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di AMDuemila
Il procuratore Bombardieri: “La vittima non aveva abbassato la testa davanti alla cosca”

La squadra mobile della questura di Reggio Calabria, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia, ieri ha arrestato quattro persone. L’accusa a loro carico è, a vario titolo, di omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio aggravati (ad eccezione del tentato omicidio) dalla circostanza del metodo mafioso e dall’avere agevolato la ‘Ndrangheta unitaria, nella sua articolazione territoriale denominata cosca Tegano, operante nel quartiere Archi di Reggio Calabria. Inoltre, gli agenti hanno anche effettuato diverse perquisizioni domiciliari. L'operazione è stata denominata "Giù la testa". L’inchiesta ha permesso di individuare il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio di Bruno Ielo, il tabaccaio ucciso con un colpo di pistola alla testa la sera del 25 maggio 2017, esploso da un killer da distanza ravvicinata, mentre rientrava a casa con lo scooter sulla strada Nazionale per Catona.

L’omicidio
L’esercente reggino di 66 anni venne ucciso, con una pistola (poi abbandonata accanto al cadavere), per strada in modo plateale su mandato di un soggetto della ‘Ndrangheta reggina, perché non si era voluto piegare al diktat della cosca di chiudere la tabaccheria che da circa un anno aveva aperto a Gallico, facendo concorrenza a quella del mandante dell’omicidio, elemento di spicco della famiglia Tegano.
Il delitto con la sua efferatezza e connotazione simbolica doveva riaffermare di fronte a tutta la comunità la perdurante operatività della cosca, pronta a reprimere chiunque osasse metterne in discussione la sua potenza criminale e il dominio sul territorio. Un lavoro di acquisizione, estrapolazione, studio e analisi delle immagini di numerosi impianti di videosorveglianza, per tantissime ore di registrazione, ha consentito agli investigatori della sezione omicidi della Squadra Mobile di Reggio Calabria di ricostruire le fasi dinamiche dell’azione delittuosa. Inoltre, sono stati individuati i componenti del commando in Francesco Polimeni e Cosimo Scaramozzino che seguivano lo Ielo con una Fiat Panda di colore rosso in stretto raccordo operativo con il killer Francesco Mario Dattilo che agiva a bordo di uno scooter, alternandosi ripetutamente nelle attività di pedinamento e di osservazione lungo la strada che la vittima stava percorrendo per ritornare a casa al termine della giornata di lavoro.

Le indagini
L’analisi degli eventi delittuosi ai danni del tabaccaio ha consentito agli investigatori di fare luce anche sulla rapina dell’8 novembre del 2016, nel corso della quale Ielo era stato gravemente ferito al volto con un colpo di pistola esploso da uno dei due malviventi, che avevano fatto irruzione all’interno della sua tabaccheria di Gallico. La rapina organizzata con finalità intimidatorie da Polimeni e posta in essere da Dattilo Francesco Mario e Ciaramita Giuseppe Antonio (che, con condotta autonoma, aveva sparato in faccia alla vittima per avergli opposto resistenza) era finalizzata a costringere lo Ielo a chiudere l’attività commerciale per consentire al Polimeni - gestore anch’egli di una vicina tabaccheria - di accaparrarsi i guadagni derivanti dall’acquisizione della clientela della vittima. Gli investigatori hanno studiato le abitudini degli indagati, monitorato le loro condotte, analizzato le peculiari fattezze fisiche e il modus operandi particolarmente irruento e sono riusciti ad individuare elementi in comune alla rapina e all’omicidio, uno dei quali rilevato con avanzate tecnologie di polizia scientifica che consentivano di dimostrare come l’arma abbandonata dal Dattilo sulla scena del crimine la sera dell’omicidio fosse dello stesso modello di quella impugnata sempre da lui durante la rapina dell’8 novembre 2016, ovvero una Beretta mod.70 cal.7.65, tanto da far ritenere che per commettere l’omicidio di Bruno Ielo, il Dattilo abbia utilizzato, con elevata probabilità, la stessa pistola.

L’intercettazione
"Doveva chiudere lui e invece stiamo chiudendo noi”, diceva in uno sfogo Franco Polimeni che commentava con la figlia, indagata in stato di libertà, la concorrenza della tabaccheria di Ielo. "Il dialogo di Franco Polimeni con la figlia - ha detto il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri illustrando i dettagli dell'operazione 'Giù la testa' - è stato intercettato a distanza di qualche minuto da una telefonata ricevuta dal direttore di un istituto bancario che gli ingiungeva di rientrare dal debito, che induce a pensare quanto fosse insopportabile la concorrenza di Ielo. Da qui, dopo la rapina a scopo intimidatorio del novembre 2016, la decisione di uccidere Ielo nel maggio successivo. Un lavoratore che apriva la sua attività dalle cinque di mattina fino alle 21. Un uomo che non aveva voluto abbassare la testa dinanzi agli atti intimidatori subiti su mandato di Polimeni, che voleva così salvaguardare il futuro della sua famiglia. Un rifiuto inaccettabile per la ‘Ndrangheta, quello di Ielo, che ha così deciso di eliminarlo per raggiungere il dominio commerciale in un'area, come Gallico, ritenuta nella loro totale disponibilità". "E' un'operazione che consente di scoprire un delitto drammatico, quello di un uomo assassinato soltanto perché voleva lavorare" ha detto il questore Maurizio Vallone.
Per il dirigente della Squadra mobile Francesco Rattà, "le indagini hanno messo insieme uno scenario inquietante. Una tragedia imposta da personaggi della cosca Tegano - Franco Polimeni, è cognato di Pasquale Tegano - per eliminare ogni tipo di concorrenza e con ogni mezzo. I filmati e la testimonianza di collaboratori di giustizia che hanno fornito il contesto dell'omicidio sono stati convergenti ai fini della conclusione delle indagini. - ha concluso - Bruno Ielo si era scontrato commercialmente con gli interessi di Franco Polimeni e per questo motivo viene eliminato sotto gli occhi terrorizzati della figlia".

In foto: il luogo dell'omicidio di Bruno Ielo

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