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lombardo giuseppe c paolo bassani 2014di AMDuemila
Iniziata la requisitoria in appello

Giuseppe De Stefano è l’amministratore delegato di questa super associazione. Che opera da indiscusso leader, godendo dell’appoggio dei soci di riferimento (gli altri capiclan, ndr)”. E’ così che il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, applicato alla Procura generale per il processo d’Appello “Meta”, la storica inchiesta che nel giugno 2010 ha inferto colpi durissimi ai vertici del mandamento “centro”, ha spiegato durante la requisitoria il ruolo apicale che il boss riveste all’interno dell’associazione criminale. Il tratto è quello di una ‘Ndrangheta capace di evolversi, di rigenerarsi e rafforzarsi.  
L’ipotesi dell’accusa è che le principali cosche di Reggio Calabria - i De Stefano, i Tegano, i Condello e i Libri - si siano trovate d'accordo nel comporre una sorta di direttorio, con a capo Giuseppe De Stefano, per la gestione delle grandi estorsioni e dei grandi appalti.
Per accordarsi sarebbero state stabilite "nuove regole" che proprio Peppe De Stefano, figlio di don Paolino, carismatico boss ucciso agli albori della seconda guerra di mafia reggina, avrebbe portato in città.
Un modo nuovo di organizzarsi per una pace scaturita dopo la mattanza scatenatasi dal 1985 al 1991.
Una ‘Ndrangheta, dunque, che cambia faccia ma non pelle. “Un’inchiesta - ha detto Lombardo - che ha spiegato come la ‘Ndrangheta si evolva, e come sia riuscita ad evolversi, capace di cambiare le regole adeguandosi ai tempi in cui opera. Esibendo sempre una forza micidiale”. Proprio nella guerra di mafia, che ha causato quasi 650 morti, “è nata la compattezza di oggi con le cosche che ragionano all’unisono e che operano una accanto a l’altro. E tutti sappiamo quanto oggi patiscano la forza della ‘Ndrangheta i commercianti e gli imprenditori”.
Lombardo ha anche accennato “ai riservati” che operano accanto alla ‘Ndrangheta, ovvero quei soggetti di collegamento tra la criminalità organizzata e settori del potere come la politica, l’economia, la società civile, la finanza fino ad arrivare anche alla massoneria. Un altro lato dell’inchiesta che ancora oggi viene portata avanti dalla Procura di Reggio Calabria.
Intanto però si cerca di concludere questa nuova parte del processo. In primo grado erano piovute decide di anni ci carcere sul “gotta” della ‘Ndrangheta. A 20 anni era stato condannato Pasquale Condello, a 27 anni Giuseppe De Stefano, 20 anni ciascuno per Giovanni Tegano e Pasquale Libri. E poi ancora 17 anni e 9 mesi per Cosimo Alvaro, il boss di Sinopoli giunto in città per controllare i locali della movida, 23 anni per Domenico Condello. detto "Gingomma", 21 anni per Antonino Imerti (cugino del "Nano Feroce"), 16 anni per Domenico Passalacqua, 10 anni per Stefano Vitale e 13 anni per Natale Buda, 16 anni per Umberto Creazzo, 23 anni per Pasquale Bertuca, 18 anni e 8 mesi Giovanni Rugolino, 3 anni e 6 mesi per Antonio Giustra, 3 anni per Carmelo Barbieri, 6 anni per Antonino Crisalli, 4 anni e 6 mesi per Rocco Palermo. Il Tribunale aveva inoltre disposto un pagamento di due milioni di euro per le Istituzioni costituite parte civile e 500mila euro per l'associazione Libera.
La requisitoria, con le richieste di condanna, sarà completata nella prossim udienza dal sostituto procuratore generale, Giuseppe Adornato.

Foto © Paolo Bassani