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Tra arrestati anche due "maestri venerabili"
di AMDuemila - Video
Importante operazione questa mattina da parte dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Agrigento che hanno eseguito un provvedimento di fermo, disposto dalla Dda di Palermo (le indagini sono coordinate dal Procuratore Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Claudio Camilleri, Calogero Ferrara e Alessia Sinatra) nei confronti di 7 persone indagate per associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa. Al centro delle indagini la famiglia mafiosa di Licata, punto di riferimento sul territorio agrigentino, di cui sono stati delineati gli assetti e le gerarchie.
Al vertice vi era Giovanni Lauria, 79 anni, soprannominato “il professore”, già condannato per mafia e punto di riferimento di Giuseppe Falsone, quando quest'ultimo era il capo della mafia dell'intera provincia agrigentina.
Scrivono ancora gli inquirenti che Lauria "presiedeva a riunioni ed incontri con gli altri associati, gestendo e pianificando tutte le relative attività ed affari illeciti, mantenendo il collegamento con esponenti di altre famiglie di cosa nostra della Sicilia Orientale, al fine di progettare la realizzazione di attività volte ad alterare le ordinarie e lecite dinamiche imprenditoriali".
L'indagine ha preso spunto dalle qualificate dinamiche relazionali ultra provinciali documentate dal Ros che vedevano protagonisti da una parte il noto capomafia Salvatore Seminara (ritenuto all'epoca al vertice della famiglia di Caltagirone) ed i suoi accoliti e dall'altra alcuni esponenti mafiosi licatesi capeggiati da Giovanni Lauria. Queste dinamiche, che attualizzavano i solidi e risalenti legami esistenti tra cosa nostra agrigentina e quella catanese, erano nel caso di specie prodromiche all'infiltrazione dei lavori relativi alla realizzazione di un importante complesso turistico alberghiero e alla demolizione di immobili abusivi nel Comune di Licata.
Un altro ruolo di primo piano a Licata era detenuto da Angelo Occhipinti, scarcerato nel 2017.
Le indagini hanno anche documentato il ruolo occupato nella cosca da due massoni che, all'epoca delle indagini culminate nell'operazione "Halycon", ricoprivano il ruolo di "maestri venerabili" di due distinte logge. Uno sarebbe il figlio di Lauria, Vito, "maestro venerabile", della loggia "Arnaldo da Brescia", pure questa appartenente al "Goi".
L'altro sarebbe Lucio Lutri, oggi insospettabile funzionario regionale che era stato "maestro venerabile" della loggia "Pensiero e azione" del Grande Oriente d'Italia.
Secondo gli inquirenti Lutri, in servizio all'assessorato regionale all'Energia (Dipartimento gestione Por e Finanziamenti), “ha sistematicamente messo a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni”. L'accusa nei suoi confronti è di concorso esterno in associazione mafiosa.
In particolare avrebbe assicurato il suo interessamento per fare avere uno sconto sulle spese di detenzione del capomafia di Licata. E a quanto pare si sarebbe anche rivolto ai boss mafiosi per recuperare un credito che deteneva una persona a lui vicina. Nelle intercettazioni si vantava apertamente delle sue capacità di attivare i suoi contatti con enti e uffici pubblici. "Ma chi minchia ci deve fermare più?", diceva il funzionario che oggi non è più "maestro venerabile" ma “copritore interno” della loggia. E poi ancora confidava: "La mattina quando mi sveglio con una mano tocco il crocifisso e 'dra banna' (dall'altro lato ndr) ho il quadro di Totò Riina e mi faccio la croce".

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