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logo-giudiciTra gli arrestati un giudice ed un consigliere regionale del Pdl
di Aaron Pettinari - 1°dicembre 2011
Non sono solo i boss del clan della 'ndrangheta delle famiglie Valle-Lampada a finire alla sbarra nella maxioperazione coordinata dalle Procure di Milano e Reggio Calabria. Ad essere colpita è stata anche quella “zona grigia che poi gli associati sfruttano per assumere notizie riservate, per ottenere favori nelle aste immobiliari, per allargare le proprie relazioni istituzionali e la capacita’ di penetrazione nel tessuto economico e istituzionale”.

Così sono finiti in manette il presidente delle misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giuseppe Giglio, il cugino medico Vincenzo, il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl), l’avvocato Vincenzo Minasi e il maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Mongelli. Inoltre, perquisito e indagato è anche il gip di Palmi Giancarlo Giusti. I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa, al concorso esterno, alla corruzione fino alla rivelazione del segreto d’ufficio e alla intestazioni fittizia di beni. Nell'ordinanza di custodia cautelare il gip milanese Giuseppe Gennari spiega come si è arrivati al cuore di una ”vera e propria ragnatela di relazioni inestricabili e connesse” in cui ”tutti prendono e danno qualcosa. Il giudice Giglio ci guadagna il posto per la moglie, Morelli il sostegno politico e gli affari comuni con i Lampada, Giusti viaggi e donnine, Luigi Fedele -capogruppo Pdl in regione Calabria- il sostegno elettorale, i Lampada le notizie sulle indagini che li riguardano e l’allargamento delle loro conoscenze politiche ed istituzionali”.

Ed è proprio lo scambiarsi favori che intreccia continuamente l'operato tra i vari soggetti.
Dalle indagini è emerso, ad esempio, uno stretto rapporto tra il giudice Vincenzo Giuseppe Giglio (nell’ultimo anno autore di numerosi provvedimenti di sequestro nei confronti di affiliati alle cosche della ‘ndrangheta: 330 milioni di euro al re dei videopoker Gioacchino Campolo e 190 milioni di euro alla cosca Pesce), ed il consigliere regionale Franco Morelli.
Quest'ultimo nel maggio 2010, chiese (e ottenne) a Giglio di approntargli un documento, da presentare come mozione in Consiglio regionale, di condanna rispetto a recenti episodi intimidatori ai danni della Procura reggina. E’ stato lo stesso Giglio, subito dopo, a consigliare a Morelli di sollecitare un' intervista per “mettere meglio il cappello sulla iniziativa”.
Per gli inquirenti non ci sono dubbi che “la solidarietà di Morelli nei confronti dei magistrati sia solo finalizzata ad acquisire punti sul piano dell’immagine più che ad effettuare interventi sul piano sostanziale”.
Quindi è stato anche svelato il “do ut des” che si genera da questa “relazione”. Infatti grazie all’interessamento del politico la moglie di Giglio, Alessandra Sarlo, è stata poi nominata Commissario dell’Asp di Vibo nel luglio del 2010. Un’azienda che il 17 dicembre dello stesso anno è stata sciolta per infiltrazioni mafiose dal Consiglio dei Ministri su proposta dell’allora Ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Per contro il magistrato, stando agli accertamenti della Dda di Milano, avrebbe informato, tramite fax, il politico, tranquillizzandolo sulla mancanza di indagini sul proprio conto.

Le fughe di notizie e i rapporti con Zumbo
Il problema delle fughe di notizie era già emerso anche in altre indagini e ancora una volta vi è un riferimento al commercialista Giovanni Zumbo. “Le indagini milanesi e reggine denominate ‘Patriarca’, ‘Infinito’ e ‘Tenacia’ (confluite sotto la unica denominazione di ‘Crimine’)” – scrive il Gip milanese Giuseppe Gennari – “sono state costellate da gravissime fughe di notizie…principale protagonista delle è un uomo in rapporti con i Servizi segreti. Zumbo, in una delle conversazioni, arriva a dire di avere consigliato i suoi interlocutori di non arrestare Pasquale Condello perché ciò avrebbe provocato disordini e rotto equilibri…il magistrato Giglio” – continua l’ordinanza – “con il quale Zumbo esibisce, a parole, grande familiarità, viene esplicitamente indicato come fonte di notizie relative all’indagine 'Tenacia', come personaggio avvicinabile per ottenere favori relativamente a procedimenti di prevenzione, come personaggio notoriamente corrotto”. “Naturalmente - prosegue il gip - al momento abbiamo solo la parola di Zumbo, di Pelle, di Ficara e di Billari. E questo non è sufficiente per contestare fatti specifici a Giglio. Tuttavia sono più che legittime una serie di considerazioni: i personaggi che parlano sono criminali di notevole spessore che discutono di cose estremamente serie che li riguardano direttamente, quindi non è un contesto scherzoso o che può dare luogo a sbruffonate; il contesto è estremamente riservato e reputato sicuro, cosicchè i partecipi si sentono liberi di parlare anche di aspetti molto delicati; l'ipotesi di calunnia è del tutto fantascientifica visto che i dialoganti stanno concretamente cercando di capire come risolvere i loro problemi. Il riferimento a Giglio è reiterato e viene da più parti indicato come avvicinabile”. Inoltre, sottolinea il gip, la conoscenza tra Giglio è Zumbo è verificata. Infatti, nel 1996, il giudice nominò Zumbo amministratore di alcuni beni sequestrati alla cosca Latella-Ficara.

