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arresti carabinieri web1di Emiliano Federico Caruso
I quattro arrestati, ai quali sono anche stati sequestrati beni per 50 milioni di euro, erano considerati il legame tra il clan Tegano e l'edilizia di Reggio Calabria
Il Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, dietro provvedimento di fermo disposto dalla Direzione distrettuale antimafia locale, ha impegnato più di cento carabinieri nel sequestro di 50 milioni di euro in beni divisi tra appartamenti, aziende e terreni, e nell'arresto degli imprenditori Francesco Andrea Giordano, Carmelo Ficara, Giuseppe Surace e il padre Michele.
I quattro, ora accusati a vario titolo di fittizia intestazione di beni, autoriciclaggio di denaro e associazione mafiosa, erano da anni il punto di riferimento nell'edilizia per conto del clan locale dei Tegano, 'ndrina protagonista, tra l'altro, della Seconda guerra di 'ndrangheta a metà degli anni '80.
Considerati da sempre uno dei più potenti clan del mandamento reggino, i Tegano erano anche una delle 'ndrine dai meccanismi e dalle gerarchie meno conosciute nel panorama delle organizzazioni criminali italiane. Fino a quando, nell'ottobre del 2010, le dichiarazioni del collaboratore Roberto Moio, nipote di Giovanni e Pasquale Tegano, permisero agli investigatori di ricostruire molte delle dinamiche interne del clan, tra i cui personaggi di spicco troviamo anche Carmelo Barbaro, storico capo-decina del clan De Stefano-Tegano e vicinissimo al boss Orazio De Stefano. Barbaro venne poi arrestato nel 2009 dopo otto anni di latitanza e condannato a 22 anni di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso e omicidio.
Sia i Tegano che i De Stefano furono poi tra i protagonisti della Seconda guerra di 'ndrangheta del 1985, la cui miccia finale fu l'omicidio del boss Paolo De Stefano, pioniere del traffico di droga a Reggio Calabria e della svolta imprenditoriale della 'ndrangheta, ucciso in un agguato nel quartiere di Archi il 13 ottobre 1985. Il delitto, che in realtà fu il culmine di una situazion e di faide interne che già da anni si svolgevano all'interno dei clan, fu il punto di svolta nell'organizzazione dei clan, nella quale si collocarono da una parte i Libri, i Tegano e i De Stefano, dall'altra i Condello, i Fontana, i Saraceno e gli Imerti. Tra l'altro, vista l'aria che tirava nel 1985, poco prima della Seconda guerra di 'ndrangheta i Tegano sigillarono un'alleanza grazie al matrimonio tra Orazio De Stefano e Antonietta Benestare, nipote del boss Giovanni Tegano.
Usciti abbastanza indenni dalla Seconda guerra di 'ndrangheta, i Tegano-De Stefano portarono poi avanti quella filosofia di mafia imprenditoriale inaugurata dal boss Paolo. Soprattutto nel campo dell'edilizia, grazie al coinvolgimento di Ficara, Giordano e dei due Surace, padre e figlio, considerati sin dagli anni '80 il braccio affaristico dei clan e già in passato coinvolti in operazioni poco pulite.
I due Surace e Andrea Giordani, tra l'altro titolari dell'unica sala bingo (oggi sequestrata) di Reggio Calabria, una classica "lavatrice" di denaro sporco situata guarda caso proprio nel quartiere Archi, feudo dei Tegano, tentarono poi di replicare il successo del gioco d'azzardo spostandosi a Cernusco su l Naviglio, nel milanese. Un'operazione talmente ben studiata che Surace padre, prima di avviare una qualsiasi attività nel nord Italia, aveva avuto la premura di chiedere il permesso ai Martino, clan molto presente e attivo  nel milanese. Un potere, quello dei Martino, ormai ben radicato al punto che Michele Surace chiese loro anche il permesso di dare fuoco alla sua sala bingo per frodare l'assicurazione, tentando poi di far sparire quei soldi in Svizzera grazie a un collaudato sistema di società fittizie e scatole cinesi conosciuto come il "Sistema Scimone", che da sempre aveva permesso alla 'ndrangheta di riciclare centinaia di milioni di euro.
Per quanto riguarda Carmelo Ficara, invece, tra gli anni '80 e '90 era coinvolto nel sud di Reggio Calabria con una vera e propria cementificazione abusiva della costa di Bocale, zona sotto la responsabilità del vigile urbano Giuseppe Macheda, ucciso il 28 febbraio 1985 in un agguato vicino casa sua. Omicidio del quale venne sospettato proprio Ficara, che per questo si diede alla latitanza per poi uscire indenne dal processo a suo carico.
Dopo queste indagini e guai giudiziari i quattro imprenditori sono sempre stati attenti a mantenere un basso profilo, continuando, secondo le affermazioni dei collaboratori di giustizia Mario Gennaro, Giovanni Battista Fracapane ed Enrico De Rosa, a gestire il riciclaggio di denaro e le ambizioni imprenditoriali dei Tegano, fino agli arresti di oggi.

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