Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

 

grasso-piero-web18La denuncia del procuratore nazionale Antimafia che ha criticato anche altri punti
di Aaron Pettinari - 26 ottobre 2011
Era stato annunciato come lo strumento che doveva mettere ordine a tutte le norme contro la criminanlità organizzata, ma se da una parte ci sono dei buoni spunti, dall'altra sono presenti clamorose carenze come l'abrogazione della norma della legge che istituiva l'Agenzia nazionale dei beni sequestrati nella quale la 'Ndrangheta veniva equiparata a Cosa nostra e alla Camorra.

Ed è proprio il procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso a lanciare l'allarme muovendo pesanti critiche al nuovo testo, entrato in vigore nelle prime settimane di ottobre. “Il nuovo Codice ha abrogato il decreto, poi convertito in legge, che istituiva l'Agenzia nazionale per i beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata. E con esso una norma che qualificava la 'ndrangheta come organizzazione criminale di stampo mafioso, al pari di Camorra e Cosa Nostra. Abrogando il testo il legislatore ha abrogato anche la'ndrangheta. Non voglio pensare si tratti di una volontà politica penso piuttosto sia effetto di una distrazione alla quale mi auguro sia posto rimedio” ha affermato Grasso.
“Da un nuovo codice ci si aspetta chiarezza e certezza interpretativa per una più agevole consultazione normativa – ha poi sottolineato – e invece c’é stata una incomprensibile autolimitazione da parte del governo, che ha lasciato fuori dal provvedimento norme di primaria importanza per il contrasto alla mafia”. Norme che Grasso chiama ‘di contorno’ ma che sono però “fondamentali” come lo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa, i colloqui a fini investigativi, le leggi sulle vittime della mafia e quelle sugli appalti. “Ci saremmo aspettati che tutte queste leggi fossero unificate nel codice, ma così non è stato”. Critiche al nuovo codice antimafia il procuratore le ha riservate anche ai termini di confisca e sequestro. “I due anni e sei mesi previsti per giungere, anche in appello, alla confisca di beni e aziende nelle mani della criminalita' sono troppo brevi, soprattutto se si considera - ha sottolineato Grasso - che ''in Corte di appello sono necessari anni e anni per compiere accertamenti. Per questo avevamo proposto, ma il suggerimento non e' stato accolto, la sospensione del termine durante la perizia''.
Il rischio e' che i beni sequestrati alle mafie tornino nelle mani dei boss prima della definitiva confisca. ''In una logica di processo breve non si risolve cosi' il problema della
celerita' del processo'', ha commentato il procuratore Antimafia augurandosi che ''cio' non si traduca in una diminuzione delle garanzie'', vale a dire in una tendenza a chiedere ''meno perizie per fare presto''.
Inoltre con il nuovo codice ''non è stato risolto il problema delle ipoteche sui beni confiscati con il risultato che la situazione resta bloccata''.
“Non si può continuare a spacciare per Codice antimafia ciò che non lo è, questo è il Codice delle misure di prevenzione e della documentazione antimafia. Ma sono fiducioso – ha concluso il procuratore nazionale antimafia – che si possa arrivare a quelle modifiche normative necessarie. Abbiamo tre anni davanti e dobbiamo cercare di approntare migliorie ad un provvedimento approvato troppo in fretta”.
Proprio in materia di beni confiscati importanti critiche al codice erano state fatte ancor prima dell'entrata in vigore lo scorso 13 ottobre dal presidente di Libera, don Luigi Ciotti che proprio sulla tempistica della confisca, che decade se entro 18 mesi una sentenza d’appello non conferma il primo grado, aveva detto: “Il nuovo codice antimafia è un preoccupante passo indietro. Sappiamo bene che quei signori possono permettersi ottimi avvocati, che sanno molto bene come fare scadere il tempo. Inoltre non viene affrontato un altro importante tema con il cinquanta per cento dei beni sequestrati ai mafiosi che è bloccato dalle ipoteche bancarie. Comuni e associazioni oggi non hanno i fondi necessari per sbloccarli”.
Altro punto delicato concerne la destinazione delle aziende confiscate, la cui disciplina andrebbe migliorata in modo da evitare che tali aziende falliscano o cessino l'attività prima del loro riutilizzo. Ma altre carenze alla norma vengono segnalate anche in ordine alle deboli misure su antiriciclaggio e tracciabilità dei flussi finanziari, sul rafforzamento delle intercettazioni telefoniche e ambientali (anzi minacciato dalla riproposizione del ddl “bavaglio”), sulla mancata revisione dell’art. 41ter c.p. concernente la corruzione elettorale, attualmente inapplicabile. E' per questo che addetti ai lavori, società civile e il mondo dell'associazionismo antimafia continuano ad invocare nuovi interventi legislativi. Perché ormai appare chiaro che le lacune presenti nell'attuale testo vanno colmate, a meno che l'intento non sia proprio quello di favorire la mafia.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos