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cisterna-albertodi AMDuemila - 20 marzo 2012
Alberto Cisterna venga trasferito. Lo ha chiesto ieri la prima commissione del Csm al plenum dello stesso organo di autogoverno della magistratura. Approvando la proposta del relatore Roberto Rossi di trasferire d’ufficio il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia per incompatibilità funzionale, poiché con i suoi comportamenti avrebbe “irrimediabilmente  appannato” l'imparzialità necessaria per lo svolgimento del suo “delicato” ruolo.
Cisterna, uno dei vice del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, è infatti accusato per i suoi rapporti con uno dei fratelli Lo Giudice, famiglia legata alla ‘Ndrangheta.

La vicenda nasce da un’indagine, dai contorni ancora poco chiari, che ha coinvolto Cisterna a Reggio Calabria per corruzione in atti giudiziari. All’origine le dichiarazioni di Antonino Lo Giudice, il pentito che si è autoaccusato delle bombe fatte esplodere, nel 2010, davanti alla procura generale reggina e di fronte al portone dell’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro, oltre che dell’intimidazione fatta al procuratore Giuseppe Pignatone con il ritrovamento di un bazooka poco distante dalla sede della Dda.
Lo Giudice aveva riferito di rapporti intercorsi tra Cisterna e suo fratello Luciano, con incontri e contatti telefonici. Una frequentazione avvenuta “al di fuori dei doveri d’ufficio”, scrive oggi la prima commissione, pur “senza in alcun modo ipotizzare condotte” di favore del magistrato nei confronti della famiglia Lo Giudice. Dal canto suo Cisterna aveva spiegato ai pm di Reggio, e poi alla stessa Commissione del Csm, che il rapporto con Luciano, fratello di Antonino Lo Giudice era iniziato “per ottenere informazioni utili alla cattura del boss della ‘Ndrangheta Pasquale Condello”. “Nulla di illecito”, aveva detto, come nel caso di successivi contatti telefonici legati alle gravi condizioni del figlio di Lo Giudice e risalenti a quando Luciano non era coinvolto in vicende di criminalità, anzi era intenzionato a collaborare con la giustizia.
Tali spiegazioni non hanno però convinto i consiglieri che hanno deliberato la richiesta di trasferimento con 5 voti a favore e l'astensione del togato di Magistratura democratica Vittorio Borraccetti. La dura richiesta è contenuta in una corposa proposta di delibera di una quarantina di pagine consegnata al plenum di Palazzo dei Marescialli che dovrà prendere ora la decisione finale.  Anche se l’ampiezza dei consensi registrata in commissione fa chiaramente capire quanto la posizione del magistrato sia effettivamente a rischio.

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