Morelli “anello di collegamento”
Le accuse specifiche nei confronti di Francesco Morelli sono davvero pesanti. Secondo i magistrati, il politico del Pdl vicino a Giuseppe Scopelliti, ex An, presidente della II commissione Bilancio, programmazione economica e attività produttive, era «l'anello di collegamento tra le cosche e gli ambienti politici nazionali». Inoltre avrebbe fatto parte della fitta rete di politici locali usati dal clan calabro-lombardo per tentare di scalare i Monopoli di Stato.

Compare anche il nome di Alemanno
Tra le carte dell'inchiesta a saltar fuori è anche il nome del primo cittadino di Roma, Gianni Alemanno, che di Morelli ha sostenuto la candidatura durante la campagna elettorale. Il primo cittadino della Capitale avrebbe incontrato esponenti del clan dei Lampada in occasione di manifestazioni elettorali. Il fatto sarebbe avvenuto nel 2008 durante una serata organizzata al Cafè de Paris a Roma nella quale Giulio Lampada, ha conosciuto l'allora ministro delle Politiche agricole forestali Gianni Alemanno, e alla quale erano presenti anche Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente della Autorità garante per la protezione dei dati personali, e il deputato Bonfiglio. A descrivere l'incontro in una conversazione telefonica del 3 aprile 2008 è lo stesso Giulio Lampada al telefono con Mario Giglio. Lampada spiega che “l'altra sera mi hanno presentato Gianni Alemanno...tu immagina il ministro con il microfono in mano, seguimi, 'ringrazio il gruppo Lampada, noto industriale calabrese a Milano, e il dottore Vincenzo Gigliò, noi in un angolino che gli alzavamo la mano tipo 'cià, cià, cià”. Per il giudice “questa vicenda è la dimostrazione delle potenzialità che è in grado di produrre la strategia di Lampada. Attraverso il meccanismo delle conoscenze concatenate (...) possono arrivare agevolmente ai vertici politici ed entrare in contatto con personaggi di rilievo governativo e nazionale”. Tuttavia, hanno assicurato fonti giudiziarie, Alemanno è estraneo a qualsiasi ipotesi di reato, e persino lo stesso Morelli, intercettato al telefono durante l'indagine, temendo di essere sotto inchiesta, si mostra preoccupato per il rischio di aver inquinato il nome dell'oggi sindaco di Roma, organizzando gli incontri.

Il “consigliori della cosca Gallico”
Per quanto riguarda l'avvocato Vincenzo Minasi questi è finito agli arresti in quanto sospettato di essere un “consigliori della cosca Gallico, gestendone gli interessi economici e fornendo consulenze in materia finanziaria e intermediazione immobiliare”.
Nell'indagine reggina l'avvocato è dipinto come il regista dell'occultamento di beni e denari dei boss attraverso società di comodo, intestate a prestanome. Non solo in Italia, ma anche in Svizzera e negli Stati Uniti. Proprio Teresa Gallico è stata intercettata mentre ne parlava col fratello ergastolano Domenico, nella sala colloqui di un carcere: “Sono andata ieri, gliel'ho detto... a Minasi, "avvocato... questa situazione è molto delicata, cosa si può fare?". "Molto semplice", ha detto..."venite a Lugano..."”.

Squarciato il velo sulla “zona grigia” quella di ieri potrebbe essere solo una prima parte di nuovi capitoli di indagini. Come ha detto oggi il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, parlando in una conferenza stampa negli uffici della Procura per illustrare l'operazione ha spiegato che “ci sono lavori in corso, non solo a Catanzaro ma anche a Milano” sulla possibile presenza di “talpe” che possano aver rivelato informazioni agli esponenti mafiosi.
Dalle carte dell'inchiesta milanese emerge infatti che parte delle notizie che giungono ai Lampada sull'inchiesta in atto “sono particolarmente accreditate perchè sembrano provenire da un colonnello del Ros di Reggio”. Il riferimento è a quanto viene detto il 17 marzo 2010 nel corso di un colloquio tra l'avvocato Vincenzo Minasi, Francesco Lampada e Leonardo Valle in cui si parla proprio della prima fase dell'inchiesta milanese che portò, nel giugno 2010, ai primi arresti. Minasi, riferendo ciò che gli è stato detto da Giulio Lampada, dice agli altri che un giovane ha fornito alcune notizie sull'inchiesta e aggiunge “il papà con il colonnello del Ros”. “Allora - dice Francesco - il papà è in amicizia con un colonnello del Ros?”. “È socio”, risponde Minasi che poi alla successiva domanda “chi è questo colonnello del Ros”, risponde: “e che ne so?”.


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