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grand hotel gianicolo c alessandro serrano agfSequestrati in tutto 36 miloni di euro in beni a due imprenditori
di Emiliano Federico Caruso
In seguito ai risultati di due indagini convergenti che hanno coinvolto la Polizia di Roma e di Reggio Calabria, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, dietro richiesta della Direzione distrettuale antimafia calabrese, ha ordinato la confisca di numerosi beni immobili e società appartenuti all’imprenditore Giuseppe Mattiani e al figlio Pasquale. Beni che erano già stati sottoposti a sequestro preventivo nel novembre del 2013. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno anche accertato come, per i loro affari, i due imprenditori si servissero del legame intrecciato con il clan Gallico, la ’ndrina più potente di Palmi e una delle più forti di Reggio Calabria.

La storia dei Gallico somiglia a quella di molte altre ’ndrine. Negli anni ’70, in una Calabria dove ancora si nega l’esistenza della mafia, i clan Condello, specializzato in estorsioni e traffico di droga e rami, e Parrello, molto attivo nel traffico di droga e retto dal boss storico Gaetano “Lupu i notti” Parrello, controllano la zona sud di Palmi, quel piccolo comune in provincia di Reggio Calabria, mentre i Gallico controllano la parte nord. Passano pochi anni, e un diverbio tra alcuni giovani eredi dei rispettivi clan diventa il pretesto per quella che diventerà la Faida di Palmi (in verità il diverbio fu una giustificazione per una guerra per il controllo delle estorsioni e del traffico di droga). Una faida che durerà dodici anni, con 53 omicidi e 43 tentati omicidi, e finirà solo con l’eliminazione di Francesco Condello, capo della ’ndrina omonima, il 19 settembre del 1989. Uscito vincitore dal conflitto con i Condello-Parrello, il clan Gallico diventa la ‘ndrina più potente del territorio, controllato con mano di ferro dall’indiscusso boss Antonino Gallico (fino alla sua morte nel 2006) e da quei suoi figli sopravvissuti alla Faida di Palmi. Ed è proprio qui che si sarebbero creati i legami tra la ’ndrina e i Mattiani.

Negli anni ’90, proprio poco dopo la fine della Faida, nella periferia di Palmi un modesto albergo a due stelle viene convertito dall’imprenditore Giuseppe Mattiani in una società, la Hotel Residence Arcobaleno sas. La trasformazione si rivela subito piuttosto lucrosa, al punto che Mattiani può permettersi di suddividerne il capitale tra i suoi figli, allora poco più che ragazzi, in quote da 250 milioni di lire a testa. Messo l’ingente capitale nelle mani dei rampolli, Giuseppe Mattiani, diventa persino vicesindaco di Palmi e viene coinvolto in una serie di inchieste che vanno dalla truffa aggravata sui fondi pubblici, alla violazione delle norme sugli oli minerali, poi la violazione delle norme di propaganda elettorale e l’edilizia abusiva.

Ed è proprio con l’edilizia, e con il Giubileo del 2000, che arriva un’importante svolta per i Mattiani. In quell’anno a Roma c’è un bellissimo ex monastero proprio in cima a una delle zone più prestigiose della Capitale, il Gianicolo, con tanto di panorama proprio sul Vaticano. Un posto perfetto per costuire un albergo in previsione di un Giubileo che porterà nella Capitale milioni di turisti e di pellegrini.

Presentandosi proprio con la società Hotel Residence Arcobaleno sas, Giuseppe Mattiani inizia le pratiche per l’acquisto dell’ex monastero, ma qualcosa non quadra. All’atto del rogito, infatti, vengono messi sul tavolo ben 11 miliardi di lire, nonostante, secondo gli inquirenti, non via sia una simile copertura finanziaria. L’operazione viene comunque effettuata e, dopo il rogito, i Mattiani chiedono un mutuo di 13 miliardi di lire per giustificare, almeno in apparenza, la provenienza dei soldi tirati fuori magicamente all’atto del rogito.  Così, nel giro di poco tempo l’ex monastero viene trasformato in uno degli alberghi più esclusivi di Roma: il Grand Hotel Gianicolo, un quattro stelle con quasi 50 stanze, piscina, palestra, parcheggio privato e quella splendida vista sul Vaticano.

Ma quella manovra azzardata con gli 11 miliardi non è passata inosservata agli investigatori, e infatti a novembre del 2013 il lussuoso albergo viene sequestrato insieme a 150 milioni di euro in beni nel corso di indagini della Dia di Roma e di Reggio Calabria nei confronti dei Mattiani. Il rischio di fallimento dell’albergo viene scongiurato solo grazie alla lungimiranza del Gip Guglielmo Montoni, presidente della Sezione misure cautelari del Tribunale, che riesce a far mettere in regola i dipendenti dell’Hotel e a farne assumere di nuovi.

Nel frattempo le indagini nei confronti dei due imprenditori sono proseguite fino alla confisca di oggi di 36 milioni di euro, che oltre al lussuoso hotel ha coinvolto anche tutti i campi in cui Giuseppe Mattiani (ora in stato di sorveglianza speciale per tre anni) e il figlio, grazie ai legami con i Gallico, avrebbero reinvestito i loro illeciti capitali: dalla stessa Hotel Residence Arcobaleno Sas fino alla Soc.coop Srl Full Service di Palmi (ma con sede legale a Roma), l’immobiliare P.M.S. Srl di Palmi, vari conti correnti e 42 immobili situati tra Roma, Palmi e la provincia di Bologna.

In foto: il Grand Hotel Gianicolo (© Alessandro Serranò/AGF)