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gdf-web11Sono 47 gli arresti tra i “colletti bianchi”. Novanta gli indagati.

di AMDuemila - 7 novembre 2013
L'hanno chiamata “Araba fenice” la maxioperazione della Guardia di finanza, condotta in 5 regioni, che ha portato all'arresto di quarantasette persone (29 in carcere gli altri ai domiciliari). Si tratta di avvocati, commercialisti, funzionari di banca, imprenditori e professionisti reggini, affiliati o vicini alle più importanti cosche. L'operazione, che vede indagate novanta persone ed è coordinata dalla procura di Reggio Calabria, ha anche portato al sequestro di 14 società e beni per un valore di circa 90 milioni.

Così sono state effettuate oltre 90 perquisizioni tra Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia e Puglia per reati contestati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso, al trasferimento fraudolento di valori, quindi abusiva attività finanziaria, utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle modalità “mafiose”. 
Le indagini condotte dallo Scico di Roma, coordinate dal procuratore Federico Cafiero De Raho e il sostituto della Dda Giuseppe Lombardo, hanno dimostrato che le cosche mafiose dei Fontana, Condello, Lo Giudice, Latella, Serraino, Rosmini, Audino e Ficara sono tornate a spartirsi la città.
In particolare è stata svelata l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale di tipo mafioso in grado di condizionare la realizzazione di complessi residenziali privati, ovvero eseguire tutti i relativi e connessi lavori di completamento con la conseguente illecita percezione di profitti.
Secondo quanto spiegato dal Procuratore di Reggio, Federico Cafiero de Raho, “si tratta di un'operazione di grande significato perché colpisce le principali cosche reggine della 'Ndrangheta nella loro presenza esponenziale attraverso le imprese che operano nell'edilizia residenziale e che si avvalgono di commercialisti ed accoliti per imporre a tutti nel territorio reggino in cui operano la realizzazione di opere edilizie solo con le imprese di loro pertinenza o ad essi riconducibili''. “L'operazione - ha aggiunto Cafiero - assume, inoltre, particolare significato perché va a colpire il livello superiore della 'Ndrangheta, che delinea lo scenario di un'organizzazione criminale che si è sempre più mimetizzata nel mondo dell'economia e delle professioni e si impone a danno dell'economia legale”.
E' stato dimostrato come i professionisti agissero da veri “consiglieri” e “contabili” spiegando ai boss come e dove nascondere i patrimoni e le attività per evitare i sequestri dei beni da parte della magistratura. Poi c'erano anche gli affari delle cosche che, durante i summit, si spartivano gli affari.
Tutti venivano accontentati. C'era chi si occupava degli sbancamenti di terreno, quelle a cui interessava la carpenteria e quelle a cui venivano affidati la posa degli ascensori oppure degli infissi.
Talmente era forte il livello di infiltrazione che i boss venivano informati praticamente di tutto, di ogni controllo o indagine. Ciò era possibile, secondo gli inquirenti, grazie all'apporto di un avvocato, Mario Giglio, che si sarebbe incontrato con esponenti delle forze dell'ordine per ottenere le notizie da rendere note ai capimafia.