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di Davide de Bari
Da anni gli addetti ai lavori spiegano che la ‘Ndrangheta, ormai presente in tutto il globo, detiene il “monopolio” del traffico internazionale di stupefacenti. Il dato è confermato anche nell’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia, presentata nei giorni scorsi in Parlamento, che sottolinea come ciò sia possibile soprattutto grazie agli stretti rapporti tra la criminalità organizzata calabrese ed i narcos del Sud e del Centro America.

‘Ndrangheta globalizzata
Sfruttando le “maglie larghe dei sistemi normativi” che, purtroppo, all’estero contro la criminalità organizzata sono quasi assenti la ‘Ndrangheta si è riuscita ad insediare in diversi Paesi sviluppando, nel corso degli anni, "una vocazione economico-imprenditoriale proiettata verso ambiti delinquenziali sempre più raffinati” in grado di “contaminare i più lucrosi settori dell’economia mondiale, alterando il libero mercato con posizioni monopolistiche su interi settori, come - solo per fare qualche esempio - quello edilizio (funzionale all’accesso ai più importanti appalti pubblici), del ciclo dei rifiuti, immobiliare e dei giochi”.
Secondo gli analisti “l’attuale disomogeneità legislativa esistente fra i vari Paesi Europei favorisce l’infiltrazione delle mafie nel mondo dell’economia e della finanza, ulteriormente avvantaggiate dall’integrazione dei mercati, dalla liberalizzazione dei movimenti di capitali, dalle potenzialità offerte dalle reti telematiche, nonché dallo sviluppo dell’intermediazione finanziaria anche attraverso circuiti alternativi”. Inoltre, il “disallineamento normativo” complica “operare sequestri di beni mafiosi fuori dal territorio nazionale ed è per questo che la ‘ndrangheta investe e compra tutto ciò che può, ovunque si presenti l’occasione”.
Ma la ‘Ndrangheta da dove prende la sua “forza imprenditoriale”? Secondo gli investigatori della DIA “fa leva sulle ingenti risorse economiche di cui dispone (a far data dalla stagione dei sequestri di persona, terminata solo a seguito dell’approvazione della legge n. 82/1991 sul cd. ‘blocco dei beni’ delle famiglie degli ostaggi), in costante aumento grazie alla crescita dei traffici transnazionali di stupefacenti”.

Le vie della droga
La Dia, a proposito del traffico di droga, registra il fatto che nell’ultimo anno nel porto di Gioia Tauro (“privilegiato per l’ingresso della cocaina proveniente dal Sud America in Europa”) c’è stato un “significativo calo dei sequestri di stupefacenti”. E che tale primato, fino al 2018, “si era andato affievolendo a favore di altri terminal del Mediterraneo e del Nord Europa, verosimilmente a causa dell’aumento, rispetto agli anni precedenti, dei controlli svolti nei porti dei Paesi di provenienza da parte delle Autorità locali”.

