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cocaina facedi Miriam Cuccu
Oltre 700 chili di droga sottratti alla 'Ndrangheta nel giro di una settimana. Solo poche settimane fa Giuseppe Lombardo, sostituto procuratore di Reggio Calabria, aveva ribadito che "dopo le stragi del '92 e '93 la 'Ndrangheta diventa soggetto unico nel narcotraffico internazionale", detentrice del monopolio del traffico di cocaina nel mondo occidentale. "La 'Ndrangheta è riuscita ad entrare in contatto direttamente con i produttori di coca, da tempo ha messo su in Sudamerica casa e bottega", queste le parole di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, rispettivamente magistrato e giornalista, autori del libro "Oro bianco" che documenta il lungo viaggio della cocaina sotto l'occhio vigile delle famiglie dell'Aspromonte. Un continuo via vai di cui solo una piccolissima percentuale viene intercettata da forze dell'ordine e magistratura, pochi spiccioli a confronto dei circa 70 miliardi di euro che ogni anno la 'Ndrangheta guadagna dalla polvere bianca.
Si parla di "una delle operazioni più importanti degli ultimi anni" (il commento è del procuratore aggiunto di Venezia, Adelchi D’Ippolito) in riferimento a uno degli ultimi carichi di droga scivolati via dalle mani delle cosche calabresi. E' accaduto solo pochi giorni fa a Venezia, dove la Guardia di Finanza ha sequestrato 400 chili di cocaina e arrestato nove persone, tra cui Attilio Vittorio Violi e Santo Morabito, "santisti" appartenenti alla cosca Morabito di Africo, una delle più potenti sulla costa ionica calabrese. Il "modus operandi" prevedeva la partenza della droga da Colombia e Costarica a bordo di una nave, che dopo aver sostato in Spagna si dirigeva a Livorno per poi essere sdoganata al porto di Venezia. Il carico era celato tra prodotti tropicali, all'interno di un magazzino di Meolo, dove i soggetti arrestati sono stati individuati mentre procedevano allo scarico di 90 casse di falsi tuberi di manioca, dove in realtà erano stati riposti i panetti di cocaina. Violi e Morabito, ritenuti capi dell'organizzazione e da vent'anni residenti a Mancon, nel veneziano, erano riusciti a tenere un basso profilo per poter gestire ingenti traffici provenienti dal Sud America, culla della produzione di droga e in particolar modo di cocaina. Violi è considerato vicino a Giuseppe Morabito, alias "u tiradrittu", boss della cosca di Africo arrestato nel 2013. Spettava invece a Santo Morabito il compito di tenere i contatti con la "casa madre" in Calabria, ma anche con il Veneto e la Lombardia, insieme ad un complice.

E proprio in Calabria, al porto di Gioia Tauro, sono stati recentemente sequestrati altri 344 chili di cocaina purissima, che al dettaglio avrebbero fruttato alle 'ndrine 70 milioni di euro. La droga si trovava all'interno di container provenienti dal Brasile: un primo quantitativo, circa 55 kg di cocaina, è stato individuato all'interno di un carico di alluminio destinato alla Slovenia. L'altro, invece, era nascosto in un container di caffè diretto a Trieste. Al suo interno sono stati trovati undici borsoni con oltre 289 chili di cocaina.
"Chi critica le indagini che riguardano il narcotraffico internazionale - aveva commentato Lombardo alla conferenza a Torino "15 anni di 'Ndrangheta in Piemonte e non solo…" - non si rende conto che le enormi liquidità che ne derivano sono in grado di provocare una quantità tale di risorse finanziarie liquide da condizionare il sistema finanziario mondiale". Sono queste, infatti, le inchieste che più hanno dato frutti poiché condotte da forze dell'ordine e intelligence di più paesi che hanno portato ad arresti e sequestri nei confronti di un'organizzazione criminale che ha fatto del denaro l'unica lingua e bandiera, entrando in contatto direttamente con i produttori di coca e facendo affari con i gruppi di narcos locali in un vero e proprio processo di globalizzazione.
Uno dei più recenti blitz ha permesso di svelare come non è solo la Colombia ad essere il principale paese produttore di coca da cui la 'Ndrangheta si rifornisce. Lo scorso 15 ottobre La Polizia italiana e quella del Costarica hanno eseguito una serie di arresti e perquisizioni nel paese centroamericano nei confronti di soggetti accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e legati a personaggi vicini alle cosche della 'Ndrangheta ionico-reggina. E' il bitz "Columbus 2" che ha consentito di scoprire il titolare di una società di import-export del Costarica che, secondo le indagini, era al centro di un enorme traffico di droga dall'America all'Europa, gestito dalla 'Ndrangheta e da alcuni appartenenti alle famiglie mafiose di New York. "Avevamo compreso, grazie ad un lavoro di costante attenzione con le autorità colombiane - aveva detto il pm di Reggio Calabria Nicola Gratteri - che la 'Ndrangheta aveva esteso le proprie basi in Costarica, Bolivia e Perù, spingendosi verso i grandi porti di Brasile e Argentina, da cui da tempo aveva iniziato a spedire lo stupefacente". Nella Grande Mela era scattata qualche mese prima l'operazione "Columbus", che a maggio scorso aveva consentito di scoprire una centrale della 'Ndrangheta dalla quale veniva gestito il traffico di droga. La cocaina partiva sempre dal Costarica e nascosta, ancora una volta, nei container di frutta tropicale, per poi essere stoccata nei porti americani e successivamente spedita in Italia e in Europa.
Non era la prima volta, tra l'altro, che veniva scoperto un canale privilegiato tra il Sud America e la Calabria. Con l'operazione “New Bridge”, dello scorso febbraio, erano stati rivelati frequenti contatti tra la 'Ndrangheta e Cosa nostra siciliana. L'organizzazione criminale faceva capo alle cosche della Ionica calabrese ma era presente, oltre che in tutta Italia, anche negli Stati Uniti, in Canada e nel Centro America.
Già nel 1984 Giovanni Falcone, nel corso di un convegno a Torino, aveva parlato di "insufficiente comprensione della dimensione internazionale del problema della criminalità organizzata (e del traffico di stupefacenti in particolare) e, quindi, della necessità di una stretta collaborazione" facendo però notare che erano stati fatti alcuni "passi avanti". E soprattutto, aveva rimarcato il giudice, "è indispensabile che tale collaborazione si attui al fine di rintracciare e confiscare i beni illecitamente acquisiti". "Non si dimentichi - aveva aggiunto - che le organizzazioni criminali non hanno problemi di confini e che operano con disinvoltura in tutto il mondo, per cui ogni ritardo nella cooperazione internazionale per la repressione del fenomeno si rivolge in ulteriori vantaggi per tali organizzazioni, che di giorno in giorno diventano sempre più efficienti e pericolose". Oggi nella lotta contro le mafie e la droga, aveva dichiarato Gratteri lo scorso maggio, a margine della presentazione di "Oro bianco", “abbiamo un grosso problema di coordinamento con le varie procure d’Europa. Negli altri paesi non si può nemmeno chiedere un ritardato arresto per scoprire da dove provenga la droga o a chi verrà venduta”. La strada per una vera cooperazione internazionale che incidi davvero sul traffico di stupefacenti è ancora lunga.

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