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roma dallalto effdi Pietro Orsatti*
Da anni la periferia Est di Roma e un ampia fetta dell'hinterland capitolino sembrano essere al centro di una escalation criminale che ha subito una forte accelerazioni dopo gli arresti di Mafia Capitale del dicembre dello scorso anno. Un'area immensa, con un suo specifico criminale antico che ha visto intrecciarsi vicende di mafia e di gruppi dell'eversione nera, che negli ultimi anni è diventando uno dei motori, soprattutto per quanto riguarda il mercato degli stupefacenti sulla piazza romana, delle attività mafiose più tradizionali.

Una fetta enorme di territorio, fra le più abitate della Capitale, starebbe velocemente cadendo in mano alla 'ndrangheta. Una serie recente di omicidi ha segnato il quadrante, fra il quale quello “del piede nell'Aniene” il giallo dell'estate rapidamente archiviato dalla cronaca romana quando è diventato evidente che si trattava di una storia di mafia o quantomeno criminale e non un episodio su cui ricamare chissà quale pruriginosa vicenda con tanto di macabro ritrovamento.

È sempre più evidente che la 'ndrangheta non ha solo utilizzato Roma in questi anni come semplice piazza del riciclaggio, ma che i vari clan calabresi hanno preso in mano zone sempre più ampie della città e dell'hinterland anche grazie ai rapporti di buona collaborazione con il clan dei Casamonica da un lato e dall'altro con l'organizzazione Mafia Capitale, il gruppo che farebbe capo secondo i pm a Massimo Carminati.

Questa mattina ben due operazioni hanno colpito le 'ndrine a Roma. La prima (“Saggio Compagno” della Dda di Reggio Calabria con 34 fermi e numerose perquisizioni) di riflesso ha coinvolto anche Roma e il Piemonte. La seconda, denominata “Silentes” e ordinata dalla DDA della procura di Roma con 8 misure cautelari a perquisizioni e sequestri, ha invece puntato direttamente il territorio dell'hinterland romano da Castelnuovo di Porto (già recentemente interessato da analoghe operazioni scature dalla procura romana) fino a Tivoli e Guidonia. Droga, armi, racket, minacce, aggressioni, perfino un rapimento. E i pizzini che davano indicazioni dal carcere su come agire. Un'organizzazione visibile, minacciosa. La faccia militare delle 'ndrine alle porte di Roma. E un clan, quello dei Nirta-Romeo-Giorgi, ritenuto da anni fra i più pericolosi di quelli originari di San Luca che fa da protagonista.

Fra tutte le organizzazioni presenti a Roma quella che più evidentemente sta prendendo piede a Roma è la 'ndrangheta. Anche sul piano militare. Il suo ruolo, finora defilato dai riflettori che erano prima puntati quasi esclusivamente sul Litorale e i clan di Ostia e poi da un anno sul “Mondo di Mezzo” di Carminati, è stato fortemente sottovalutato. Si continua a parlare soprattutto di una 'ndrangheta “finanziaria” che a Roma investirebbe su immobili e esercizi commerciali anche di prestigio e altre operazioni di riciclaggio, mentre da tempo sia gli inquirenti che soprattutto i cittadini di ampi settori della città vittime della dittatura dello spaccio e del traffico di droga sanno benissimo che la 'ndrangheta non si è semplicemnte infiltrata a Roma: si è insediata da tempo ed è in ascesa.

A fare da volano di un'escalation senza precedenti probabilmente il vuoto di potere criminale causato dagli arresti di Mafia Capitale. Che poco hanno colpito l'organizzazione calabrese aprendo spazi che si sono affrettati ad occupare.

Più volte ci si ritrova a dover rispondere alla domanda: “Se Carminati era il broker, l'ad dell'Associazione Temporanea d'Impresa delle organizzazioni presenti a Roma, ora chi comanda sotto il Cupolone?”. Difficile rispondere. Da quello che si vede è che in ogni caso l'ambizione delle 'ndrine non è da sottovalutare. Sono loro oggi a comandare? Sono loro a tenere insieme il sistema di potere criminale romano in attesa della fine del processo? In questa chiave dobbiamo leggere il protagonismo degli ultimi mesi? Una sorta di candidatura a tenere unito protempore il tavolo delle mafie presenti nella Capitale? Oppure si da per certo che Carminati & co verranno condannati a pene pesanti (quindi riconoscendo l'aggravante del 416 bis) che li porrebbe fuori dai giochi?

Proprio perché parliamo di Roma – e di Carminati e delle ombre del suo passato e della sua capacità di salvarsi per il rotto della cuffia – propendiamo più su una reggenza d'emergenza, a tempo. Ma questo potrebbe non escludere un'escalation militare. Perché di candidati a fare da mazziere al tavolo della Capitale ce ne sono fin troppi. E alcuni, è sempre più evidente, non dotati di pazienza.

* autore del libro Roma Brucia