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reggio calabriadi Davide de Bari
"Saldamente leader nei grandi traffici di droga"

“Le Istituzioni, a qualunque livello, ma anche la comunità intera devono avere ben chiara la portata del fenomeno” della ‘Ndrangheta, “spogliandosi del negazionismo fin qui sostenuto ed acquisendo consapevolezza della presenza delle ‘ndrine ormai ovunque”. E’ questo l’allarme lanciato dalla Dia (Direzione Investigativa Antimafia) in uno dei passaggi della relazione del primo semestre (gennaio-giugno) 2019 presentata al Parlamento riguardo la criminalità organizzata calabrese. Come già evidenziato negli anni passati tra le caratteristiche della criminalità organizzata calabresi vi è la capacità di muoversi in modo “silente” con una “viva vocazione affaristico imprenditoriale, saldamente leader nei grandi traffici di droga” che continua ad acquisire “‘forza' e ‘prestigio', anche a livello internazionale”. Secondo il rapporto “l’efficacia” della ‘Ndrangheta è da ricercare soprattutto nella sua “struttura organizzativa a base familiare, compatta dall’interno e per questo meno esposta al fenomeno del pentitismo”. Un’organizzazione apparentemente “arcaica” ma “moderna nelle strategie”, capace “di creare e rafforzare sempre di più i propri vincoli associativi interni, creando seguito a consenso soprattutto nelle aree a forte sofferenza economica, ma allo stesso tempo - hanno scritto gli investigatori della DIA - in grado di adattarsi alle evoluzioni del contesto esterno, nazionale ed internazionale”.

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La modernizzazione
La ‘Ndrangheta, dunque, è riuscita ad evolversi stando al passo “con i fenomeni di progresso e globalizzazione, anche grazie alle giovani leve che vengono mandate fuori Regione a istruirsi e formarsi per poi mettere a disposizione delle ‘ndrine il bagaglio conoscitivo accumulato”. La svolta della 'Ndrangheta, secondo la Dia, non è giunta per caso, ma grazie alla capacità di "intuire le opportunità offerte dai Paesi dell’Est europeo, come dimostrano alcune recenti evidenze investigative che hanno fatto luce sugli investimenti in diverse aree anche grazie ai fondi strutturali dell’Unione europea. Nelle altre regioni d’Italia e all’estero la ‘Ndrangheta replica i propri modelli di origine, ribadendo i valori fondativi delle consorterie, facendo leva sui mai tramontati vincoli tradizionali: il santino di San Michele Arcangelo parzialmente combusto, rinvenuto nella tasca del neo diciottenne di San Luca, ucciso a Duisburg nella tragica notte di Ferragosto del 2007, ne è l’emblema".
Inoltre, secondo la relazione bisogna considerare che “le consorterie criminali calabresi sono abili nel creare seguito soprattutto fra quelle persone in cerca di riscatto sociale, le cui condizioni di vita li spingono a schierarsi, piuttosto che con lo Stato (le cui risposte, talvolta imbrigliate da lungaggini e meccanismi burocratici, tendono ad essere incomplete, intempestive e comunque non satisfattive), con la ‘Ndrangheta che, invece, apparentemente, crea ricchezza, risolve i problemi e non abbandona i suoi adepti”. Si tratta di “aspettative effimere e di breve durata, di cui sono ben consapevoli migliaia di vittime, molte delle quali, dopo aver intravisto possibilità di arricchimento attraverso l’interlocuzione con la ‘Ndrangheta, hanno perso ben più di quello che avevano”.

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I rapporti con le altre organizzazioni
La relazione ha rilevato che le “più recenti investigazioni hanno dato prova di come le ‘ndrine riescano a relazionarsi egualmente con le altre organizzazioni criminali del Sud o del Centro del Paese”. Non solo. Anche con “interlocutori di diversa estrazione sociale, siano essi politici, imprenditori o figure professionali in ogni caso utili ai tornaconti delle cosche. In tal modo esprime un radicato livello di penetrazione nel mondo politico ed istituzionale, ottenendo indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche”. In riferimento all’infiltrazione nel mondo imprenditoriale, la Dia ha scritto che “l’infiltrazione nel settore imprenditoriale le consente di inserirsi nelle compagini societarie sane, ottenendo il duplice effetto di riciclare i proventi illecitamente accumulati e, nel contempo, di acquisirne ulteriori attraverso i canali legali, arrivando anche a ‘scalare’ le imprese fino a raggiungerne la titolarità”.

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La presenza al Nord
Sempre riguardo all’infiltrazione della ‘Ndrangheta, il report della Dia ha evidenziato come il “Centro-Nord del Paese rappresenta per le consorterie calabresi, l’area dove tendono a replicare i modelli organizzativi e dove viene strutturata ogni forma di opportunità di arricchimento”. Su questo punto si è sottolineato come siano “innumerevoli le inchieste portate a termine nel semestre che testimoniano di (togliere) quanto le più potenti cosche di ‘Ndrangheta riescano ad organizzarsi e ad operare illecitamente su vasta scala, dando dimostrazione di una eccezionale duttilità sia per i contesti criminali toccati, sia per le trame relazionali che riescono a tessere. Ne è un esempio l’operazione ‘Malapianta’ del maggio 2019”.
Nel semestre preso in esame dalla DIA, che va da gennaio a giugno 2019, c’è stata un’operazione, denominata “Geenna”, che ha rivelato per la prima volta l’esistenza di una locale di ’Ndrangheta in Valle D’Aosta. All’interno dell’inchiesta è stata accertata la riconducilità di “una locale di ‘Ndrangheta in Valle D’Aosta” con la “cosca Nirta-Scalzone di San Luca (RC). Tra le attività illecite facenti capo alla struttura calabrese è emerso, innanzitutto, il traffico internazionale di stupefacenti tra la Spagna e l’Italia”.

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I collegamenti romani
Dalle indagini svolte, riportate nel report, “sono emersi rapporti tra un elemento di vertice del clan Casamonica ed un appartenente alla famiglia Strangio di San Luca (RC), in merito all’acquisto di un ingente quantitativo di cocaina. Un affare che se da un lato ha posto in evidenza il ruolo di centralità dei Casamonica nella gestione del mercato degli stupefacenti in una porzione della Capitale, dall’altro ha cristallizzato la convergenza di interessi nello specifico settore tra la ndrangheta e la consorteria romana”. Ma gli interessi delle famiglie calabresi nella Capitale vanno anche oltre. Le cosche di ‘Ndrangheta, secondo la Dia, sono state “capaci di insinuarsi nel tessuto economico della città. Le operazioni più recenti hanno confermato l’operatività nella Capitale di ‘ndranghetisti affiliati alle ‘ndrine originarie del reggino Tegano, De Stefano, Gallico, Molè, Piromalli, Pesce e Bellocco”.
Propalazioni di ’Ndrangheta, inoltre, vi sono anche in Liguria dove si evidenzia "una spiccata capacità di entrare in connessione con esponenti della cd. area grigia - imprenditori, professionisti, funzionari pubblici ed amministratori locali - che ha favorito l’acquisizione di un patrimonio relazionale indispensabile per realizzare i progetti criminosi”.

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