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dia11Era deceduto il mese scorso, un pentito: "Grado elevatissimo, più di un 'vangelo'"
di Miriam Cuccu - 15 luglio 2015
Bastava pronunciare il nome di Rocco Musolino e gli altri mafiosi si facevano subito da parte. Oggi i suoi beni (per un valore di oltre 153 milioni di euro) dopo essere stati sequestrati a marzo 2013 passano definitivamente allo Stato. Il Tribunale di Reggio Calabria ha emesso un decreto di confisca nei confronti dell'imprenditore boschivo (mai condannato per mafia) originario di Santo Stefano d’Aspromonte e deceduto lo scorso 12 giugno all’età di 88 anni. "Il suo grado - ha riferito il pentito Barreca - all’interno della ‘ndrangheta è elevatissimo, più di “vangelo”, e questo grado di mafia cumula con quello di massone…”.
Musolino, hanno ricostruito gli inquirenti, ha esercitato la propria attività imprenditoriale nel settore boschivo sfruttando i legami con la ‘ndrangheta. Così è riuscito ad espandersi e agire indisturbato fino a raggiungere una posizione di monopolio, grazie anche ad una serie di intimidazioni, sfruttando le cointeressenze in tutti gli altri settori del mondo politico, economico ed istituzionale.
"L’intera storia imprenditoriale del Musolino - scrivono ancora gli inquirenti - si è svolta grazie ai rapporti stabili e reciprocamente vantaggiosi dallo stesso cercati ed abilmente coltivati con la locale criminalità organizzata, dando luogo ad una forma di contiguità stabile, pregnante ed altamente allarmante, che da un lato, ha determinato la fortuna imprenditoriale del Musolino, dall’altro ha consentito alla ‘ndrangheta di esercitare il controllo sulle attività economiche della zona e di lucrare attraverso le stesse”. La sua autorità mafiosa, continuano "è stata tale da non richiedere manifestazioni concrete e dimostrabili di mafiosità, nel senso che basta pronunciare il nome di Rocco Musolino perché gli altri mafiosi si facciano da parte, segno del rispetto per il ruolo di rilievo ricoperto”.
Il collaboratore di giustizia Antonino Rodà ha riferito che Musolino apparteneva alla cosca Serraino - riscontrando le  dichiarazioni di Margherita Di Giovine - ma con un ruolo autonomo di Capo Società di Gambarie, fornendo riscontro ai pentiti Barreca e Lauro che lo definivano un capo.

musolino-roccoQuest’ultimo, in particolare, ha parlato dell’intervento di Musolino per ottenere la liberazione di un sequestrato, insieme ad esponenti di vertice delle cosche Serraino, Gioffrè e ad Antonio Nirta.
"Musolino Rocco - secondo il Tribunale - è una pietra miliare della ‘ndrangheta reggina (uno ‘ndranghetista storico come lo definisce il collaboratore Iannò)… emerge in definitiva una pericolosità del proposto databile almeno agli inizi degli anni ’70… oltre ai rapporti qualificati… con le famiglie mafiose Serraino, Nirta, Condello, Alvaro ed Italiano". Nell’informativa del 2011, tra l'altro, vengono forniti ulteriori dati di riscontro dei rapporti di Musolino anche con le famiglie mafiose dei Libri, De Stefano, Tegano, Araniti ed Imerti, oltre che con esponenti della pubblica amministrazione e delle istituzioni.   
Nel luglio 2008 Musolino, in compagnia del suo autista in località Salto della Vecchia, era stato raggiunto da colpi di arma da fuoco, ai quali era sopravvissuto, mentre erano a bordo di un’autovettura. In quell'occasione l'uomo viaggiava armato di una pistola con il colpo in canna, oltre a due caricatori completi. Qualche giorno dopo Musolino, intercettato dai carabinieri, incontrò don Mico Alvaro, boss della piana di Gioia Tauro dicendogli: "Io non voglio sapere chi è stato, mi basta che lo sappia tu".
L'impresa di Musolino è sempre stata mafiosa, scrive la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, attraverso la quale l'imprenditore era riuscito ad aggiudicarsi commesse nel settore delle forniture alla Regione Calabria in un sistema che favoriva l’infiltrazione mafiosa ed il reimpiego di denaro. La sua carriera imprenditoriale, si legge ancora, “raggiunge l’apice nel triennio 1986/1988, quando vi sono gli introiti derivanti dalle forniture alla Regione Calabria, anch’essi pilotati dalle aderenze mafiose dei direttori dei lavori e capi operai, che avevano in mano il sistema Calabria del settore forestale… La posizione di supremazia economica raggiunta dal Musolino emerge dal volume di affari dell’impresa boschiva tratto dall’informativa Dia del 2012… l’illiceità delle primigenie fonti di ricchezza provenienti dall’impresa mafiosa ha inevitabilmente contaminato anche i successivi acquisti ed investimenti”.

I beni confiscati
musolino-bene-conf-c-ansaImpresa individuale Musolino Rocco di Francesco, con sede legale a Santo Stefano in Aspromonte (RC), operante nel settore dell’industria boschiva;
quote sociali e patrimonio aziendale della Maius Immobiliare Srl, con sede a Reggio Calabria,  avente per oggetto “la compravendita e locazione di beni immobili propri con esclusione di ogni attività di agenzia immobiliare”, e con un patrimonio sociale ricomprendente 19 immobili, tra appartamenti, depositi e cantine, ubicati a Reggio Calabria, Condofuri e Santo Stefano d’Aspromonte;
101 fabbricati, tra appartamenti, villette, autorimesse, magazzini e locali commerciali, siti nella provincia di Reggio Calabria e nella città di Roma; tra questi un pregiatissimo immobile in via Castello di Reggio Calabria, adibito a sede di istituto di credito e di agenzie assicurative, 4 villette di notevole valore residenziale nel comune di Santo Stefano di Aspromonte ed un appartamento di notevolissimo pregio in Piazza dei Re di Roma nella capitale;  
218 appezzamenti di terreno agricoli, per un’estensione complessiva di oltre 800 ettari, siti nella provincia di Reggio Calabria e, principalmente, nei comuni di Santo Stefano di Aspromonte e di Molochio;
numerosi rapporti finanziari, tra conti correnti, polizze assicurative e depositi titoli, per un valore stimato in oltre 7 milioni di euro.

Foto bene confiscato © Ansa