Genova, da La Spezia, da Milano. So che da quest'ultima c'erano delle grosse società che raccoglievano rifiuti, anche dall'estero, rifiuti che poi venivano smaltiti al Sud”. Schiavone raccontava che “Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso: non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli, a loro, se la gente moriva o non moriva? L'essenziale era il business. So per esperienza che, fino al 1991, per la zona del Sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall'Italia”. Un sistema che sarebbe stato adottato “nel Salento, ma sentivo anche parlare delle province di Bari e di Foggia”. In quella occasione l'ex boss aveva fornito l’elenco completo degli automezzi – con targhe e nomi degli autisti – utilizzati tra la fine degli ’80 e l’inizio degli anni ’90. I verbali di quell'audizione furono desecretati proprio nel 2013. La sentenza senza appello pronunciata dall'ex boss riguardava tanti centri del Casertano, "gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita". Secondo le sue conoscenze i rifiuti radioattivi "dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi ci sono le bufale e su cui non cresce più erba". Fanghi nucleari, riferiva, arrivavano su camion provenienti dalla Germania. Nel business del traffico dei rifiuti, secondo il pentito, erano coinvolte mafia, 'ndrangheta e Sacra Corona Unita. L'ex  collaboratore di giustizia aveva fatto anche alcuni nomi, di persone che avrebbero gestito insieme a esponenti della camorra, il traffico di rifiuti verso le province di Lecce e Brindisi. Inoltre, nel verbale del 1997, parla anche delle navi dei veleni (“So che c'erano navi e che qualcuna è stata affondata nel Mediterraneo […] Ricordo che una volta si parlò di una nave che portava rifiuti speciali e tossici, scorie nucleari, che venne affondata sulle coste tra la Calabria e la Campania”) e della massoneria. Una montagna di veleni che hanno inquinato ed inquinano la nostra bella Italia uccidendo la vita, presente, passata e futura. Schiavone aveva, tra l’altro, raccontato l’attività criminale dei clan nella zona del basso Lazio, tra la provincia di Latina e quella di Frosinone, indicando la discarica di Borgo Montello – ad una cinquantina di chilometri da Roma – come uno dei luoghi degli sversamenti di scorie pericolose da parte del cartello dei Casalesi. Da diversi anni viveva in una località protetta nell’alto Lazio, insieme ad un figlio e alla moglie, con una nuova identità. Aveva concluso da qualche anno il programma di protezione e, nel luglio del 2013, aveva terminato di scontare la reclusione domiciliare.

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