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gaspare mutolo mfia non lascia tempodi Giada Trobbiani - Video
Presentato il libro di Anna Vinci sul pentito Gaspare Mutolo

Nel caldo pomeriggio di venerdì 20 settembre, all'interno dell'atrio “Paolo Borsellino” della Biblioteca comunale di Casa Professa di Palermo, ha avuto luogo l'evento dedicato alla presentazione del libro “Gaspare Mutolo. La mafia non lascia tempo” di Anna Vinci.
A presiedere l'incontro moderato dal giornalista Aaron Pettinari, oltre l'autrice, troviamo lo scrittore e giornalista de Il Fatto Quotidiano Giuseppe Lo Bianco e il fondatore-direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni, quest'ultimo intervenuto brevemente per via telefonica così come l'ex “braccio destro” di Totò Riina, nonché protagonista del saggio, Gaspare Mutolo.
Diciannove anni da operativo della mafia, ventidue omicidi, guardaspalle del boss palermitano Rosario Riccobono, killer ed autista del capo dei capi corleonese, il sanguinario Totò Riina. Questo è stato Mutolo fino alla scelta di dissociarsi, nel giugno del 1992 quando da uomo d'onore di Cosa nostra si è “convertito” in collaboratore di giustizia, attraverso anche l'incontro salvifico con Falcone e Borsellino.
Il libro racconta questo percorso difficoltoso, mettendo in evidenza anche quelle contraddizioni che a volte si scorgono nel ragionamento sviluppo dallo stesso pentito. Perché la strada verso il cambiamento è impervia e passa da varie fasi. Così si possono sentire affermazioni stonate (“Non pesa ammazzare gente del proprio ambiente”), ma anche una presa di coscienza dal momento in cui la mafia ha iniziato ad uccidere anche le donne, madri, sorelle e mogli. In quel momento Mutolo si è sentito tradito da Cosa nostra e da Riina, decidendo così di parlare. Non è semplice “cambiare la mentalità” dopo aver vissuto per anni in un certo contesto. E questa fatica traspare nel momento in cui si esplicita l’idea di una mafia considerata “buona”, rispettosa cioè di un codice d'onore (“si c’erano regole che dovevano essere rispettate. Ma ho capito che si commettevano errori che non rifarei”, ha detto lo stesso Mutolo intervenuto telefonicamente), ed una sua controparte ancora più “spavalda”, assassina, mossa da un sentimento di vendetta verso uno Stato non più connivente.

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Gaspare Mutolo in una scena del film di Franco Maresco, "Belluscone - Una storia siciliana"


Ed è stato proprio questo uno dei temi affrontati nella conferenza dedicata al libro di Anna Vinci, pubblicato una prima dalla casa editrice Rizzoli nel 2013 (poi acquista da Mondadori), ed oggi ristampato da Chiarelettere.
Gaspare Mutolo, il collaboratore di giustizia più rilevante insieme a Tommaso Buscetta, è stato il primo a raccontare delle infiltrazioni della mafia con lo Stato. “La penna meravigliosa di Anna Vinci - ha detto Giorgio Bongiovanni - ha saputo esprimere le esperienze di vita di un collaboratore di giustizia, raccontandone tutti i drammi. È importante conoscere la sua storia personale, perché è uno di quei personaggi che ha visto lo Stato trattare con la mafia e ha accusato uomini delle Istituzioni, poi condannati in via definitiva, come il dottor Contrada.
Nell’incontro dibattito ci si è chiesti se, anche alla luce delle verità emerse in processi come quello sulla trattativa Stato-Mafia, siano sufficienti le testimonianze di pentiti della criminalità organizzata o se invece “il contributo di un pentito di Stato sia auspicabile”, come ha affermato Lo Bianco, aggiungendo che i motivi per cui questo dovrebbe avvenire in realtà siano tantissimi dal momento in cui “oggi il quadro politico è in movimento ed un pentito di Stato farebbe fare un salto di qualità importante”.
Anna Vinci, in maniera sarcastica e tagliente, ha evidenziato come possa nella politica il tema della responsabilità sia spesso dimenticato: “Così come Mutolo non si sentiva responsabile dei delitti, perché si definiva un soldato di mafia, così fanno anche i rappresentanti di Stato: prima le responsabilità avevano un valore, adesso se uno sbaglia va al programma Porta a Porta”.



L’appello di Mutolo

Nel corso della presentazione, le trame del dibattito hanno toccato anche le delicate corde della questione di genere, affrontando il ruolo che la donna può avere all'interno della struttura militare mafiosa. A tal proposito Mutulo, intervenuto telefonicamente, ha fatto un appello a tutte le donne siciliane non solo esortandole ad abbandonare la mafia ma anche ad essere sprone verso i propri mariti e figli per compiere questo importante passo: “A tutte le mogli, le madri, le figlie dei mafiosi, alle donne siciliane disposte a fare tutto per gli uomini che amano. Convincete i vostri mariti, figli, genitori a lasciare la mafia per tornare a essere persone libere, che amano il prossimo e in questo modo ritroverete, voi e loro, la tranquillità e la pace interiore. Il ruolo della donna è importante, se voi vi decidete a far cambiare i vostri uomini, potete riuscirci. Convinceteli! Poiché la mafia rappresenta il demonio”.
Del resto se ha compiuto un passo come quello di iniziare a collaborare con la giustizia è stato possibile proprio grazie alla moglie, Santina (oggi deceduta). E’ stata lei a dirgli con forza “ma siete impazziti” dopo l’omicidio di alcune donne. Un ruolo importante quello della famiglia che lo ha sempre accompagnato (“Io ho trovato la pace quando avevo mia moglie ed i miei figli tranquilli”). E di strada, da quel lontano '92, ne è stata fatta tanta tra processi, sentenze ed inchieste. Sono passati ventisette lunghi anni, un lasso di tempo in cui non è più tornato a delinquere. Il che è sicuramente un dato importante a testimonianza del cambiamento di vita che Mutolo ha fatto.

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Anna Vinci © Imagoeconomica


Quando tre anni fa è venuta a mancare la moglie Santina, tutto si è fatto nuovamente difficile ma Mutolo ha saputo ritrovare la forza. La stessa Anna Vinci ha confermato che “si sarebbe voluto suicidare per potersi ritrovare in cielo con lei, ma poi ha trovato la forza di andare comunque avanti”.
Al di là del Mutolo che è stato mafioso oggi si è di fronte ad una persona che nell’arte cerca di trasmettere il senso di una vita ritrovata. Il Mutolo pittore era “nato” già in galera, quando a firmare i suoi quadri era Luciano Leggio, ma se in un primo momento le sue opere erano particolarmente “cupe” e “travagliate” oggi c’è un cambiamento profondo con “paesaggi e colori che tornano protagonisti”.
E’ forse lì, in quella trasposizione artistica che diventa forma di comunicazione, che si intravede l’essenza del cambiamento. E se il “senso di pace” è stato colto da Giuseppe Lo Bianco che si è detto colpito dall'introduzione dell'uomo, seppur “piccolo e in lontananza”, nelle ultime opere laddove un tempo erano predominanti le viste di “case e cielo”, c’è anche chi vede nell’arte il senso del riscatto. “Per me - ha affermato Bongiovanni - la parte più bella è quella in cui attraverso l'arte e la pittura, si è redento”. Come dice Mutolo ad Anna Vinci nell’ultimo rigo del libro in cui si racconta, guardando al passato “ripensandoci, restano soprattutto i rimpianti. Il resto qualcuno dice che lo metto nei quadri”.