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di AMDuemila
Duro colpo della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dello Sco all’élite delle cosche di primo piano della ‘Ndrangheta partendo dai De Stefano-Tegano, per passare ai Libri e arrivare ai vertici dei Molinetti. Sono ben 21 le persone arrestate quest’oggi nell’operazione denominata “Malefix”, coordinata dalla procura antimafia di Reggio Calabria, tra Reggio Calabria, Milano, Como, Napoli, Pesaro, Urbino e Roma. Tra gli esponenti più rilevanti delle cosche arrestati, c’è anche il giovane boss Giorgietto De Stefano, figlio di don Paolo, il "Malefix" compagno di Silvia Provvedi, del duo "Le Donatella", ex di Fabrizio Corona, che ha partorito da pochi giorni. Giorgio De Stefano era in pianta stabile a Milano dove vestiva i panni di un rampante imprenditore e figurava fra i proprietari del noto ristorante "Oro" frequentato da vip e calciatori. E’ finito anche sotto i riflettori vista la relazione con la Provvedi che è stata anche concorrente del Grande Fratello Vip e giornali di gossip facevano a gara per immortalarli mano nella mano, anche se inizialmente il giovane boss ha sempre cercato di rimanere nel mistero. I due hanno appena avuto una figlia, Nicole, di cui mamma e zia annunciano la nascita su Instagram. La Provvedi quando era concorrente nel programma di Canale 5 chiamava il suo compagno “Malefix”, mentre Giorgio De Stefano organizzava passaggi aerei sulla casa per manifestarle il suo amore. E proprio di lui, la Provvedi diceva che “è una persona molto speciale". Come si legge nell’ordinanza la relazione fra Giorgio De Stefano e Silvia Provvedi incuteva delle preoccupazione nella cosca, visto che esponeva sotto i riflettori il giovane boss. "Giorgio De Stefano e Alfonso Molinetti si intrattenevano in ulteriori dialoghi di straordinaria valenza probatoria. - si legge nell’ordinanza - L'anziano sodale ammoniva il giovane delfino dei De Stefano alla massima cautela, sollecitandolo, tra le righe, ad una minore ostentazione dei propri beni e ad uno stile di vita meno appariscente (…). Si trattava di un monito tutt'altro che casuale, non sfuggendo all'esperto Molinetti che il risalto mediatico con delle frequentazioni e delle relazioni coltivate dal De Stefano nel capoluogo lombardo, mal si conciliava con l'approccio ben più riservato che di regola si addice agli esponenti apicali della 'Ndrangheta". Sempre all’interno dell’ordinanza c’è un'informativa della Squadra Mobile di Reggio Calabria del 3 marzo 2020 dove sono annotate conversazioni "nel corso delle quali Salvatore Giuseppe Molinetti, Antonio Randisi e Alfonso Molinetti discutevano della relazione intrattenuta da Giorgio De Stefano con Silvia Provvedi, indicandola come una delle due sorelle 'che ballano nella televisione', e delle sue frequentazioni con altri personaggi di grande notorietà mediatica".

La scissione dei Molinetti
Se da un lato Giorgio De Stefano si presentava come un giovane imprenditore, dall’altro era chiamato a far rispettare le regole dentro la sua cosca. Infatti, gli investigatori della Polizia, grazie al monitoraggio di alcuni summit tra le cosche, sono riusciti a ricostruire il tentativo di scissione della famiglia facente capo a Luigi Molinetti dalla casa madre dei De Stefano, storicamente egemone anche nel centro di Reggio Calabria. Secondo quanto emerso dalle indagini, c’era la volontà del boss Gino Molinetti e dei figli di rendersi autonomi e la ragione della scissione nasceva dal malcontento del gruppo per l'iniqua spartizione dei proventi estorsivi, il mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici nell'organizzazione, la mancata elargizione di prebende che pretendevano in virtù degli anni di fedeltà e dedizione alla cosca, e nell'avversione alle pretese espansionistiche dei Molinetti sul locale di Gallico. La tensione tra le rispettive famiglie e quindi il timore che si potesse degenerare in una separazione, secondo gli inquirenti, avrebbe indotto i fratelli Carmine e Giorgio De Stefano ad investire della questione Alfonso Molinetti, fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli. Secondo le indagini Molinetti, nonostante da ergastolano fosse in semilibertà e lavorasse come cuoco per la Caritas in Campania, ha accettato di svolgere un ruolo che gli inquirenti ritengono "strategico". Durante le conversazioni tra l'emissario della cosca De Stefano, Giorgio De Stefano, e Alfonso Molinetti, il primo ha invitato i figli di Gino Molinetti a seguirlo a Milano "perché c’è tanto da fare". Per gli inquirenti un chiaro segnale che la ‘Ndrangheta sta spostando anche l'ala militare verso le regioni del Nord, dove minore è la pressione investigativa delle procure antimafia. Diversi gli episodi di estorsione e tentata estorsione documentati dall'indagine, come l'estorsione ai danni dei fratelli Berna, già coinvolti nell'operazione "Libro Nero", o la tentata estorsione alla ditta impegnata per il completamento del Palazzo di Giustizia e il parcheggio multipiano, fino alla ditta delle pulizie presso gli ospedali Riuniti di Reggio Calabria.

Gli attriti tra i De Stefano-Tegano e Libri
Dall’inchiesta sono anche emersi i forti attriti tra le cosche De Stefano-Tegano e Libri. Infatti, dalle indagini viene fuori che ciascun gruppo raccoglieva le estorsioni secondo prassi che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Antonio Libri, che per gli investigatori aveva assunto le redini dell'omonima cosca dopo l'arresto dei capi, aveva saputo che in occasione delle festività natalizie del 2017 era stata raccolta da Carmine e Giorgio De Stefano una consistente somma di denaro, nell'ordine di alcune migliaia di euro, senza che nulla venisse corrisposto ai Libri. L'episodio riguardava un noto imprenditore della ristorazione, titolare anche di alcuni locali di intrattenimento. Secondo gli investigatori Antonio Libri aveva quindi informato Orazio Maria De Stefano, esponente di vertice dell'omonima famiglia, ed altri esponenti dei Tegano, organizzando con alcuni di loro un summit per definire nuove e congiunte modalità estorsive e la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie - una sorta di commissione tecnica - con l'obiettivo di evitare sovrapposizioni e fraintendimenti e provvedere ad un efficiente sistema di rastrellamento estorsivo lungo tutto l'asse del centro cittadino di Reggio Calabria, organizzando anche l'imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività.
"L'operazione 'Malefix' contro la cosca De Stefano che ha portato agli arresti dei vertici della più potente famiglia di 'Ndrangheta di Reggio Calabria, ha disinnescato una pericolosa deriva di violenza in città ed in altre parti d'Italia" ha commentato l’operazione il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri illustrando i particolari dell'indagine. "Una nitida fotografia - ha proseguito Bombardieri - delle dinamiche interne, i criteri degli accordi spesso messi in discussione da Gino Molinetti, che sottolinea l'asfissiante controllo del territorio e le pressioni costanti contro gli operatori economici. Come evidenziato dalle risultanze, importanti operatori economici, conduttori o proprietari di rinomati locali di ristorazione e bar, con il loro comportamento remissivo, ritengono che pagare più tangenti a clan diversi sia male necessario in cambio di sicurezza per le attività”. Il magistrato ha posto in evidenza il ruolo di Giorgio De Stefano, fratello di Giuseppe, Carmine e Dimitri, tutti figli di Paolo De Stefano, che nonostante la giovane età, interloquisce con Alfonso Molinetti per indurlo a "richiamare" il fratello Gino e i suoi figli a "non allargarsi troppo", a non assumere iniziative non concordate con i vertici dei De Stefano in nome di un'antica amicizia e perchè "abbiamo tante potenzialità, senza dover litigare". Oggetto dello scontro imminente tra i due tronconi destefaniani, l'attività espansionistica di Gino Molinetti e dei suoi figli verso i quartieri Gallico e Gebbione con l'apertura di iniziative commerciali senza prima "tenere conto" dei capi locale e informare Carmine De Stefano. Tutti elementi che inducono anche i vertici della cosca Libri, alleata dei De Stefano, ad intervenire su Carmine De Stefano preoccupati "perchè a momenti qui parte la galera". I De Stefano, infatti, "considerano da sempre Gallico come propria diretta emanazione - ha detto Bombardieri - un affronto che i Molinetti non devono portare avanti, ed esprimono il loro allarme attraverso Giorgio De Stefano, personaggio molto noto della movida reggina e milanese, nell'incontro che questi ha con Alfonso Molinetti". "Il più anziano dei Molinetti - ha detto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine della Polizia - accetta le rimostranze di Giorgio De Stefano, e convoca il fratello Gino esprimendogli la pericolosità dei suoi atteggiamenti, sottolineando l'unicità della cosca De Stefano e invitandolo a riconsiderare il suo operato. Un consiglio non particolarmente gradito dal più giovane e da un altro esponente destefaniano della prima ora, Antonio ‘Totuccio’ Serio, come Alfonso Molinetti". "Due episodi che rendono l'aria incandescente - ha spiegato il capo della Squadra mobile Francesco Rattà - riguardano l'estorsione plurima a Carmelo Crucitti, gestore del B'Art, il bar del Teatro comunale, e del ristorante 'Luna Ribelle', e l'iniziativa di Gino Molinetti di avviare l'apertura di una pescheria nel quartiere 'Gebbione', un locale di ‘Ndrangheta gestito dai Labate 'ti mangiu', senza prima avvisare la cosca di riferimento. Nel primo caso tutto viene risolto con l'intervento di Carmine De Stefano. Sulla pescheria, invece, i Labate si lamentano con i De Stefano".

Foto © Imagoeconomica

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