Da dove partono gli stupefacenti?
Come dimostrato da diverse inchieste il grosso della droga spedita in Europa parte dal Sudamerica dove la ‘Ndrangheta ha mostrato la capacità di relazionarsi direttamente con i cartelli locali. Le rotte utilizzate, spiegano gli analisti, sono quelle che "passano per i Paesi latino-americani, quali Cile, Ecuador, Venezuela, Brasile e Repubblica Dominicana e, una volta in Europa, attraverso la Spagna e l’Olanda”. Nello specifico, riguardo i rapporti tra i narcos messicani e la ‘Ndrangheta, la Dia evidenzia il fatto che è proprio quest’ultima, rispetto alle altre mafie, ad aver sfruttato l’enorme traffico di merci del porto di Gioia Tauro (RC), trasformando l’Italia in uno snodo strategico per il traffico di cocaina in Europa. Infatti, attività investigative hanno accertato come le cosche jonico-reggine si sono consorziate per finanziare ingenti importazioni di cocaina e, attraverso propri rappresentanti negli Stati Uniti, hanno stretto accordi con i trafficanti messicani del ‘Cartello del golfo’ per la fornitura di cocaina in Europa, facendola transitare dalla Calabria”. Inoltre, i rapporti “tra i sodalizi messicani e le organizzazioni criminali di tipo mafioso italiane sono confermati da numerose operazioni eseguite nel corso degli anni, che hanno testimoniato il ruolo del Paese centroamericano quale leader nella origine di traffici di stupefacenti (in particolare cocaina) verso l’Italia, nonché quale luogo di elezione per la latitanza”.
Il report della Dia certifica anche la presenza della criminalità organizzata calabrese in altre nazioni del Sudamerica: e a conferma delle proiezioni nei Paesi latino-americani, si cita la fuga dal carcere ‘Central’ di Montevideo, nel mese di giugno 2019, del boss Morabito Rocco, esponente di spicco della cosca Morabito. "Nel precedente mese di marzo, il Tribunale Penale di Appello dell’Uruguay aveva confermato la sua estradizione verso l’Italia - scrive la Dia - L’uomo venne catturato nel mese di settembre 2017 a Punta del Este (Uruguay) dalla locale Polizia in stretta collaborazione info-investigativa con i Carabinieri e la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Dipartimento della P.S”. Anche in Brasile la ’Ndrangheta è presente come ha dimostrato l’operazione, nel luglio 2019, che ha portato alla cattura di un latitante "ritenuto tra i maggiori fornitori di droga in Italia, al servizio della ‘ndrangheta e contiguo al locale di Volpiano (TO) e alle cosche di Gioiosa Jonica e di Platì”.

Il Nord America infiltrato
Anche il Nord America non è esente dall’infiltrazione mafiosa. In Canada, dal punto di vista giudiziario, nel febbraio 2019 la “Superior Court of Justice dell’Ontario ha condannato un sodale degli Ursino ad 11 anni e mezzo di reclusione per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, e per possesso di proventi illeciti riconoscendo, per la prima volta, la struttura gerarchico mafiosa della ‘ndrangheta calabrese con ramificazioni in Canada. In particolare, nella sentenza si legge che ‘… al di fuori della Calabria, in Europa e a livello internazionale, compreso il Canada, vi sono affiliati e strutture della ‘ndrangheta. Tutte queste strutture al di fuori della Calabria fanno parte della medesima organizzazione unificata della ‘ndrangheta con un centro operativo in Calabria…’”. Un altro dato importante che emerge dalla relazione è la presenza della ‘Ndrangheta anche negli Stati Uniti, in quanto "referente privilegiato dei cartelli sudamericani del narcotraffico”.

L’Europa invasa
Per quanto concerne i Paesi Europei il quadro disegnato dalla relazione è desolante.
La criminalità organizzata calabrese, storicamente presente in Germania, si è sviluppata anche in altri Stati Ue. Tra questi vi è il Belgio che "costituisce uno dei principali poli di interesse delle cosche calabresi, in particolare di quelle ionico-reggine, risultate ben inserite nei settori economici ed imprenditoriali del Paese". Qui “le consorterie calabresi hanno mostrato una particolare inclinazione a stabilirsi in determinate aree come, ad esempio, le zone di Mons e Charleroi (prossime al confine francese) e quelle di Liegi - Limburg (presso il confine olandese) luoghi in cui, sfruttando la storica presenza di comunità di immigrati dall’Italia, è stato possibile agevolare la latitanza di pericolosi criminali italiani”.
In Olanda “la ‘Ndrangheta ha assunto un ruolo di rilievo proprio con riferimento al settore degli stupefacenti, in relazione al quale non solo organizza gran parte della logistica, ma da cui ottiene importanti capitali che vengono reinvestiti e impiegati per gestire la latitanza di elementi di spicco dell’organizzazione”. In Svizzera, negli ultimi anni, le indagini hanno mostrato “che in alcune aree elvetiche la ’Ndrangheta ha espresso un controllo diretto delle attività economiche, mantenendo i contatti con l’organizzazione in Calabria”.
Ma gli interessi criminali arrivano fino alla vicina Malta dove Cosa nostra e ‘Ndrangheta sfruttano maggiormente le opportunità offerte dal settore delle scommesse illegali.

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