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udienza proc aemilia c ansaVideo e Foto
di Sara Donatelli

Bologna come Palermo. Il 2015 come il 1986. Un maxiprocesso, centinaia di imputati e decine di capi di imputazione. Il più imponente processo contro la 'ndrangheta mai tenuto in Emilia Romagna sta muovendo i primi passi all’interno del padiglione numero 19 della Fiera di Bologna, in cui è stata allestita una vera e propria aula bunker. Uno spazio studiato per far fronte al numero dei soggetti coinvolti: 219 gli imputati, nove dei quali attualmente sottoposti al regime di 41 bis ( per Nicolino Grande Aracri, Romolo e Antonio Villirillo, Nicolino Sarcone, Francesco Lamanna, Antonio Gualtieri, Alfonso Diletto, Salvatore Cappa, Michele Bolognino è stata disposta la partecipazione all’udienza a distanza con videoconferenza).  La prima udienza preliminare, a porte chiuse, si è svolta lo scorso 28 ottobre davanti al GUP Francesca Zavaglia. Oggi invece ha avuto luogo la seconda udienza preliminare per le eccezioni alle costituzioni di parte civile.



L’INCHIESTA

E' un avvenimento senza precedenti per la regione Emilia-Romagna, per i numeri e per le dimensioni dell'inchiesta. Un’inchiesta che è stata condotta dalla DDA di Bologna, che al processo viene rappresentata dal PM Marco Mescolini e Enrico Cieri, e che è stata segnata da due momenti fondamentali: il primo, alla fine dello scorso gennaio, che ha portato a 117 arresti. Il secondo, a metà luglio, che ha colpito la cosiddetta “’ndrangheta imprenditrice”. Al centro dell’inchiesta, coordinata dall’ex procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, c’è il clan Grande Aracri, originario di Cutro, capace non solo di controllare le elezioni in molte provincie emiliane, ma anche di mettere le mani sulle gare d’appalto soprattutto nella ricostruzione post-sisma del 2012. E’ proprio in questo momento che emerge il ruolo della Bianchini Costruzioni di San Felice sul Panaro, il cui titolare, Augusto Bianchini, è da subito apparso come “il candidato migliore” per questi lavori. L’imprenditore, infatti,   non solo opera da tempo sul territorio, ma ha anche un ottimo rapporto con Giulio Gerrini, responsabile area lavori pubblici del comune di Finale Emilia, il più colpito dal terribile terremoto. La Bianchini riesce così ad ottenere gli appalti, ad esempio, per la ricostruzione del cimitero di Finale, per la realizzazione delle scuole temporanee e per la demolizione degli edifici pericolanti. Ma non finisce qui: la Bianchini Costruzioni si trova al centro dell’operazione Aemilia anche per l’utilizzo di amianto nella costruzione del campo di accoglienza di San Felice sul Panaro, della tangenziale di Sermide, nel Mantovano e addirittura delle scuole temporanee. Leggendo le carte dell’inchiesta però, è possibile constatare come il clan Grandi Aracri sia riuscito anche ad esercitare un ruolo non marginale durante le elezioni amministrative. Tra gli imputati compaiono infatti anche i nomi di Giuseppe Pagliani, consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, e Giovanni Paolo Bernini, candidato a Parma nel 2007 con il centrodestra. Entrambi vengono accusati di concorso esterno.    Nell’avviso di conclusione delle indagini notificato lo scorso giugno, gli inquirenti spiegano che l’associazione a delinquere fa capo a Nicolino Sarcone, Michele Bolognino, Alfonso Diletto, Francesco Lamanna, Antonio Gualtieri e Romolo Villirillo. Tra i partecipanti al sodalizio ritroviamo i nomi degli imprenditori Giuseppe Giglio, Gaetano Blasco e Antonio Valerio (questi ultimi intercettati mentre ridevano dopo le scosse di terremoto), Giuseppe Iaquinta (padre del calciatore Vincenzo).

FOTOGALLERY © gazzettadireggio.gelocal.it
L'arrivo dei pullman con i detenuti all'aula bunker di Bologna


I PROTAGONISTI
Tanti i reati contestati: si va  dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, alle estorsioni, dalle minacce all’usura, dall’intestazione fittizia dei beni al falso in bilancio, dalla turbativa d’asta alla corruzione elettorale. Studiando le carte dell’inchiesta, emerge una sorta di “struttura piramidale” dell’organizzazione mafiosa: a capo della ‘Ndrina c’è il boss Nicola Grande Aracri (già condannato a trent’anni per associazione mafiosa nel processo “Scacco matto” e imputato per estorsione nel corso delle indagini odierne). I capi promotori dell’organizzazione al nord (accusati di associazione mafiosa, estorsione e usura)  sono invece Nicolino Sarcone (competente per la zona di Reggio Emilia), Michele Bolognino e Alfonso Diletto (Parma e Bassa Reggiana), Francesco Lamanna e Antonio Gualtieri (Piacenza e Reggio) e Romolo Villirillo. Sotto di loro ci sono gli organizzatori per “la parte operativa”:  Giuseppe Giglio e Salvatore Cappa, imprenditori legati a Bolognino; Antonio Silipo, proprietario di una ditta di trasporti; Gaetano Blasco, gestore di un ristorante pizzeria in Germania; Antonio Valerio, imprenditore edile. Imputati come concorrenti esterni ci sono il sopracitato Augusto Bianchini, il giornalista sportivo Marco Gibertini (che si ritiene abbia messo a disposizione dell’associazione mafiosa le proprie conoscenze politiche, imprenditoriali e nel mondo della stampa) e  la consulente fiscale Roberta Tattini (che avrebbe svolto il ruolo di intermediario e consulente, ricercando nuovi progetti su cui investire i soldi della mafia).

LA MAFIA IN EMILIA ROMAGNA
Lo scenario che emerge dunque dalle indagini e dall’intera inchiesta, non è quello di una “semplice infiltrazione” di un clan di ‘ndragheta al nord. C’è di più: stiamo parlando di un vero e proprio radicamento. La mafia, con i propri tentacoli, è riuscita ad arrivare alle gare d’appalto e alle elezioni. Ha condizionato scelte politiche ed imprenditoriali. Ha infettato un territorio sano, rendendolo malato. Il processo dunque non va a colpire una cosca, ma un intero sistema fatto di collusioni ed affari loschi messi in atto dagli ennesimi sciacalli, siano essi mafiosi, imprenditori, giornalisti o politici. L’Emilia Romagna non ha dunque avuto i giusti anticorpi per potersi adeguatamente proteggere dal cancro mafioso. Ma è altrettanto vero che l’opinione pubblica, se pur a fasi alterne, sta mostrando grande interesse a tali vicende. Molte sono state infatti le associazioni presenti durante la prima udienza preliminare e che da mesi stanno portando avanti una grande campagna di sensibilizzazione contro il fenomeno mafioso.

PROSSIME UDIENZE
Questa prima fase processuale si svilupperà fino a gennaio e vede programmate già ben 29 udienze, con l’obiettivo di non far decadere le misure restrittive.

Udienze di novembre: 2, 4, 6, 9, 11, 13, 16, 17, 19, 20, 23, 24, 26, 27 e 30.
Udienze di dicembre: '1, 3, 4, 7, 10, 11, 14, 15, 17, 18, 21 e 22.