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Colpita la famiglia di Corso Calatafimi
di AMDuemila - Video/Foto
Questa mattina, a Palermo, i Carabinieri del Comando Provinciale hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’Ufficio Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 15 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione e vendita di droga, commessi con l’aggravante delle finalità mafiose.
L’indagine, diretta dal Procuratore Aggiunto Salvatore De Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli e in particolare sulla famiglia mafiosa di Corso Calatafimi, particolarmente attiva all'interno dell'organizzazione criminale.
Alcuni degli elementi indiziari emersi nel corso delle indagini erano già confluiti nel provvedimento di fermo d'indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo ed eseguito il 4 dicembre 2018 - operazione "Cupola 2.0" - con la quale era stata smantellata la nuova commissione provinciale di cosa nostra palermitana, che si era riunita per la prima volta il 29 maggio 2018. In quel contesto erano state già tratte in arresto 10 persone ritenute appartenenti al mandamento mafioso di Pagliarelli, tra cui Settimo Mineo, capo del mandamento mafioso, Filippo Annatelli, reggente della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi e Salvatore Sorrentino, referente del Villaggio Santa Rosalia.

op eride arresti

I 15 indagati dell'operazione Eride


La riorganizzazione passa dal traffico di droga
Secondo gli elementi raccolti la riorganizzazione della struttura criminale di Cosa nostra passa inevitabilmente dalla "gestione del traffico e della vendita di stupefacenti nel territorio controllato dalla famiglia mafiosa di Corso Calatafimi" e gli incassi del traffico di droga sul territorio palermitano confluivano direttamente nelle casse dei boss. "La complessa indagine - si legge nella nota - rivelava uno spaccato della realtà mafiosa palermitana e del suo diretto coinvolgimento in dinamiche legate al traffico e alla vendita al dettaglio di sostanze stupefacenti di diverso genere, i cui proventi, decurtati del guadagno dei singoli spacciatori individuati e autorizzati a smerciare droga dal sodalizio, confluivano nelle casse dell'organizzazione"
Scrivono gli inquirenti che "la rimodulazione degli assetti veniva proposta a Filippo Annatelli, reggente della famiglia mafiosa, da un affiliato della consorteria, Salvatore Mirino, deciso a convincere il proprio referente mafioso ad affidargli, a pochi giorni dalla sua scarcerazione, la direzione operativa delle attività legate allo smercio di droga nell'area controllata dal sodalizio. Il progetto proposto da Mirino otteneva l'avallo della figura verticistica della famiglia e comportava la contestuale estromissione dei soggetti sino a quel momento deputati a gestire il traffico illecito". Attraverso lo stretto monitoraggio degli affiliati, i magistrati hanno documentato "le fasi precedenti, concomitanti e successive all'incontro riservato, avvenuto nel febbraio del 2017 all'interno di un'agenzia di onoranze funebri, tra Annatelli e Mirino in cui si decideva, in favore del secondo, di estromettere il sodale precedentemente incaricato della gestione del traffico di stupefacenti, individuando la necessità di affidare a nuovi personaggi di massima fiducia il controllo della vendita di droga su Corso Calatafimi".
E La nuova struttura era così articolata: Filippo Annatelli, al vertice della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi, "demandava la gestione operativa ad altri sodali, autorizzandone le iniziative di volta in volta prospettate, e manteneva i rapporti con le figure qualificate delle altre famiglie mafiose palermitane, intervenendo in prima persona in caso di frizioni tra i membri delle diverse consorterie". Mirino ed Enrico Scalavino, spiegano gli investigatori, erano "deputati alla gestione operativa dei traffici e dello smercio della droga, fungevano da intermediari". Giuseppe Massa, detto Chen, e Ferdinando Giardina, responsabili della fornitura dello stupefacente ai pusher di livello inferiore, erano incaricati anche della riscossione del denaro derivante dalla vendita della droga.



I summit
Il lavoro degli investigatori ha permesso anche di registrare alcuni summit. Così è emerso che tra il marzo e l'aprile del 2018 la Cupola mafiosa si è riunita due volte all'interno di una "parruccheria" palermitana presieduti da Annatelli: al primo partecipava Salvatore Mirino e Gaspare Rizzuto reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro", dicono gli investigatori. Mentre "al secondo prese parte, oltre a Rizzuto anche Salvatore Pispicia, uomo d'onore della famiglia mafiosa di Porta Nuova nonché diretta espressione della volontà mafiosa del cugino Gregorio Di Giovanni, capo del mandamento mafioso di Porta Nuova". "Dopo alcune imprudenti espressioni di Scalavino, che aveva riportato al proprio referente mafioso un presunto inasprimento dei rapporti con la limitrofa consorteria, originato da alcune incomprensioni su quali fossero le fonti legittime di approvvigionamento dello stupefacente, infatti, i due incontri si erano resi necessari per chiarire, piuttosto, la persistenza di ottime relazioni tra i sodalizi e l'intenzione di continuare a collaborare nell'illecito traffico e nella successiva redistribuzione di stupefacenti, attività illecita redditizia e funzionale a garantire introiti per cosa nostra palermitana", dicono gli inquirenti.
"Con questa operazione abbiamo dimostrato come il traffico di droga sia ancora una delle attività principali di Cosa nostra per garantirsi l'afflusso di denaro per la gestione delle attività della compagine criminale" ha commentato il generale Arturo Guarino, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo. "Sono stati dimostrati rapporti tra vari mandamenti della città per la gestione del traffico di droga. Le persone arrestate la notte scorsa rientrano nell'orbita della famiglia mafiosa di corso Calatafimi, una famiglia già colpita nell'ambito delle attività dell'operazione 'Cupola 2.0' - dice ancora il generale Guarino - quando fu disarticolato il tentativo di Cosa nostra di ricostituire la cupola mafiosa in provincia di Palermo".

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