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di Aaron Pettinari - Pdf
"Dopo la morte di Riina si tenta un riassetto. Non si escludono scontri"

Nonostante i continui arresti (gli ultimi hanno riguardato la scorsa settimana i membri appartenenti al mandamento di Passo di Rigano e la storica famiglia degli Inzerillo), i provvedimenti di sequestro e confisca di beni, l'organizzazione criminale denominata Cosa nostra è ancora "pervasiva e dotata di dinamismo e potenzialità offensiva". E' questa la prima considerazione che, nella relazione semestrale pubblicata lo scorso 19 luglio, gli analisti della Dia fanno guardando alla mafia siciliana. Gli investigatori hanno messo in fila tutte le informazioni raccolte nel corso del secondo semestre 2018 in cui l'operazione Cupola 2.0, quella che il 4 dicembre 2018 ha svelato il tentativo di riorganizzazione della Commissione provinciale dopo la morte del Capo dei capi, Totò Riina, è stata sicuramente il successo più importante delle Forze dell'Ordine.
Proprio la morte del capomafia corleonese, secondo la Dia, ha aperto una "nuova fase di transizione, quella della successione, comunque caratterizzata da aspetti assai delicati e problematici, legati agli schieramenti, alle alleanze tra famiglie ed ai nuovi rapporti di forza. In effetti, dopo anni di revisione interna e costante ricerca di equilibri, Cosa nostra ha realmente tentato di darsi finalmente un’organizzazione definitiva, non solo sostanziale ma anche formale".
La Dia sottolinea come "si era argomentato sul fatto che l’organizzazione mafiosa si stesse, infine, misurando già da tempo con il rientro a Palermo dei c.d. 'scappati' o 'americani' e dei loro discendenti, ovvero i sopravvissuti perdenti della guerra di mafia vinta dai corleonesi", capaci di "recuperare l'antico potere anche rapportandosi con l'ala corleonese, nonché avvalendosi degli storici rapporti con i boss d'oltreoceano". L'operazione avvenuta la scorsa settimana, del resto, non ha fatto altro che confermare il coinvolgimento della famiglia Inzerillo, del mandamento di Passo di Rigano, nelle dinamiche dell'organizzazione criminale siciliana.

Possibili azioni violente
Gli analisti osservano come "anche se il tentativo di ricostituzione della Cupola non ha avuto successo per la pronta attività di contrasto, le risultanze investigative hanno confermato la consapevolezza degli associati del fatto che uno dei punti di forza, forse il principale, di Cosa nostra è sempre stato quello di essere un’organizzazione strutturata, ben radicata sul territorio, unitaria e verticistica, con precisi ruoli apicali. Sembra dunque verosimile che l’organizzazione palermitana continuerà a vivere una fase di transizione e di rimodulazione, durante la quale le componenti più autorevoli si confronteranno per conferire un nuovo assetto e nuovi capi, sforzandosi di perseguire la realizzazione di una struttura verticistica e unitaria". Quindi lanciano un allarme: "Proprio in ragione del fallimento del tentativo di ricostruzione della Cupola e perdurando, quindi, gli elementi di criticità anzi descritti (che la costituzione dell’organismo di coordinamento avrebbe dovuto consentire di superare progressivamente), non è possibile escludere in modo assoluto che le difficoltà dell’organizzazione e le complesse dinamiche tra le componenti che ne sono parte possano sfociare in forti dissidi, anche con atti di violenza. Tale possibilità è da considerare anche in ragione del fatto che le conflittualità interne potrebbero essere ulteriormente esasperate dai nuovi rapporti di collaborazione di affiliati, particolarmente autorevoli, con la giustizia".


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La rete degli affari: la droga prima di tutto
"Il 'pizzo' - fanno sapere gli analisti della Dia - non solo rappresenta una fonte primaria di “sostentamento”, ma costituisce altresì un mezzo fondamentale per controllare il territorio". Tuttavia viene segnalato un sempre più forte ritorno al traffico degli stupefacenti. Secondo gli investigatori a tutt’oggi resta comunque alto l’interesse della criminalità organizzata siciliana verso il business della droga, in quanto enorme moltiplicatore di capitali. "In tale contesto illecito, internazionale e transnazionale, - scrivono - emergono le importanti ed inevitabili sinergie criminali, per esigenze di approvvigionamento, con le altre organizzazioni mafiose italiane, oltre che con organizzazioni criminali straniere, coinvolte nella lunga filiera del narcotraffico". Nella relazione si dà atto dei rapporti intercorrenti Cosa nostra e 'Ndrangheta proprio ai fini dell'approvvigionamento degli stupefacenti.
Parlando degli affari di Cosa nostra nel rapporto semestrale si certifica come "oggi Cosa nostra cerca di evitare ostentazioni violente e gesti eclatanti, che susciterebbero inevitabilmente riprovazione sociale, al fine di perseguire al meglio i propri affari mantenendo, nel contempo, anche un certo consenso sociale. Questa nuova strategia, in relazione a quella stragista, sta consentendo, infatti, una penetrazione subdola e silente nel tessuto socio-economico-amministrativo, privilegiando, la tattica collusiva-corruttiva".
"Gli accordi affaristici illeciti - prosegue il rapporto - sono quindi il frutto della reciproca convenienza tra le parti. La corruzione, fondata su un tessuto sociale ancora disponibile al compromesso e che ha i suoi punti di forza nel familismo, nell'assistenzialismo e in un diffuso clientelismo, è finalizzata ad interferire sul funzionamento della pubblica amministrazione, soprattutto a livello locale e per lo più in quei settori dove transitano cospicue risorse economiche, come quello della sanità, dei rifiuti, del comparto agro-alimentare. Considerato che i Comuni, anche quelli di piccole dimensioni, possono essere rilevanti centri di spesa, con la corruzione Cosa nostra è in grado di condizionare burocrazia e politica, per raggiungere più efficacemente i suoi scopi. Un settore economico-imprenditoriale a rischio di corruzione si è rivelato quello dei trasporti marittimi, specie per garantire i collegamenti tra la Sicilia e le sue isole minori, destinatario di ingenti finanziamenti pubblici, anche comunitari", prosegue la Dia.
"Storicamente - si legge ancora - la mafia siciliana controlla l’edilizia, la produzione di conglomerati bituminosi e cementizi, il movimento terra, l’attività estrattiva e il settore agro-silvo-pastorale. Accanto ai sopra citati tradizionali ambiti, Cosa nostra ha saputo infiltrarsi anche nella grande distribuzione alimentare, nel settore turistico-alberghiero, nel settore delle scommesse e del gioco on line, nell’industria manifatturiera, nel ciclo dei rifiuti, negli investimenti immobiliari, realizzati anche attraverso le aste giudiziarie, nei lavori connessi alla realizzazione degli impianti di energia da fonte rinnovabile e in tutti quei settori che usufruiscono di finanziamenti pubblici statali e comunitari.
Un’importante testimonianza di tutto ciò è l’affarismo riconducibile al noto latitante Messina Denaro ovvero alle numerose società ritenute allo stesso riconducibili. Le attività investigative hanno disarticolato il considerevole potere economico riconducibile al boss di Castelvetrano, insieme alla complessa e articolata catena di figure che gli consentono di gestire investimenti ed operazioni di riciclaggio, individuando sempre nuovi settori economici nei quali muoversi.

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