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our godfather copertina filmdi AMDuemila - Trailer
La famiglia Buscetta si racconta con un inedito docufilm sulla storia del "boss dei due mondi". In uscita anche su Netflix

Dopo il successo de “Il Traditore”, il film sulla storia del capo mafia Tommaso Buscetta del regista Marco Bellocchio, la figura del “Boss dei due mondi” torna nuovamente sui grandi schermi. Questa volta però non sarà un ottimo Pierfrancesco Favino ad interpretarlo ma la famiglia Buscetta stessa la quale, attraverso i vissuti di alcuni dei suoi componenti, racconterà con un documentario la storia dell’uomo che, dopo aver visto morire 11 dei suoi famigliari sotto i colpi di pistola dei boss, prese per mano i magistrati e mostrò loro tutti i meandri di Cosa nostra. Dai volti più o meno noti, alle cariche, alle strutture, fino ai legami con il mondo della politica e dell’imprenditoria da cui si sferrò un colpo imponente a tutto il gotha, o quasi, di Cosa Nostra con il Maxi processo. “Our Godfather: the man the mafia could not kill”, (“Il nostro Padrino: l’uomo che la mafia non poté uccidere”), questo è il titolo del documentario che andrà in onda domani sera in anteprima mondiale su La 7 alle ore 21.15 e a breve anche sulla famosa piattaforma Netflix. Per realizzarlo i due cineasti statunitensi Max Franchetti e Andrew Meier si sono dovuti armare di molta pazienza in quanto, solo per rintracciare Roberto Buscetta, figlio del boss, e la madre Cristina, brasiliana, la terza moglie del super pentito vissuti sotto falso nome e in varie località per oltre trent’anni, ci hanno dovuto impiegare due anni di tempo. I due registi, dopo vari tentativi, per ottenere un contatto diretto con madre e figlio, hanno dovuto far affidamento ad ogni mezzo, anche scrivendo a vecchi indirizzi mail. Ed è stato proprio scrivendo ad uno di questi che dopo tre settimane di totale silenzio Cristina, incuriosita, si è fatta sentire. L’incontro tra Cristina e Roberto Buscetta e i due cineasti è avvenuto nel maggio 2015 in Florida, alla presenza dell’agente della Dea Anthony Petrucci che per anni era stato uno degli angeli custodi della famiglia.

Nel documentario, la moglie del pentito racconta quanto sia stata difficile la scelta di don Masino di rompere il codice dell’omertà di Cosa nostra e chiudere quindi col passato. Quella è stata “la decisione più sofferta della sua vita” ha commentato la donna, una circostanza testimoniata anche da Lisa, sorellastra di Roberto che appare nel documentario, la quale ha raccontato di aver pronunciato il cognome Buscetta per la prima volta nella vita solo in questa occasione: “Ne andava la sicurezza della famiglia”.
Alla fine Cristina ha accettato di farsi riprendere, mentre Roberto, che sotto falso nome ha fatto il militare in Iraq e Afghanistan, ha chiesto che non venissero rivelati i suoi alias e che il suo volto fosse ripreso in ombra: “C’è sempre un rischio, la mafia non perdona” ha spiegato Buscetta jr.