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condello-domenico-webdi AMDuemila - 13 marzo 2012
Sono 17 i provvedimenti di fermo eseguiti stamani dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione denominata 'Lancio'. Il provvedimento non eseguito è quello emesso a carico di Domenico Condello, 56 anni, latitante già dal 1990, che è riuscito nuovamente a non farsi catturare.

Condello, tra l'altro, deve scontare una condanna dell'ergastolo. I fermati sono accusati, a vario titolo, di aver agevolato il latitante - inserito nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità che fanno parte del Programma speciale di ricerca - di essere affiliati alla cosca Condello, operante a Reggio Calabria e di intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose. L'operazione di oggi costituisce la prosecuzione dell'operazione 'Reggio-Nord', condotta dai carabinieri il 5 ottobre 2011, nel corso della quale furono individuati una parte degli interessi economici della cosca ed in particolare quelli relativi all'acquisizione del villaggio-discoteca 'Il Limoneto', una delle strutture turistiche più importanti dell'hinterland reggino, che secondo l'accusa sarebbe stato riconducibile allo stesso Condello anche se intestato a soggetti “puliti”.

Il boss ancora in libertà
“Cara commare io me ne sto andando. Mi diceva l'amico qui che ogni tanto per un paio di giorni posso venire, e io l'ho ringraziato. Lascio qui tutto quello che mi avete mandato perchè se torno mi può servire. Vi ringrazio di tutto”. Con queste parole il boss latitante Domenico Condello ringraziava per l'aiuto ricevuto durante la latitanza Giuseppa Santa Cotroneo, una delle donne fermate oggi, suocera del fratello del latitante. Un particolare che secondo i carabinieri del Ros evidenzia il ruolo svolto dalle donne della famiglia nel garantire a Condello la libertà nonostante le ricerche delle forze dell'ordine. E di donne, i carabinieri oggi ne hanno fermate sei. Oltre a Giuseppa Cotroneo, i militari hanno bloccato le due sorelle del latitante, Caterina e Giuseppa, quest'ultima moglie di Antonino Imerti, boss dell'omonima cosca conosciuto come «nano feroce», e la moglie e la zia di Condello, Margherita Tegano e Maddalena Martino. La sesta donna, Mariangela Amato, è la proprietaria di un appartamento dal quale era stato realizzato l'allaccio elettrico ad un covo scoperto nel gennaio 2011 nel quale si era rifugiato il boss latitante. Nel covo sono anche state trovate delle medicine che i carabinieri hanno accertato essere stati prescritti alla suocera, che però non è indagata. Le donne, secondo l'accusa, avevano il compito di assistere, a vari livelli, la latitanza di Condello assicurandogli ospitalità e assistenza materiale, oltre all'intestazione fittizia di beni nella sua disponibilità. L'inchiesta della Dda, coordinata dai pm Giuseppe Lombardo e Rocco Cosentino, ha portato anche al fermo del padre, del fratello, dello zio e del nipote del boss, oltre ad alcuni fiancheggiatori. Tra gli indagati figurano anche altre Antonino Imerti e Bruno Tegano per i quali non è stato emesso il provvedimento di fermo essendo già detenuti.
Un contributo fondamentale allo sviluppo delle indagini è stato fornito dai carabinieri del Ris di Messina, che hanno eseguito una serie di accertamenti tecnici e di comparazioni su reperti biologici e su alcune lettere.

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