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processo aemiliadi Sofia Nardacchione
È iniziato il 27 dicembre scorso nel Tribunale di Reggio Emilia il processo ‘Aemilia bis’, che vede alla sbarra 23 imputati, accusati di trasferimento fraudolento di beni, minaccia, distrazione di beni sequestrati, detenzione illegale di munizioni da guerra, rilevazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, estorsione e false fatture, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.

Tra gli imputati ci sono anche Pasquale Brescia – detenuto in regime di custodia cautelare nel carcere di Reggio Emilia dal gennaio del 2015 e imputato nel processo Aemilia con l’accusa di far parte dell’associazione ‘ndranghetista con a capo Nicolino Grande Aracri – e il suo avvocato, Luigi Antonio Comberiati.
Il primo febbraio 2016, Brescia aveva infatti inviato, tramite il suo avvocato, una lettera alla redazione locale de “Il Resto del Carlino” locale indirizzata al sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi. Nella missiva Brescia incitava il primo cittadino a dimettersi in quanto anche lui collegato a Cutro e alla ‘ndrangheta tramite la moglie e la sua famiglia, e in cui criticava la mancata solidarietà verso tutti i “discriminati cutresi”, cioè coloro che secondo Brescia sono imputati nel Processo Aemilia solo perché provenienti da Cutro. Tra le varie accuse fatte da Pasquale Brescia al sindaco di Reggio Emilia c’è anche quella di avere avuto contributi per la campagna elettorale sia dagli zii pregiudicati della moglie che mediante incontri nei vari circoli con alcuni imputati del processo Aemilia.
image“Signor sindaco – scrive Brescia nella lettera – io ero un imprenditore felice, con zero problemi con la giustizia da quando sono nato… Ho voluto denunciare il mio risentimento, quello che oggi lei denuncia per tutelare sua moglie per la discriminazione anche razzista del mio paese e della comunità cutrese a Reggio Emilia, tutto qua! Solo per questo io sono in carcere da un anno! Non sono accusato di aver rubato, estorto o altro.
Quindi ribadisco Sindaco, si senta fortunato, ma spero che si dimetta”.
Nella lettera Brescia evidenzia come il sindaco non sia gradito al gruppo ‘ndranghetistico, situazione alla quale Vecchi avrebbe dovuto far fronte con le dimissioni o tramite una pubblica manifestazione di solidarietà verso il gruppo stesso.
Secondo la Procura antimafia di Bologna il contenuto della lettera è una “minaccia aggravata dal metodo mafioso”, ed è con questa accusa che sono a processo Pasquale Brescia e Luigi Antonio Comberiati, che aveva consegnato la busta alla redazione del Resto del Carlino. Entrambi hanno chiesto il rito abbreviato, che avrà inizio il 10 aprile.
Oltre al sindaco Vecchi, si sono costituiti parte civile nel processo anche la Regione Emilia Romagna e Libera Emilia Romagna.

Tratto da: liberainformazione.org