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di Aaron Pettinari
Ritrovato un verbale di Brusca, agli atti del caso Agostino

“Ma ti ricordi, dducu a Capaci?, .....In sostanza, dducu a Capaci, unni ci ficimu l’attentatuni”, dove “Santino, avia l'officina...”. E' questo uno degli stralci della nota intercettazione ambientale, durante le indagini sulla strage di Capaci, nel famoso covo di via Ughetti 17, a Palermo, in cui si nascondevano Gioacchino La Barbera (poi divenuto collaboratore di giustizia) e Antonino Gioé (morto suicida in carcere in circostanze misteriose nell'estate del 1993). I due furono arrestati, ma attorno a quel covo si concentra un alone di mistero per una serie di curiose coincidenze che attestano, in quello stesso periodo, delle registrazioni effettuate dagli agenti della Dia, la presenza di altri soggetti implicati nelle stragi di mafia e uomini dei Servizi Segreti.
Oggi, nel giorno dell'anniversario dell'attentato, in cui morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di Scorta, Salvo Palazzolo, sul quotidiano La Repubblica, racconta del ritrovamento di un verbale dell'ex boss di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca, che già nel 1997 rivelava che il costruttore di quello stabile, Antonino Seidita, successivamente tratto in arresto per associazione mafiosa, era anche in contatto con i servizi di sicurezza.
Il verbale è finito agli atti dell'inchiesta sull'assassinio del poliziotto Antonino Agostino, ucciso il 5 agosto 1989 assieme alla moglie Ida Castelluccio. La Procura generale che ha chiuso le indagini nei confronti dei boss Nino Madonia (capomandamento di Resuttana già detenuto dal 1987) e Gaetano Scotto (boss dell'Acquasanta indicato da diversi collaboratori di giustizia come ponte tra Cosa nostra e i servizi segreti deviati), e Francesco Paolo Rizzato (amico del poliziotto, indagato per favoreggiamento) ha rinvenuto il documento.
Brusca definiva Seidita come un "socio occulto del capomafia Salvatore Cancemi, era vicino o legato ai servizi segreti". Il verbale è del 5 marzo 1997. Quella traccia non venne approfondita, al tempo, dagli organi inquirenti. Ma delle tracce erano comunque rimaste.

Quelle telefonate tra Seidita e il funzionario del Sisde
Alcuni anni fa, come ricorda il quotidiano, da un'indagine della Procura di Caltanissetta emersero alcuni contatti telefonici tra un funzionario dei servizi segreti (Lorenzo Narracci, ex funzionario Sisde la cui posizione fu poi archiviata, ndr) e la società di Seidita, la Co.se.da. srl.
Osservando i tabulati telefonici si scoprì l'esistenza di quattro telefonate tra un numero di telefono (il 337/806133) intestato a una società di copertura dell’ex Sisde (la "G.u.s.", Gestione unificata servizi) e il cellulare intestato alla ditta del costruttore palermitano. "Il 26 gennaio 1993, alle 8,19, la conversazione era durata 74 secondi. Il 29, alle 16,45, 107 secondi; due minuti più tardi, 58 secondi; il 1° febbraio, alle 16,14, il telefonino dei Servizi era entrato in contatto con il cellulare intestato alla ditta Seidita per 287 secondi" scrive La Repubblica.
Ovviamente non è dato sapere i contenuti di quelle comunicazioni. Certo è che per le forze dell'ordine già nel 1993 il nome di Seidita era noto. La sua storia si interseca con una figura importantissima di Cosa nostra, l'ex boss di Porta Nuova Totò Cancemi (poi divenuto collaboratore di giustizia ed oggi deceduto), con cui era in società.
Su Seidita si è concentrata in questi mesi la Procura generale di Palermo. Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato e i sostituti Domenico Gozzo e Umberto De Giglio hanno scritto ai colleghi della procura di Caltanissetta chiedendo gli atti che erano stati raccolti sul costruttore vicino all'associazione mafiosa.
Così agli atti dell'inchiesta sul caso Agostino è stata depositata anche la nota della Dia nissena in cui si dà atto che il numero di telefono, il 337/ 806133, "intestato al Gus, era in uso a Lorenzo Narracci".
Come spiega La Repubblica, nonostante l'archiviazione delle indagini nei suoi riguardi, su quelle telefonate nulla si è saputo, in quanto sono emerse soltanto successivamente.

Bonferraro racconta la presenza dei Servizi in via Ughetti
Attorno al palazzo di via Ughetti vi sono anche altri elementi di mistero che fanno proiettare lo sguardo verso i servizi di sicurezza. Nel dicembre 2016, al processo trattativa Stato-mafia, si è tenuta la deposizione di Salvatore Bonferraro, sostituto commissario di Polizia che dal settembre del '92 ad oggi, è in servizio presso il centro Dia di Palermo e fu tra gli investigatori che si occupò delle indagini sulla strage di Capaci.
In aula, di fronte alla Corte d'Assise, raccontò gli accertamenti svolti nel corso del tempo da cui emerse che, proprio nell'appartamento di fronte a quello in cui si trovavano Gioé e La Barbera, aveva trovato riparo Salvatore Benigno, uomo d'onore della famiglia di Misilmeri, condannato all'ergastolo in quanto responsabile per le stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Ad anni di distanza non appare come una coincidenza la presenza dei tre boss nello stesso stabile.
Non solo. Sempre Bonferraro riferì di aver visto in quel palazzo anche la presenza di esponenti dei servizi segreti. “E' successo un fatto durante un cambio serale - raccontò nel 2016 - La sera del sedici marzo 1993 scesi in ascensore e quando si aprirono le porte del piano terra mi trovai due persone che erano del Sisde. Si trattava di Nunzio Purpura, funzionario del centro Sisde di Palermo (divenuto capo centro nel novembre 1997 fino al 2004, ndr), e Antonina Lemmo, anche lei appartenente al Sisde che diventò poi sua moglie. In merito a questo incontro feci anche una relazione di servizio il giorno successivo”. Ma non fu quello l'unico episodio “inconsueto”. “Parlando con un collega, descrivendo le fattezze del Purpura - ha aggiunto Bonferraro - mi disse di aver incontrato questa persona mentre facevano un servizio di osservazione su Giovanni Scaduto. Scaduto si incontrava giornalmente con Gioé e La Barbera ed è il genero di Salvatore Greco, detto il Senatore. Fa parte dello stesso gruppo di Gioé. Ebbene mentre loro osservavano lo Scaduto il Purpura li guardava. Addirittura si accorsero di essere seguiti durante un pedinamento”.
Episodi che tornano alla ribalta ora e su cui si è concentrato l'occhio degli inquirenti che cercano di far luce anche sui rapporti tra mafia e Servizi. A 28 anni dalle stragi anche questi sono aspetti che andrebbero approfonditi e dietro cui, potrebbero nascondersi ulteriori frammenti di verità.

In foto: il palazzo di via Ughetti 17, a Palermo

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