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di Davide de Bari - Video
Al centro dell’inchiesta Cosimo Commisso che avrebbe gestito l’organizzazione a Perugia

La ’Ndrangheta era riuscita a radicarsi all’interno del tessuto economico della Regione Umbria, con l’investimento di numerose somme di denaro, avendo come intento quello di influenzare la vita istituzionale e gestire il traffico di droga e le estorsioni. Era stato creato un lungo filo che dalla Calabria partiva per Perugia e nell'hinterland. Tutto questo è emerso dalle operazioni "Infection" e "Core Business" portate a termine dalla Polizia di Stato attraverso il coordinamento delle Direzioni distrettuali antimafia di Catanzaro e Reggio Calabria, con l'impegno delle Squadre Mobili di Catanzaro, Reggio Calabria e Perugia, e del Servizio centrale operativo. Gli agenti hanno eseguito, questa mattina, 27 ordinanze di custodia cautelare, quattro per Reggio Calabria e il resto per Catanzaro (tre sono agli arresti domiciliari). Delle operazioni con un totale di 51 indagati, con ben oltre 10 milioni di euro sequestrati alle cosche, al centro delle indagini Trapasso e Mannolo di San Leonardo di Cutro (Crotone) e Commisso di Siderno (Regio Calabria). I reati contestati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e occultamento di armi clandestine, minacce, violenza privata, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno del sistema bancario. A gestire il tutto in Umbria, sarebbe stato Cosimo Commisso, detto "U guagghia", uscito dal carcere lo scorso mese di gennaio. Secondo gli investigatori sarebbe diventato un vero e proprio punto di riferimento non solo per le cosche, ma anche per professionisti e cittadini che si rivolgevano alla ‘Ndrangheta per risolvere problemi.

op infection core business

La conferenza stampa by corrieredellacalabria.it


Gli affari in Umbria della ’Ndrangheta
Le indagini sono la naturale prosecuzione dell'operazione "Acero-Siderno Connection" del 2015, quando Cosimo Commisso si stabilì a Perugia, dopo un lungo periodo in carcere, in località "Casa del Diavolo". Gli affari sarebbero stati gestiti grazie ai rapporti di Commisso con Antonio Rodà, referente imprenditoriale in Umbria della famiglia Crupi. Dalle indagini sono emersi anche i rapporti con Giuseppe Minnici, businessman di riferimento dell'organizzazione, soprattutto in Umbria. E’ proprio in quest’ultimo territorio che la ‘Ndrangheta avrebbe acquistato terreni da destinare a vigneti per la produzione di vino da commercializzare in Canada e, nel mentre, si impegnava per trovare escamotage che potessero evitare il sequestro di beni.
Secondo gli investigatori Commisso avrebbe retto costanti contatti con i rappresentanti delle cosche crotonesi finite nell'indagine, progettando iniziative imprenditoriali comuni. In particolare, le cosche Mannolo e Trapasso avrebbero impiantato un lucroso traffico di droga, anche con la complicità di trafficanti albanesi, minato, attraverso attività estorsive, la libera concorrenza nella esecuzione di lavori edili. Inoltre, gli ‘ndranghetisti si sarebbero attivati a favore di soggetti candidati alle elezioni amministrative locali nella tornata elettorale precedente a quella del 2019, anche se non risultano indagati personaggi esterni alla cosca per questi motivi.
Gli uomini crotonesi, secondo gli inquirenti, avrebbero infestato il tessuto economico attraverso la predisposizione di società, spesso intestate a prestanome o soggetti inesistenti, in grado di offrire prodotti illeciti (con fatture per operazione inesistenti) in favore di imprenditori compiacenti. Un giro d’affari che avrebbe visto il coinvolgimento anche di soggetti contigui alla ‘Ndrangheta vibonese dei Mancuso e che avrebbe consentito al sodalizio di lucrare cospicui guadagni attraverso sofisticate truffe in danno di diversi istituti di credito e complesse operazioni di riciclaggio del denaro di provenienza delittuosa.
Sono finite sotto sequestro numerose società presenti in Regione come Umbria, Lazio e Lombardia attraverso le quali l'organizzazione criminale avrebbe realizzato i suddetti reati economici-finanziari. Tra queste, anche la società Anghiari residence s.r.l. di Arezzo, già oggetto di sequestro di prevenzione disposto dal Tribunale di Latina.



Il coordinamento dell’asse delle procure antimafia di Reggio e Catanzaro
Al risultato di oggi si è arrivato grazie alla collaborazione e coordinamento tra le procure di Reggio Calabria, Catanzaro e le tre squadra mobili. "Siamo riusciti a coordinare bene e rinvigorire l'asse tra le Procure di Catanzaro e Reggio Calabria che è molto importante. - ha spiegato il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, durante la conferenza stampa - L’indagine ha coinvolto tre squadre Mobili, Catanzaro, Reggio Calabria e Perugia, confermando la ricchezza della 'ndrangheta che investe da Roma in su". Anche il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, ha sottolineato "l'importanza delle indagini" e il "ruolo della famiglia Commisso, storicamente una delle principali della ‘Ndrangheta”.
Mentre il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo ha spiegato come “i boss della ‘Ndrangheta continuano controllare i propri affari anche se detenuti in carcere, comunicando continuamente con l'esterno”. Nel corso della conferenza stampa, Lombardo ha spiegato che a riferire questi retroscena è stato "il collaboratore campano Cipriano D'Alessandro, ex componente dei Casalesi, sentito dalla Procura di Reggio Calabria nell'ambito di alcune indagini”. Il collaboratore di giustizia era stato detenuto in carcere sia con Cosimo Commisso, al centro dell'indagine di oggi, sia con un altro grande boss della cosca De Stefano, Giuseppe De Stefano, ed avrebbe permesso di "acquisire informazioni sulla inidoneità del regime carcerario - ha concluso Lombardo - consentendo alla ‘Ndrangheta di proseguire il controllo e continuando a comunicare con l'esterno".

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