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di AMDuemila
Il pm Paci racconta il piano di Riina del 1991 per eliminare Falcone a Roma

"La Supercosa decise le stragi a Castelvetrano tra il 10 ottobre e il 2 novembre 1991". A dirlo è il pubblico ministero Gabriele Paci, durante la requisitoria sul ruolo del superlatitante Matteo Messina Denaro come mandante delle stragi del 1992 per il quale è imputato a Caltanissetta. La riunione - a cui avrebbe partecipato il super latitante, oltre a Totò Riina, Enzo Sinacori e i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano - si sarebbe svolta in un terreno intestato a Pietro Giambalvo, un mafioso originario di Santa Ninfa (Trapani) oltre che uno dei prestanome di Totò Riina, che gli aveva intestato diversi feudi a Castelvetrano. Della riunione ha parlato, durante il processo, il collaboratore di giustizia di Mazara del Vallo Vincenzo Sinacori. "Quando Sinacori viene informato della riunione da Agate, quest'ultimo non sapeva niente, vanno a Castelvetrano, nel territorio di Matteo, e Riina parla, dando delle spiegazioni", ha detto il procuratore aggiunto di Caltanissetta. "Quando si vedono, c'è già stato un incontro tra Matteo e Riina, tanto che quando arrivano sul posto - ha aggiunto - li trovano già insieme". Il capo dei corleonesi, durante la riunione, "ci parlò di un calabrese amico di Matteo (Antonio Scarano, condannato e morto per infarto nel 2004) che ci avrebbe fornito tutto l'aiuto possibile", disse Sinacori durante il processo. "Cronologicamente, prima ci sono le riunioni fatte nell'ennese e poi, dopo aver raccolto il consenso delle altre famiglie, Riina fissò questa che non era una riunione della provincia di Trapani - ha continuato il magistrato - era un comitato ristretto a cui partecipavano palermitani e gli uomini del mandamento di Castelvetrano e Mazara del Vallo: poi scopriremo che era la Supercosa". La riunione sarebbe avvenuta tra il 10 ottobre e il 2 novembre 1991, perché Sinacori disse che fu dopo la trasmissione in cui Maurizio Costanzo bruciò in diretta una t-shirt in tv con scritto "Mafia made in Italy" e prima dell'attentato eseguito contro Pippo Baudo. "L'idea al tempo in cui si indagava, anche sulla base delle false notizie date dal collaboratore Vincenzo Calcara - ha detto il pm Gabriele Paci - era che Mariano Agate fosse il rappresentante di Cosa Nostra trapanese", ma da questa circostanza emerge chiaramente il ruolo di Matteo Messina Denaro, in sostituzione del padre don Ciccio, che da tempo era a capo del mandamento di Castelvetrano e della mafia trapanese.

Falcone da eliminare a Roma
Durante la requisitoria il pm Gabriele Paci ha anche parlato del progetto di attentato a Giovanni Falcone da parte del Capo dei Capi Totò Riina quando il giudice lavorava a Roma. "Nell'ottobre del 1991 - ha detto Paci - si tenne una riunione alla quale parteciparono Totò Riina, Matteo Messina Denaro, Mariano Agate, Vincenzo Sinacori e i fratelli Graviano. Nel corso di quella riunione Riina annunciò la volontà di lanciare un'offensiva per dare risposta a quella che ormai era una disfatta annunciata (l'esito infausto del maxi-processo) e i cui responsabili erano a suo parere il ministro Martelli, Giovanni Falcone e l'onorevole Lima. Fu una sorta di chiamata alle armi". Riina, ha raccontato il magistrato - avrebbe detto ai suoi 'dovete andare a Roma'. Nella Capitale ad aspettare i boss ci sarebbe stato Antonio Scarano, un calabrese che avrebbe dovuto dare un appoggio nel corso della cosiddetta "missione romana" per cercare gli obiettivi, che erano Falcone, Martelli, Maurizio Costanzo e altri giornalisti, tra i quali Andrea Barbato, Michele Santoro, Enzo Biagi e il presentatore Pippo Baudo. A Roma avrebbero dovuto prendere l'esplosivo.

La fratellanza tra Messina Denaro e i Graviano
Sempre parlando di quella riunione avvenuta a Castelvetrano nell'ottobre del 1991 Gabriele Paci ha sottolineato la sua importanza "anche per una sorta di fratellanza, una impresa criminale che nasce, da quel momento tra Matteo Messina Denaro e i fratelli Graviano, in particolare Giuseppe, che si legheranno al punto che entrambi si scambieranno i luoghi di latitanza, ma soprattutto non c'è più un momento che vede i due divisi da Matteo Messina Denaro nella strategia stragista. In tutti gli atti sono co-protagonisti. Anche il gioielliere Geraci ricorderà che Messina Denaro regalò un girocollo da 50 milioni a Giuseppe Graviano. Passavano insieme anche le vacanze fino all'arresto dei Graviano che risale al '94".

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